Acqua più cara se è depurata
Per restituire le quote di depurazione chieste negli anni scorsi anche
ai cittadini non collegati agli impianti, e bocciate dalla sentenza
335/2008 della Corte costituzionale, i gestori del servizio idrico
potranno mettere mano “in via straordinaria” alle tariffe idriche. Il
conto, però, potrà essere presentato solo agli utenti che al depuratore
sono collegati davvero, a cui il fatto di inquinare meno non porterà
quindi alcun vantaggio.
Il meccanismo è scritto nero su bianco nel
decreto sui rimborsi che il ministero dell’Ambiente ha firmato, e che
ora attende il via libera della Corte dei conti.
L’indennizzo non
sarà automatico, ma scatterà dopo una «istanza documentata» da parte
dell’utente, e potrà riguardare solo le quote pagate negli ultimi
cinque anni, oltre i quali scatta la prescrizione. A queste conclusioni
il provvedimento giunge richiamando la giurisprudenza prevalente della
Corte dei conti (che in qualche caso, tuttavia, ha indicato anche
termini di prescrizione più lunghi: si veda «Il Sole 24 Ore» del 28
settembre). I rimborsi potranno avvenire a rate (da pagare tutte entro
il 1° ottobre 2014) e si potranno anche tradurre in sconti sulle nuove
bollette; a decidere le modalità sarà il gestore del servizio.
Il
decreto, ultimo tassello mancante prima di far partire gli indennizzi
ai circa 14 milioni di italiani scollegati dalla rete di depurazione,
divide i “creditori” in tre famiglie: chi abita in una zona dove
l’impianto di depurazione non è nemmeno in programma riceverà tutte le
quote di depurazione pagate negli anni scorsi, mentre chi è servito da
un gestore che ha già avviato i progetti per i nuovi impianti si vedrà
tagliare dagli indennizzi le risorse che il gestore ha già speso per la
programmazione. Dove l’impianto c’è ma non è ancora partito o si è
rotto, infine, gli utenti si vedranno restituire le quote pagate nel
periodo di inattività del depuratore, sottratti però gli oneri
sostenuti per farlo partire o ripartire. Non spetta nulla, invece, a
chi non è allacciato alla fognatura pubblica e provveda da sé alla
depurazione dei propri scarichi.
L’architettura disegnata nel
provvedimento è la conseguenza diretta della legge 13/2009, che per
evitare un colpo troppo duro alle finanze dei gestori (e agli
investimenti per i nuovi impianti), ha forzato un po’ le maglie alla
sentenza della Consulta e ha stralciato dai rimborsi le somme già
impegnate nella progettazione o nella realizzazione dei depuratori. Sul
punto, il decreto adotta una linea piuttosto rigida e permette di
stralciare dai rimborsi solo i fondi utilizzati per attività
effettivamente avviate. In pratica, la semplice esistenza di un
progetto non basta per alleggerire i rimborsi, ma è indispensabile che
sia avvenuto il pagamento. Per fissare bene i confini dello “sconto” ai
gestori, questi ultimi dovranno ricostruire il calendario delle
attività di progettazione, realizzazione e completamento degli impianti
messe realmente in campo al 15 settembre scorso, data di pubblicazione
in Gazzetta della sentenza 335 della Corte costituzionale. Tutte queste
informazioni, poi, dovranno essere comunicate agli utenti attraverso le
bollette.