Acquirenti d’immobili in lottizzazione abusiva: precisazioni sul concorso nel reato Cassazione penale , sez. III, sentenza 28.01.2010 n° 3910
L’acquirente di un terreno lottizzato abusivamente o di un’opera abusivamente costruita non può essere considerato estraneo al reato di lottizzazione abusiva,
se non dimostra di essere in buona fede e di non essersi reso conto di
partecipare ad un’operazione illecita, nonostante la normale diligenza
adoperata nell’adempimento dei doveri d’informazione e conoscenza.
Il suesposto orientamento della Cassazione penale, confermato dalla decisione 28 gennaio 2010, n. 3910, si fonda sul fatto che il reato di lottizzazione abusiva cosiddetta “negoziale”, pur nella molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, ha una struttura unitaria caratterizzata dall’intimo nesso causale che
lega le condotte dei vari partecipi, compresi gli acquirenti, quando
siano consapevoli dell’abusività della lottizzazione operata dalla
parte venditrice.
Nel caso di specie, “soggetti che si definivano acquirenti in buona fede di singole unità abitative del complesso immobiliare sequestrato”,
avevano presentato istanza di dissequestro che il GIP aveva respinto e,
sull’impugnazione dell’ordinanza del GIP, il Tribunale si era
pronunciato per il mantenimento del sequestro.
Nei
ricorsi davanti ai giudici di legittimità, i ricorrenti hanno tra
l’altro sostenuto come l’orientamento giurisprudenziale seguito dal
Tribunale fosse stato superato dalla sentenza di Cassazione n. 42741/2008, secondo cui l’interpretazione costituzionalmente compatibile dell’art. 44, 2° comma, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, esclude
dall’ambito d’operatività della norma sulla lottizzazione abusiva la
possibilità di confiscare beni appartenenti a soggetti estranei alla
commissione del reato che possano dimostrare la loro buona fede.
La recente decisione, qui commentata, riepiloga i motivi per i quali, secondo “concorde interpretazione giurisprudenziale”, in
base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato,
l’acquirente non può di per sé essere considerato “estraneo” al reato
di lottizzazione abusiva.
Pur senza che vi sia alcun necessità di un accordo preventivo, chi apporti un contributo causale alla verificazione dell’illecito con condotte anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva, partecipa alla commissione del reato.
Per la cooperazione dell’acquirente nel reato, quindi “non
sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il
venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al
disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso
la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri
di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei
doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost..”
L’acquirente, tuttavia, aggiunge
Quando invece l’acquirente “sia consapevole dell’abusività dell’intervento – o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza – la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore
ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si
collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie
unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento
del risultato lottizzatorio”.
Neppure l’acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con valutazione teorica limitata alla sussistenza di tale sola qualità, “allorché
si consideri che l’utilizzazione delle modalità dell’acquisto
successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente
finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di
lottizzazione negoziale”.
Quanto alla sentenza n. 42741/2008, richiamata dai ricorrenti, i giudici precisano che “non
ha inteso affatto affermare un assiomatica e generalizzata posizione di
buona fede dei terzi acquirenti degli immobili in ogni vicenda di
lottizzazione abusiva” .
Tale decisione si è solo conformata alle peculiarità del caso: si trattava di “una situazione di fatto in cui il tribunale del riesame aveva espressamente affermato (sia pure con valutazioni ovviamente limitate alla propria cognizione incidentale) che gli acquirenti degli immobili compendio della lottizzazione abusiva valutata in quella sede erano “soggetti in buona fede estranei alla commissione del reato” e che ciò spiegava il mancato esercizio dell’azione penale nei loro confronti”.
Detta sentenza, dunque, non
può trovare applicazione nel caso di specie visto che i giudici del
Tribunale hanno escluso, con motivazione adeguata ed immune da vizi
logici, che i ricorrenti fossero in buona fede.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Sentenza 4 novembre 2009 – 18 gennaio 2010, n. 3910
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
OSSERVA
1)
Con ordinanza in data 23.2.2009 il Tribunale di Massa rigettava
l’appello proposto ex art. 322 bis c.p.p. nell’interesse di C. L. ed
altri avverso il provvedimento del GIP con cui era stata respinta in
data 14.1.2009 l’istanza di dissequestro delle unità abitative di loro
proprietà, facenti parte del complesso immobiliare RTA “****”.
Premetteva
il Tribunale che il suddetto complesso immobiliare era stato sottoposto
a sequestro preventivo con decreto del GIP del Tribunale di Massa del
5-10/7/2006, ipotizzandosi il reato di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n.
