Adozioni internazionali vietate ai singles, ma il legislatore potrebbe…
L’antico istituto dell’adozione, il cui significato è quello di creare un
rapporto giuridico che si ispira e si adegua al vincolo naturale di paternità e
maternità, trova la propria disciplina, sia per quanto riguarda i suoi requisiti
che la sua efficacia, nella L. n. 184 del 1983.
L’attuale sistema prevede diverse forme di intervento e cioè l’adozione
legittimante, che riguarda solamente i coniugi che siano riconosciuti idonei ad
educare ed istruire i minori, l’adozione in casi particolari, prevista in tutti
quei casi in cui non sussistono tutti i presupposti per l’ordinaria adozione dei
minori, l’adozione di persone maggiori di età, la quale segue le linee
direttrici dell’adozione ordinaria della tradizione codicistica, e l’adozione
internazionale di minori, per le due ipotesi di adozione in Italia di minore
straniero e di minori italiani espatriati.
In particolare, la L. n. 184 del 1983 prevede espressamente dei requisiti
affinché l’adozione possa avere efficacia legittimante, con conseguente
cessazione dei rapporti dell’adottante dalla famiglia d’origine ed instaurazione
del legame di parentela od affinità con i congiunti dei genitori adottivi, tra i
quali è sempre stato discusso quello previsto dall’art. 6 secondo cui
“l’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra
i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei
ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendono
adottare”.
Il punto, allora, è quello di capire se nel nostro ordinamento sia possibile
ammettersi l’adozione dei minori da parte dei di soggetti singoli non
coniugati.
La questione è sempre stato assai dibattuto, in particolare in seguito alla
ratifica da parte dell’Italia della Convenzione Europea in materia di adozione
dei minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata con la L. n. 357
del 22 maggio 1974, nella quale, all’art. 6, si permetteva senza limiti
l’adozione di un minore anche da parte di un soggetto singolo; peraltro, si
ritiene che tale disposizione non sia stata abrogata nemmeno dall’introduzione
della sopra citata L. n. 184 del 1983 in materia di adozione.
Il problema fondamentale, rilevato anche dalla Corte Costituzionale (3), è che la nostra
Carta Fondamentale non può ammettere norme che escludano ogni limite a che
l’adozione avvenga anche da parte di un singolo adottante poiché ciò sarebbe in
contrasto con gli artt. 3, 29 e 30; in base ad essi, infatti, l’adozione
legittimante, seguendo il criterio dell’imitatio naturae, deve essere
ispirata all’intento di dare una vera famiglia al minore che ne è privo, e cioè
in stato di abbandono, garantendogli tranquillità, benessere ed educazione e
perciò imponendo che, di regola, ad adottare sia una coppia di coniugi avente
una comunanza continuativa di vita ed adeguate capacità educative.
Quindi, se per certo si può affermare che l’art. 6 della Convenzione non sia
stato abrogato, né in tutto né in parte, dalla L. n. 184/1983, è altrettanto
certo che la norma pattizia non abbia conferito immediatamente ai giudici
italiani il potere di concedere l’adozione di minori a persone singole al di
fuori dei limiti entro cui esso è attribuito dalla legge nazionale e nemmeno si
può dire che sia stato imposto un vincolo al legislatore italiano ad ammettere
senza limiti l’adozione del singolo.
Attribuendo al legislatore nazionale una semplice facoltà, inoltre, la norma
non può definirsi auto-applicativa, ossia direttamente applicabile nei rapporti
intersoggettivi privati, occorrendo a tale effetto l’interposizione di una legge
interna che determini i presupposti di ammissione e gli effetti dell’adozione da
parte di una persona singola.
Tutto ciò, quindi, è dovuto ad un semplice fatto, e cioè che l’art. 6 non può
trovare applicazione immediata in Italia tramite gli organi e le procedure
previste dalla L. n. 184 del 1983 poiché la Convenzione non lo impone; in
pratica, la norma convenzionale è rimasta in vigore autorizzando il legislatore,
semmai lo ritenesse opportuno, ad ampliare l’ambito di ammissibilità
dell’adozione legittimante di un minore da parte di un solo adottante.
