8 marzo, parità uomo-donna è un mito nelle imprese: Italia peggio del Vietnam
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■ A Roma un 8 marzo pieno di eventi |
ROMA (8
marzo) – Una parità auspicata e perseguita per un secolo, ma ancora mai
raggiunta. Il gap tra uomo e donna resta, anche se di passi in avanti
dal 1910, data che sancì nell’8 marzo la giornata della donna, se ne
sono fatti e non pochi: dal diritto al voto alle scelte nella vita
privata e lavorativa.
Tuttavia la parità tra uomo e donna resta ancora un mito,
soprattutto se si parla del mondo delle imprese dove rimane
incontrastato il predominio assoluto degli uomini. Il gap che ancora
esiste tra generi è conferamto nell’ultimo report del Word economic
forum che piazza l’Italia nella posizione di circa metà classifica a
livello internazionale, tra Vietnam e Tanzania. L’Italia è al 72° posto
su 134 paesi, in peggioramento rispetto al 67° posto del 2008. Peggio
di noi in Europa si classificano solo Grecia (86/a) e Malta (89/a).
La posizione si ribalta se si prendono in considerazione alte
posizioni occupate dalle donne nelle imprese e in particolare quella di
amministratore delegato. In questo caso la posizione dell’Italia si
ribalta drasticamente. Contro una media mondiale di poco meno del 5%,
il nostro Paese si attesta all’11%, poco sotto la Finlandia (13%) e la
Norvegia (12%), paesi che, insieme all’Islanda, registrano il livello
di uguaglianza maggiore.
I risultati dell’indagine su 600 società, pubblicata in occasione della festa della donna,
rappresentano «un campanello di allarme – sottolinea Saadia Zahidi,
coautrice del rapporto – sul fatto che il mondo aziendale non sta
facendo abbastanza per raggiungere l’uguaglianza tra genere maschile e
femminile. Mentre un certo numero di imprese in Scandinavia, negli
Stati Uniti e in Gran Bretagna sono leader nell’integrazione delle
donne, l’idea che la maggior parte delle corporation internazionali
siano equilibrate nel rapporto uomo-donna è ancora un mito».
Guardando ai settori di attività, sono i servizi quelli che a livello
mondiale contano più dipendenti donne. In particolare, all’interno di
questo comparto, i servizi finanziari e le assicurazioni sono
decisamente rosa con una percentuale di donne occupate pari al 60%.
Seguono i servizi professionali con il 56%, i media e lo spettacolo con
il 42%. All’opposto si piazzano invece il settore automobilistico con
il 18%, quello minerario con il 18% e l’agricoltura con il 21%. Le
donne sono concentrate soprattutto ai livelli più bassi della carriera
e rimangono ancora poche nelle posizioni di managment o all’interno dei
consigli di amministrazione. L’eccezione è quella della Norvegia dove,
grazie ad una apposita normativa, la percentuale delle donne tra i
dirigenti è di oltre il 40%.
Le donne guadagnano circa un quinto in meno degli uomini. È
quanto evidenzia un rapporto dell’Ocse nel quale si mette in evidenza
la differenza nel ricorso al part-time: l’orario ridotto è scelto da
una su quattro donne che lavorano mentre tra gli uomini è diffuso solo
per il 6%. Sono infatti le donne ad occuparsi maggiormente della cura
dei figli e degli anziani. Tornando alle differenze salariali, si va
dal 30% di gap tra uomini e donne in Giappone e Corea, ad un livello
inferiore al 10% in Belgio e Nuova Zelanda.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, celebrando al
Quirinale la Giornata internazionale della donna, ha dichiarato che «le
donne di domani rappresentano una ragione di speranza e di fiducia per
il nostro Paese, in questo momento, abbiamo bisogno. Potremo contare
sulle donne di domani, solo se saremo capaci di dare loro quanto
meritano. Bisogna scongiurare il rischio che venga dissipata questa
ricchezza di risorse umane rappresentata dall’universo femminile. Non
va neanche dimenticato il fatto che il carico di lavoro in casa
continua a pesare soprattutto sulle donne. Governo e opposizione
continuino a riflettere sulle misure idonee per conciliare la
maternità, la famiglia e il lavoro».