Spetta al Tribunale per i minorenni la competenza ad adottare i provvedimenti nell’interesse del figlio naturale: il giudice minorile, contestualmente ai provvedimenti sull’affidamento, potrà stabilire la misura ed il modo con cui ciascuno dei genitori dovrà contribuire al mantenimento del minore, attraverso una cognizione globale che investe anche i profili patrimoniali.
La Cassazione, con ordinanza del 7 febbraio 2008 n. 2966, ha chiarito che “la legge 8 febbraio 2006 n. 54 sull’esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull’affidamento condiviso, applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, ha corrispondentemente riplasmato l’art 317 bis c.c. che continua a rappresentare il riferimento normativo della potestà del genitore naturale e dell’affidamento del figlio nella crisi dell’unione di fatto sicchè la competenza ad adottare i provvedimenti nell’interesse del figlio naturale spetta al tribunale per i minorenni, in forza dell’art. 38 primo comma disp. att. c.c., in parte qua non abrogato, neppure tacitamente, dalla novella”.
La Suprema Corte ha ritenuto che la novella abbia inserito una disposizione che disvela l’obiettivo del legislatore di rinvenire nella separazione dei coniugi il modello per regolamentare i rapporti di filiazione nella crisi della coppia genitoriale anche in caso di convivenza more uxorio. L’articolo 4, comma 2, della legge 54/2006 prevede, come si è detto, l’applicazione delle «disposizioni della presente legge», oltre che in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio», anche «ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”, richiamando l’applicabilità della novella e mostrando l’intenzione di voler conservare i modelli processuali vigenti e le rispettive discipline. Prima dell’entrata in vigore della Legge n. 54/2006, la competenza ad emettere i provvedimenti relativi ai figli naturali, in caso di cessazione della convivenza more uxorio dei loro genitori, contemplava una regola di riparto per cui la competenza in merito all’affidamento dei figli stessi apparteneva al Tribunale per i minorenni, mentre i provvedimenti di natura economica rimanevano di competenza del Tribunale ordinario. La circostanza che il giudice chiamato a decidere sull’affidamento condiviso debba contestualmente fissare anche “la misura e modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione ed all’educazione dei figli” e che l’art. 155 II comma CC, applicabile alle unioni di fatto in crisi, preveda l’adozione di “ogni altro provvedimento relativo alla prole”, fa ritenere che non sia più proponibile il precedente sdoppiamento di competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario, sicchè anche le determinazioni di ordine economico dovranno, d’ora in poi, essere adottate dal giudice minorile nell’ambito dei rapporti di sua competenza. Diversamente, vi sarebbe un trattamento deteriore per il figlio naturale ove le sue esigenze di tutela, in caso di crisi del rapporto di convivenza tra i suoi genitori naturali, ricavassero dall’ordinamento una risposta frazionata, con la perdita di quella valutazione globale che soltanto una cognizione estesa anche alle conseguenze patrimoniali dell΄affidamento puo’ assicurare.
Tuttavia, si segnala da più parti l’opportunità di unificare le competenze in relazione alle vicende che riguardano l΄affidamento e il mantenimento del figlio, a prescindere dalla condizione giuridica dei genitori tra loro: non solo nell’interesse di una razionalizzazione del sistema e di una giustizia piu’ accessibile, ma anche ad evitare che la diversita’ di competenza, anche sotto il profilo procedimentale, finisca con il rendere l΄una forma di filiazione meno presidiata, sotto il profilo processuale, rispetto all’altra. La legge 54/2006 se da un lato fornisce di maggior precisione la normativa di settore rendendo piu’ sollecita la risposta giudiziaria in controversie cosi delicate, dall’altro non contempla l’unificazione delle competenze all’interno dei conflitti familiari.
Recentemente il Tribunale di Siena ha accolto un’eccezione di incostituzionalità della normativa de quo, eccezione fondata sulla volontà di equiparare in tutto e per tutto i figli naturali ai figli legittimi: come sottolineato più volte dalla stessa Corte Costituzionale, l’ingiustificata disparità di trattamento non è accettata dalla legislazione italiana. Si aggiunga inoltre che un’ulteriore disparità è data dalla circostanza che se il Tribunale ordinario è presente in ogni città, quello dei minorenni è solo nel capoluogo di provincia di ciascuna regione. L’eccezione di incostituzionalità della normativa, sollevata da uno studio legale di Firenze, è stata accolta dal Tribunale di Siena: la Corte Costituzionale dovrà decidere se l’interpretazione della Cassazione è corretta, al fine di garantire quel principio di uguaglianza che assicuri ai minori un trattamento analogo, indipendentemente dalla sussistenza o meno del vincolo matrimoniale tra i genitori.