380 del 2001, art. 30 e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) a
carico dei legali rappresentanti della “Coifi s.p.a.” per mutamento
della destinazione d’uso delle singole unità immobiliari edificate, da
alberghiera in residenziale (il GIP riteneva sussistente il reato di
lottizzazione abusiva in quanto, attraverso la vendita parcellizzata
delle unità abitative si mutava la destinazione d’uso della struttura
alberghiera). Il decreto di sequestro preventivo era stato impugnato
davanti al Tribunale del riesame, che l’aveva respinto in data 3.8.2006
(ordinanza non impugnata con ricorso per cassazione). Successivamente
venivano respinte dal GIP tre istanze di dissequestro, tutte confermate
dal Tribunale e non impugnate con ricorso per cassazione.
In
data 9.1.2009 era presentata istanza di dissequestro da parte di
soggetti che si definivano acquirenti in buona fede di singole unità
abitative del complesso immobiliare sequestrato. Tale istanza veniva
respinta dal GIP, la cui ordinanza era impugnata ex art. 322 bis c.p.p..
Tanto
premesso, riteneva il Tribunale, dopo aver richiamato i giudicati
cautelari precedenti in ordine alla sussistenza del fumus del reato di
lottizzazione abusiva e delle esigenze cautelari, che sussistesse la
necessità di mantenimento del sequestro. Il sequestro andava mantenuto
ex art. 321 c.p.p., comma 1, ma anche ex art. 321 c.p.p., comma 2, in
quanto funzionale alla successiva confisca obbligatoria. Come affermato
dalla Suprema Corte la confisca va applicata anche nei confronti dei
terzi acquirenti in buona fede, i quali potranno far valere i propri
diritti in sede civile, trattandosi di sanzione amministrativa di
natura reale e non personale. Del resto il D.P.R. n. 380 del 2001, art.
44 non prevede come requisito della confisca la sussistenza del dolo o
della colpa in capo al proprietario dell’immobile da confiscare,
richiedendo come unico presupposto l’accertamento giurisdizionale di
una lottizzazione abusiva eventualmente commessa da terzi.
Peraltro
anche facendo riferimento al diverso orientamento di cui alla sentenza
della Corte di cassazione n. 42741/2008, l’immobile dovrebbe essere
ritenuto ugualmente confiscabile, emergendo sotto il profilo del fumus
la colpa degli acquirenti delle singole unità abitative.
2) A.M., G.A., Ca.Ma.
R.,
F.P., S.E., M.M., Fu.Pa.Ma., R.A.M., V.L., a mezzo del difensore,
ricorrono per cassazione, denunciando l’erronea applicazione del D.P.R.
n. 380 del 2001, art. 44, comma 2.
L’orientamento
giurisprudenziale seguito dal Tribunale è stato superato dalla sentenza
n. 42741/2008 della terza sezione penale della Suprema Corte. Tale
diverso recente orientamento trova fondamento nell’interpretazione
costituzionalmente compatibile del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 con
l’art. 7 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo. Nè hanno consistenza i sospetti sulla effettiva buona fede,
tenuto conto che è lo stesso GIP ad escludere tale eventualità e che il
P.M. non ha mai esercitato l’azione penale nei confronti degli
acquirenti chiedono pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
C.L., a sua volta, propone separato ricorso con gli stessi motivi degli altri ricorrenti.
3) I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
3.1)
Anche di recente questa Corte (cfr. sent. n. 1024 del 13.7.2009- Apponi
ed altri), nel ricordare che il reato di lottizzazione abusiva –
secondo la concorde interpretazione giurisprudenziale – nella
molteplicità delle forme che esso può assumere in concreto, può essere
posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai
principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono
partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e
diverse da quella strettamente costruttiva, purchè ciascuno di essi
apporti un contributo causale alla verificazione dell’illecito (sia
pure svolgendo ruoli diversi, ovvero intervenendo in fasi circoscritte
della condotta illecita complessiva) e senza che vi sia alcun necessità
di un accordo preventivo, ha ribadito che il terzo acquirente non può
di per sè essere considerato “estraneo” al reato. Infatti, “La condotta
dell’acquirente non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per
il venditore, perchè anzi inserisce un determinante contributo causale
alla concreta attuazione del disegno criminoso di quegli (vedi Cass.,
sez. unite, 27.3.1992 n. 4708, ric. Fogliani) e, per la cooperazione
dell’acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o
un’azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al
contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli
concepito, posta in essere anche attraverso la violazione
(deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di
informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei
doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. (vedi, sul punto,
le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione richiede dai
singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto
degli interessi dell’altrui persona umana ed è per la violazione di
questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama
a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone
positivamente la tutela giuridica).
