A casa per cinque giorni senza avvisare e irreperibile per i controlli: legittimo il licenziamento
Una donna viene licenziata perché assente dal luogo di lavoro per 5 giorni senza alcuna comunicazione al riguardo, ed irreperibile alle visite di controllo. Tribunale e Corte d’Appello legittimano la decisione del datore di lavoro, respingendo il ricorso della lavoratrice.
L’art. 55 del CCNL (Contratto collettivo nazionale di lavoro) gomma plastica industria, del 15 aprile 2000, prevede che possa essere deciso un licenziamento per mancanze nel caso di «assenze ingiustificate prolungate oltre 5 giorni consecutivi». L’art. 40, prevede l’obbligo di comunicare il motivo dell’assenza entro il termine dell’orario lavorativo del giorno di assenza e, nel caso di malattia, trasmettere il certificato medico entro il terzo giorno di assenza. In tali giorni il lavoratore deve farsi trovare a casa per i controlli che possono essere effettuati dal datore. Nel caso di mancato rispetto di tali obblighi il lavoratore decade dal trattamento economico, «ferma restando l’azione disciplinare».
La ricorrente chiede alla Cassazione se nel caso specifico possa configurarsi una giusta causa di licenziamento. La Corte (sentenza 5134/13) sottolinea che, stando alla lettera del CCNL, oltre alla perdita del trattamento economico, viene fatta salva l’azione disciplinare, «nel senso che la previsione in parola non preclude l’applicazione anche di una sanzione disciplinare». Da ciò è corretta la derivazione effettuata dal giudice di merito, secondo cui, nei casi più gravi, il datore di lavoro può comminare la sanzione del licenziamento.
La lavoratrice lamenta inoltre la mancata accettazione di documenti rilevanti che avrebbero dimostrato che lei non era a conoscenza delle procedure ispettive in corso. In particolare sostiene che il ricorso amministrativo avverso il provvedimento dell’INAIL, che negava la corresponsione dell’indennità di infortunio sul lavoro proprio per i giorni corrispondenti all’assenza ingiustificata, non fosse stato sottoscritto da lei, ma dal patronato. La Corte rileva che nel rito del lavoro, pur di far emergere la verità, è ammessa la presentazione anche tardiva di documenti indispensabili per la decisione della causa. In questo caso il documento è stato ritenuto ininfluente, perché anche se fosse dimostrato che la lavoratrice non era a conoscenza del ricorso amministrativo, «la sua malafede sarebbe vieppiù confermata atteso che la lavoratrice, pur sapendo che vi era un provvedimento definitivo che attribuiva la gestione dell’evento morboso all’INPS, non aveva adempiuto al suo obbligo di consentire le visite di controllo».
Fonte: www.dirittoegiustizia.it