Abogado prima ed avvocato poi: intervengono le Sezioni Unite
Il Consiglio dell’Ordine non può rifiutare la domanda di iscrizione
nell’elenco degli avvocati comunitari. E’ quanto hanno affermato le
Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 22 dicembre
2011, n. 28340, essendo del tutto irrilevante la differenza, tra Italia e
Spagna, della normativa per l’abilitazione all’esercizio della
professione di avvocato, e la circostanza che il richiedente non abbia
dimostrato il conseguimento, in Spagna, di un particolare titolo
abilitante né di specifica esperienza professionale.
Tra gli obiettivi dell’Unione Europea vi è quello della
regolamentazione del reciproco riconoscimento fra i Paesi membri dei
relativi diplomi, certificati e titoli professionali, al fine di
garantire il diritto alla libera circolazione dei servizi in ambito UE
ed alla libertà di stabilimento, nonché il diritto di ogni cittadino
europeo di esercitare la propria attività in qualsiasi Stato
dell’Unione.
Il soggetto munito di titolo professionale di altro Paese membro,
equivalente a quello di avvocato, che voglia esercitare stabilmente la
propria attività in Italia, può, innanzitutto, chiedere al Ministero
della Giustizia italiano l’immediato riconoscimento del titolo di
avvocato con iscrizione al relativo Albo. Quest’ultimo, previo parere di
un’apposita Conferenza di Servizi, stabilisce, con decreto, la c.d. prova attitudinale
che deve sostenere il soggetto al fine di compensare le diversità di
formazione rispetto a quanto previsto dalla legge italiana.
In alternativa, avvalendosi del procedimento di
“stabilimento/integrazione” previsto dalla direttiva 98/5/Ce, attuata
dal d.lgs. 96/2001, il soggetto munito di equivalente titolo
professionale di un altro Paese membro può chiedere l’iscrizione
nella Sezione speciale dell’Albo italiano del foro nel quale intende
eleggere domicilio professionale in Italia, utilizzando il proprio titolo d’origine (ad es., quello, spagnolo, di “abogado“)
e, al termine di un periodo di tre anni di effettiva attività in Italia
(d’intesa con un legale iscritto nell’Albo italiano), può chiedere di
essere “integrato” con il titolo di avvocato italiano e l’iscrizione
all’Albo ordinario, dimostrando al Consiglio dell’ Ordine effettività e
dell’ attività svolta in Italia come professionista comunitario
stabilito.
Tale procedimento dispensa l’interessato dal sostenere la prova
attitudinale, richiesta a coloro che chiedono l’immediato riconoscimento
del titolo di origine e l’immediato conseguimento della qualifica di
avvocato.
Nell’ambito di tale ultimo procedimento, in concreto perseguito, nel
caso di specie, dal ricorrente, l’iscrizione nella Sezione speciale
dell’ Albo degli Avvocati comunitari stabiliti, negata a quest’ultimo,
è, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 2, della direttiva 98/5/Ce
e dall’art. 6, comma 2, d.lgs. 96/2001, subordinata alla mera condizione della documentazione dell’iscrizione presso la corrispondente Autorità di altro Stato membro.
Da quanto premesso, le Sezioni Unite affermano “l’illegittimità di
ogni ostacolo frapposto, al di fuori delle previsioni dalla normativa
comunitaria, al riconoscimento, nello Stato di appartenenza, del titolo
professionale ottenuto dal soggetto interessato in altro Stato membro in
base all’omologazione: del diploma di laurea già conseguito nello
Stato di appartenenza, se tale omologazione si fondi – così come
l’omologazione alla lecencia en derecho spagnola, della laurea
in giurisprudenza conseguita in altro Stato membro – su di un ulteriore
percorso formativo (frequenza di corsi universitari. e superamento di
esami complementari) nel Paese omologante”.
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