Accertamenti medico-legali ai dipendenti pubblici assenti
E’ illegittima la disciplina attraverso la quale il legislatore statale obbliga le Regioni a sostenere, per il tramite del fondo sanitario, l’onere delle visite fiscali ai dipendenti assenti dal servizio per malattia.
Simili disposizioni oltre a ledere la competenza legislativa regionale in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. si pongono altresì in contrasto con l’art. 119 Cost. in quanto le Regioni, per garantire invariato il livello di assistenza sanitaria, si troverebbero nella condizione di dover integrare il fondo sanitario regionale con proprie risorse finanziarie per sostenere il costo di una prestazione che non può essere qualificata come livello essenziale di assistenza.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 207/2010, con la quale si è pronunciata sulla questione di legittimità – per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione – dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui dispone che le visite fiscali sul personale dipendente delle pubbliche amministrazioni rientrano tra i compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale e che i relativi oneri sono a carico delle aziende sanitarie, e vincola una quota delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, destinandola a sostenere il costo di tali prestazioni.
In particolare l’impugnazione si riferisce a quella parte del provvedimento che aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i seguenti commi: «5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali», e «5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi territori; gli accertamenti di cui al medesimo comma 5-bis sono effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale scopo».
Ad avviso della regione ricorrente (Toscana) la disciplina impugnata, non sarebbe ascrivibile ad alcun titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato e, trattandosi di normativa di dettaglio in materia di «tutela della salute», si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, che limita la competenza statale in materia alla definizione dei principi fondamentali.
In particolare, secondo la ricorrente, ne risulterebbe violata la competenza legislativa concorrente della Regione in materia di tutela della salute e di organizzazione del servizio sanitario di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto le norme impugnate, imponendo la gratuità delle visite fiscali, gravano del relativo onere le aziende sanitarie e, quindi, il fondo sanitario regionale, così comprimendo indebitamente l’ autonomia organizzativa della regione, alla quale viene preclusa la possibilità di richiedere il pagamento delle prestazioni secondo una tariffa determinata.
Ma oltre a ciò le disposizioni che vincolano una quota delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, destinandole a sostenere il costo di una prestazione che non può essere qualificata come livello essenziale di assistenza, lederebbero l’autonomia finanziaria delle Regioni , ponendosi in contrasto con l’art. 119 Cost..
Ciò perché il legislatore statale impone di utilizzare le risorse del fondo sanitario per prestazioni del tutto estranee alla finalità del finanziamento stesso, riducendo le risorse per i Livelli essenziali di assistenza, che restano così a carico delle Regioni.
La questione verte dunque sulla individuazione dell’ambito materiale al quale ricondurre la disciplina oggetto dell’impugnazione, e sulla compatibilità con le prerogative di autonomia finanziaria regionale dell’attribuzione degli oneri relativi alle visite fiscali al bilancio regionale per il tramite del fondo sanitario.
Sotto il primo profilo la Corte rileva che, nonostante l’autoqualificazione ad opera del legislatore statale, l’attività di controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori dipendenti, al fine di accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell’assenza del lavoratore, non concerne la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», attribuita dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Ciò perché la disciplina avente ad oggetto l’accertamento medico-legale sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia non attiene in alcun modo alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale.
Avendo riguardo all’oggetto, alla ratio e all’interesse tutelato, la disciplina degli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti per malattia rientra infatti nell’ambito della “tutela della salute”, dal momento che concerne una prestazione di tipo sanitario che si sostanzia, quanto meno, in una diagnosi sulla salute del lavoratore conforme o difforme rispetto a quella effettuata dal medico curante o alla condizione denunciata dal lavoratore e che può anche determinare l’adozione di misure che eccedono la persona del dipendente, qualora l’accertamento evidenzi patologie che presentino rischi di contagio.
D’altra parte secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale vanno ricondotte al predetto ambito materiale anche le norme che disciplinano gli aspetti organizzativi dell’attività sanitaria, quando sono idonee ad incidere sulla salute dei cittadini, costituendo le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate.
Considerato che la «tutela della salute» costituisce una materia rimessa alla competenza legislativa concorrente, rispetto alla quale al legislatore statale compete unicamente la definizione dei principi fondamentali, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, sulla base della considerazione che le stesse non lasciano alcuno spazio di intervento alla Regione non solo per un’ipotetica legiferazione ulteriore, ma persino per una normazione secondaria di mera esecuzione.