L’acquirente,
dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità,
“terzo estraneo” al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli
tuttavia, benchè compartecipe ai medesimo accadimento materiale,
dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè –
pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell’adempimento degli
anzidetti doveri di informazione e conoscenza – di partecipare ad una
operazione di illecita lottizzazione. Quando invece l’acquirente sia
consapevole dell’abusività dell’intervento – o avrebbe potuto esserlo
spiegando la normale diligenza – la sua condotta si lega con intimo
nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive
azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la
formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo
convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio. Le posizioni,
dunque, sono separabili se risulti provata la malafede dei venditori
che, traendo in inganno gli acquirenti, li convincono della legittimità
dell’operazione (vedi Cass. sez. 3^, 22.5.1990, Oranges e 26.1.1998,
Cusimano). Neppure l’acquisto del sub-acquirente può essere considerato
legittimo con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di
detta sola qualità, allorchè si consideri che l’utilizzazione delle
modalità dell’acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema
elusivo, surrettiziamente finalizzato verificare le disposizioni
legislative in materia di lottizzazione negoziale (vedi Cass, sez. 3,
8.11.2000, Petracchi)”. Tali principi non sono in contrasto con quanto
affermato nella sentenza n. 42741/2008 (ric. Silvioli ed altri. dep. il
17.11.2008), richiamata anche dai ricorrenti, “le cui statuizioni
restitutorie si connettono ad una situazione di fatto in cui il
tribunale del riesame aveva espressamente affermato (sia pure con
valutazioni ovviamente limitate alla propria cognizione incidentale)
che gli acquirenti degli immobili compendio della lottizzazione abusiva
valutata in quella sede erano “soggetti in buona fede estranei alla
commissione del reato” e che ciò spiegava il mancato esercizio
dell’azione penale nei loro confronti. Quella sentenza, dunque, si è
conformata alle peculiarità del caso ma non ha inteso affatto affermare
un assiomatica e generalizzata posizione di buona fede dei terzi
acquirenti degli immobili in ogni vicenda di lottizzazione abusiva”.
3.1.1) I giudici del Tribunale hanno escluso, con motivazione adeguata
ed immune da vizi logici, come tale non sindacabile in questa sede di
legittimità (a norma dell’art. 325 c.p.p. è consentito il ricorso solo
per violazione di legge, cui può essere ricondotta ex art. 125 c.p.p.,
comma 3 solo la motivazione apodittica o apparente) che i ricorrenti
fossero in buona fede.
Hanno affermato, infatti, che nei
contratti di compravendita si rinviava ad un regolamento in cui si
disciplinavano le parti comuni, costituendosi così un vero e proprio
condominio composto di singoli appartamenti di proprietà individuale
destinati ad abitazione, mentre le previsioni del regolamento di
condominio riguardanti la residenza turistico alberghiera erano prive
di qualsiasi effetto giuridico sostanziale. Peraltro già questa
contraddizione (contemporaneamente era prevista sia la vendita di unità
immobiliari a singoli acquirenti sia la realizzazione di una residenza
turistico alberghiera relativa allo stesso complesso immobiliare)
evidenziava di per sè un profilo di colpa. La colpa era aggravata dal
fatto che gli acquirenti potevano conoscere le previsioni dei vigenti
strumenti urbanistici e rendersi conto che poteva essere realizzata
solo una residenza turistico – alberghiera.
3.2) Peraltro il sequestro è stato disposto, come sottolineato dal Tribunale, anche a norma dell’art. 321 c.p.p., comma 1.
E
secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte
“oggetto del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1
può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche a
persona estranea al reato – purchè esso sia, anche indirettamente,
collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a
costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze
del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti
penalmente rilevanti (vedi cass. n. 37033/2006, n. 24685/2005, n.
38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n.
156/1993, n. 2296/1992)”. (cfr. Cass. pen. sez. 3^ n. 1022 del
13.7.2009, ric. Berardi ed altri). Ed ha ineccepibilmente rilevato il
Tribunale che, qualora i ricorrenti rientrassero in possesso delle
singole unità immobiliari, sarebbe lecito presumere l’utilizzazione da
parte loro degli immobili, con conseguente prosecuzione del reato o
quantomeno protrazione ed aggravamento delle sue conseguenze dannose.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010.