A Scampia lo sport come riscatto sociale
Lo sport è regole, valori, disciplina, rispetto. Insegna l’equilibrio, la resistenza, la capacità di superare i limiti. Lo sport insegna anche la legalità, la possibilità di scegliere tra ciò che è corretto e ciò che non lo è, e quindi anche come tenersi lontani dalla criminalità organizzata. A Scampia campioni dello sport, magistrati, associazioni, hanno incontrato i ragazzi della scuola Galileo Ferraris, in un convegno organizzato dall’ufficio scolastico di Napoli.
Testimone di esempio positivo, modello per i ragazzi che vivono nei quartieri difficili, è stato Clemente Russo, «Tatankà», pugile di Marcianise, in provincia di Caserta, argento olimpico a Londra 2012 e Pechino 2008, campione del mondo dei dilettanti a Chicago 2007. «Da bambino, a Marcianise, ho visto il coprifuoco – dice Russo – La strada giusta non è quella dei soldi facili, ma quella piena di sacrifici che si devono fare per raggiungere i giusti obiettivi». Chi nasce a Scampia, a Marcianise, «in terre abbandonate, non diventa necessariamente un delinquente». È il suo caso così come quello di Pino Maddaloni. «Lo sport è riscatto sociale», aggiunge.
Il procuratore aggiunto di Napoli, Federico Cafiero de Raho, ha esortato i ragazzi a «non voltare la testa dall’altra parte di fronte a eventi negativi». «Rischiate, pensate al futuro – ha detto – La scuola, lo sport insegnano diritti». Il messaggio forte che vuole lanciare il procuratore aggiunto è che «la camorra ha una fine, i clan sono al tracollo, la loro sconfitta è vicina».
Testimonianza di sport come presidio di legalità, Gianni Maddaloni, titolare della palestra di judo di Scampia, padre di Pino, medaglia d’oro a Sidney 2000, la cui struttura è a rischio chiusura «per una bolletta della luce feroce». «Sì, siamo anche un avamposto di legalità – spiega – ma a Scampia mancano le strutture, io sogno ancora che possa nascere qui una Cittadella dello Sport». Nello sport, tuttavia, possono esserci anche esempi negativi dai quali il tennista Adriano Panatta, unico a sconfiggere Bjorn Borg agli Open di Francia nel ’73 e nel ’76, ricorda che bisogna difendersi: «È il caso del doping sia farmacologico sia psicologico – sottolinea – Così come lo sport aiuta la legalità e i ragazzi, questi ultimi, a loro volta devono aiutare lo sport ad essere propositivo, positivo».