Accertamento tributario tramite studi di settore: vale come presunzione semplice
Gli studi di settore sono un
sistema di presunzioni semplici, la cui attendibilità dipende dal
contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena
la nullità dell’accertamento stesso.
E’ quanto disposto dalla Sezione tributaria della Corte di Cassazione, nell’ordinanza 7 ottobre 2011, n. 20680.
Nel
caso in esame, la CTR del Lazio, sez. distaccata di Latina, in riforma
della decisione della CTP di Latina, aveva accolto il ricorso proposto
da un contribuente avverso l’avviso di accertamento, col quale erano
stati determinati maggiori ricavi, per l’anno 1996, in base ai
parametri stabili con il D.P.C.M. 29 gennaio 1996, ritenendo che il mero
richiamo a detti parametri era inidoneo a fondare l’atto impositivo,
in cui non risultavano “indicati gli elementi essenziali che consentono
oltre che al contribuente, anche al giudice tributario di valutarne la
correttezza”. Avverso tale decisione, ricorre in Cassazione, l’Agenzia
delle Entrate.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, condividendo le argomentazioni espresse nella sentenza n. 26635/2009,
in cui le Sezioni Unite avevano in precedenza statuito che “la
procedura di accertamento tributario standardizzato mediante
l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un
sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e
concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards”
in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione
statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità
dell’accertamento, con il contribuente”, ha affermato che nel caso in
cui il contribuente non abbia risposto all’invito al contraddittorio in
sede amministrativa, restando inerte, egli “assume le conseguenze di
questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare
l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”,
dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il
contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può
valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito”.
I
Giudici di Piazza Cavour hanno sostenuto la rilevanza del
contraddittorio, che riveste, dunque, un ruolo centrale nella
valutazione della realtà economica dichiarata, anche perché, è in tale
sede che il cittadino potrà chiarire la propria posizione, in virtù del
principio di cooperazione tra le parti previsto dalla Legge n. 212/2000.
Pertanto,
devono considerarsi viziati gli avvisi di accertamento tributario
fondati unicamente sugli studi di settore, senza che sia stata attivato
il contraddittorio con il contribuente.