La stessa Suprema Corte, con la sentenza n. 6078/2006,
ha affermato ciò dicendo che in tema di adozione legittimante l’art. 6 della L.
n. 184/1983 pone un principio conformatore dell’istituto secondo cui essa è
consentita solo a coniugi uniti in matrimonio, avendo finora ritenuto il
legislatore tale statuizione opportuna e necessaria nell’interesse generale dei
minori, e dovendo pertanto escludersi che in contrasto con tale principio
generale, allo stato della legislazione vigente, soggetti singoli possano
ottenere, ai sensi dell’art. 36, comma 4, il riconoscimento in Italia
dell’adozione di un minore pronunciata all’estero con gli effetti di cui sopra
anziché di quelli di cui all’art. 44 della L. n. 184/1983.
Tirando le somme di quanto detto sino ad ora, nel nostro ordinamento
l’adozione legittimante può allora ammettersi solo e soltanto nei casi in cui la
nostra legge lo permetta e, nel caso specifico, solo a persone coniugate;
inoltre, tale principio è applicabile, per effetto dell’art. 29-bis della L. n.
184/1983 (introdotto dall’art. 3 della L. n. 476 del 1998), anche alle adozioni
internazionali. In pratica, non solo non è ammissibile in Italia l’adozione
legittimante da parte dei singoli, ma non possono nemmeno essere riconosciuti
efficaci i provvedimenti di adozione pronunciati in altri stati.
La sentenza 14 febbraio 2011, n. 3572 infatti, ha riaffermato quanto già
detto aggiungendo che, in tema di adozioni pronunciate in uno stato estero, il
Tribunale, in primo luogo, deve accertare che l’adozione non sia contraria ai
principi fondamentali che regolano in Italia il diritto di famiglia e dei
minori, valutati ovviamente in relazione al superiore interesse di quest’ultimi,
e, in secondo luogo, ordinarne la trascrizione nei registri dello stato civile
sempre che il provvedimento di adozione riguardi adottanti in possesso dei
requisiti previsti dalla legge italiana (v. art. 35 della L. n. 184 del 1983).
Inoltre, in riferimento al comma 4 dell’art. 36, ha affermato che l’adozione
pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di
cittadini italiani, capaci di dimostrare al momento della pronuncia di aver
soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da
almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento
del tribunale per i minorenni purché conforme ai principi della Convenzione.
Peraltro, dall’esame degli artt. 35 e 36 si evince che non è stata introdotta
alcuna deroga al suddetto principio generale secondo cui la trascrizione
dell’adozione nei registri dello stato civile italiano non può avere mai luogo
ove “contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto
di famiglia e dei minori” e, perciò, l’adozione legittimante è consentita
solo a coniugi uniti in matrimonio.
Quindi, solo in presenza del matrimonio, una volta che l’affidamento
preadottivo abbia avuto già corso ponendo in essere di fatto vincoli genitoriali
con una coppia unita in matrimonio, il Tribunale può autorizzare l’adozione
nonostante il sopravvenire della morte o della separazione di uno dei coniugi
nel corso del procedimento.
Quanto detto sino ad ora, tuttavia, non esclude in via assoluta che in Italia
sia ammissibile l’adozione da parte dei sigles, essendosi ovviato a questo
problema tramite l’art. 44 della suddetta L. n. 184 del 1983, il quale parla
però di “adozione in casi particolari”. Devesi precisare, comunque, che
la differenza rispetto alla c.d. adozione legittimante è fondamentale e sta nel
fatto che il minore non assume nei confronti dell’adottante una posizione del
tutto identica a quella dei figli legittimi, con conseguente estensione dei
rapporti parentelari ed estinzione del vincolo con la famiglia d’origine, poiché
non si deve, in questo caso, rimediare ad uno stato d’abbandono.
In conclusione, in Italia non vi è alcun divieto all’adozione da parte dei
singles, ma essa non può semplicemente avere effetto legittimante. Dalle parole
della Suprema Corte, inoltre, si può facilmente dedurre che prima o poi la
materia verrà sottoposta ad una sostanziale riforma (“…il legislatore
nazionale ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, ad
un ampliamento dell’ambito di ammissibilità dell’adozione di minore da parte di
una singola persona anche con gli effetti dell’adozione legittimante”), la
quale sicuramente porterà, in concomitanza con le nuove esigenze sociale che
stanno sorgendo, ad ammettere l’adozione legittimante anche da parte dei
singles.