Abbandona il figlio, poi cambia idea. L’adozione va avanti
L’interesse del minore a crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia che lo accolga è un bene primario da tutelare nell’ambito delle circostanze concrete.
Se
un genitore dopo la nascita abbandona il figlio, sia pure in preda ad
una patologia persecutoria, non può bloccare l’adozione del bambino da
parte di un’altra famiglia solo sulla base di un’ammissione di colpa e
di una speranza presunta di recuperare le proprie capacità genitoriali, insieme con il rapporto col figlio.
Il pentimento del cattivo genitore non blocca l’adozione del bambino lasciato solo a se stesso.
Il diritto del minore a una famiglia che lo accolga
Lo
rileva la Cassazione sottolineando che il principio secondo il quale
«il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della
famiglia» non può essere interpretato «in senso assoluto».
Sulla
base di questo principio, la prima sezione civile della Corte di
Cassazione con la sentenza n. 1745 ha confermato lo stato di
adottabilità di una bambina di 8 anni nata a Varese e abbandonata dai
genitori. Successivamente la madre della bambina ha fatto ammenda
all’abbandono dichiarandosi pronta a recuperare il rapporto con la
figlia. Ma le parole non bastano.
La potestà genitoriale
La Cassazione è drastica e severa, ma lo fa al solo scopo di salvaguardare lo sviluppo psico-fisico del fanciullo dalle conseguenze che il comportamento di un pessimo genitore potrebbe determinare.
L’educazione
e la crescita di un bambino sono compiti ben più ampi e ardui di quella
prestazione minima di cure che serve a mantenere in vita il soggetto.
Ai genitori spetta da un lato il compito di trasmettere al minore i
valori necessari per fargli acquistare progressivamente le capacità e
le posizioni proprie di ogni membro della collettività e dall’altro di
provvedere finanziariamente al soddisfacimento dei bisogni del minore.