Addio allo stage gratis in azienda. Compenso minimo a 400 euro (lordi)
Partita dal settore aereo, la filosofia del low cost si è fatta largo nei campi più diversi. Ed è diventata di moda anche per gli stage, quel ponte fra studio e lavoro che un tempo si riduceva alle famose fotocopie e adesso rischia di trasformarsi in un impiego vero e proprio con una sola, fondamentale differenza: lo stipendio. Una volte su due, in Italia, lo stage non prevede nemmeno un rimborso spese. Il compenso è pari a euro zero nel 52,4% dei casi, secondo l’ultimo studio curato dall’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione dei lavoratori, e dalla «Repubblica degli stagisti», una rivista on line tutta dedicata a questo argomento. Ma adesso le cose dovrebbero cambiare con una soglia minima di 400 euro lordi al mese. Non sarà una fortuna ma almeno è qualcosa, specie di questi tempi.
La novità è prevista dalla bozza delle linee guida sui tirocini che il ministero del Welfare ha definito la settimana scorsa e che due giorni fa è stata discussa dalla commissione Lavoro della Conferenza delle Regioni. Sarebbe una rivoluzione. Oggi non esiste uno «stipendio» minimo per gli stagisti. Non a livello nazionale almeno, anche se alcune Regioni hanno fissato un livello base valido solo nel loro territorio.
Un primo passo era stato fatto con la riforma del mercato del lavoro approvata quest’estate: dice la legge Fornero che per gli stage va riconosciuta una «congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta». E aggiunge che la somma va fissata entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge con un documento che metta d’accordo governo e Regioni. I 180 giorni scadono alla fine di gennaio e l’intesa sulle linee guida sembra a buon punto. Il via libera da parte della Conferenza Stato-Regioni dovrebbe arrivare nella prima riunione dopo le feste, probabilmente il 24 gennaio.
«L’impianto del documento va bene c’è solo qualche dettaglio da mettere a punto» dice Gianfranco Simoncini, assessore alle Attività produttive della Toscana e coordinatore della commissione Lavoro per la conferenza delle Regioni. Rispetto alla bozza iniziale un punto è già stato cambiato: non c’è più il limite massimo al rimborso mensile. La regola era stata pensata dai tecnici del ministero sempre con l’obiettivo di evitare un uso distorto dello stage che a volte può mascherare un contratto sottopagato. Ma è stata tolta per non mettere fuori legge quei tirocini più ricchi che pure ci sono: nel 5,3% dei casi, sempre secondo il sondaggio citato prima, l’indennità supera i 750 euro al mese.
Le linee guida prevedono anche dei limiti di tempo: il tirocinio standard non potrà durare più di sei mesi; quello di reinserimento, riservato a disoccupati e cassaintegrati, non più di un anno; quello riservato ai disabili non più di due anni. Tutti limiti che non sono prorogabili. Non sarà possibile fare più di uno stage presso lo stesso datore di lavoro e ci sarà anche un tetto al numero di stagisti a seconda delle dimensioni dell’azienda: al massimo uno stagista per le aziende fino a cinque dipendenti e così via a salire. Mentre le imprese senza dipendenti potranno avere tirocinanti solo se appartengono al settore dell’artigianato artistico, anche se su questo punto c’è ancora da lavorare.
Quando entreranno in vigore le nuove regole? Dipende, in ogni caso non subito. Le linee guida sono una traccia, adesso toccherà alle Regioni scrivere la propria legge. Per dire, la Calabria potrebbe anche decidere che il compenso minimo debba essere di 600 euro al mese, la Toscana potrebbe confermare i 500 euro previsti dalla legge che ha approvato alcuni mesi fa ed è già in vigore: la più avanzata dal punto di vista della tutela dello stagista. In ogni caso non sarà possibile scendere sotto quella soglia, 400 euro, che diventerà politicamente vincolante dopo l’intesa della Conferenza Stato-Regioni.
Perché una strada così complicata? Potrebbero pensare i 500 mila italiani che solo nel 2011 sono entrati nell’esercito degli stagisti. La formazione professionale, e quindi anche il tirocinio, è una materia che appartiene alla competenza esclusiva delle Regioni. La Corte costituzionale lo ha ricordato appena due giorni fa, quando ha cancellato l’articolo 11 della riforma voluta nel 2011 dal governo Berlusconi che, pur senza fissare un compenso minimo, introduceva dei limiti per alcuni tipi di stage validi in tutto il territorio nazionale. La Corte costituzionale ha stabilito che con quella legge lo Stato era andato al di là delle sue competenze e quelle regole andavano scritte dalle Regioni. Cosa cambia adesso? Che il governo ci riprova in maniera soft : non impone più le sue norme direttamente su tutto il territorio nazionale ma prima si mette d’accordo con le Regioni sui principi base e poi lascia loro il compito di fissare i dettagli.
Con questo schema le nuove regole sugli stage dovrebbero essere al riparo dai ricorsi delle Regioni. Non è un caso che il governo Monti abbia cercato di ridisegnare gli equilibri tra Stato e Regioni con la riforma del titolo V della Costituzione, che avrebbe riportato una serie di poteri dalla periferia verso il centro. Il disegno di legge costituzionale è stato approvato in consiglio dei ministri ma poi è stato travolto dagli eventi di questo concitato scorcio di fine legislatura. Il problema resta, però. E sarà ben in vista sul tavolo del prossimo governo, qualsiasi colore e geometria abbia.