Fino a 3 mesi di carcere al funzionario di Equitalia che emette una cartella durante la sospensiva
L’articolo 650 del Codice Penale parla chiaro: chiunque non osserva un provvedimento emesso dall’Autorità è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro. Vale per tutti. E vale anche per Equitalia, nel caso in cui emetta una cartella di pagamento nei confronti di un contribuente che ha già chiesto ed ottenuto dal giudice la sospensiva. Una bella lezione di civiltà, l’applicazione erga omnes di questo articolo del Codice Penale, che è stata data recentemente dalla Commissione Tributaria Provinciale di Parma con la sentenza numero 555/1/16.
Il giudice tributario infatti afferma e mette in pratica un principio di assoluta equità, purtroppo non sempre recepito altrove in casi analoghi. E cioè che se il contribuente ha già impugnato un’intimazione di pagamento speditagli dall’amministrazione, ad esempio ad esempio Comune, Regione, Agenzia delle Entrate, etc. ed ha già ottenuto dal giudice la sospensione dell’esecutività di quel provvedimento, Equitalia commette un reato nel caso in cui, durante il periodo di efficacia della sospensione, notifichi ugualmente la cartella con l’ingiunzione di pagamento. E ciò – sottolinea la CTP di Parma – indipendentemente da quale sarà alla fine l’esito del giudizio dinanzi al giudice civile. La sospensiva concessa, infatti, per tutto il periodo in cui dura, vale come un atto dell’Autorità e come tale va rispettato. Anche dal fisco.
L’eventuale riscossione forzata non potrà legittimamente essere intrapresa se non quando la causa di impugnazione sarà decisa in primo grado, con un provvedimento che in ogni caso interrompe i termini della sospensiva.
Qualora ciò non avvenisse, Equitalia commetterebbe il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, per aver dato corso all’esecuzione nonostante il divieto del giudice. Una condanna che ricadrà sul funzionario o sui funzionari Equitalia che avessero dato corso all’esecuzione durante la sospensiva. Si tratta peraltro di situazioni tutt’altro che isolate, anche perché spesso derivanti da erronee o mancate comunicazioni fra l’ente impositore e l’agente di riscossione.
«La sentenza della CTP di Parma – commenta il presidente di noiconsumatori.it, avvocato Angelo Pisani – rappresenta un importante passo avanti nel cammino verso una giustizia tributaria degna di questo nome. Bene ha fatto il giudice tributario ad invocare l’applicazione dell’articolo 650 del Codice Penale nei confronti dei comportamenti del fisco, quando risultino palesemente illegittimi come nel caso esaminato. Troppe volte abbiamo combattuto contro situazioni clamorosamente sbilanciate a danno del cittadino-contribuente. Oggi con questa sentenza abbiamo uno strumento valido in più nella difesa degli onesti».