Affido condiviso, diritto di visita del padre ed ingerenze dei suoceri Cassazione civile , sez. I, sentenza 22.05.2009 n° 11922
La Cassazione con sentenza 11922/2009 ha accontentato un genitore
che chiedeva di poter visitare e frequentare il proprio figlio oltre
gli orari ed i giorni stabiliti dal Tribunale. Tale richiesta è stata
avallata anche dalle dichiarazioni rese dal figlio del convenuto.
Pertanto
la Cassazione, ascoltate le giuste motivazioni addotte, ha sancito il
diritto di un padre separato a vedere il figlio nei tempi e modi più
consoni rispetto ai molteplici impegni di un genitore – lavoratore.
L’innovazione introdotta denota una svolta nell’interpretazione della
legge su l’affido condiviso del 2006. Inizialmente, come di rito, erano
stati stabiliti giorni ed orari che risultavano “ristretti” ed
incompatibili con le disponibilità di tempo da dedicare al proprio
figlio. La sentenza continua con il rigetto della riduzione e/o
eliminazione dell’assegno di mantenimento a favore dell’ex coniuge.
Diverse
volte i rapporti coniugali vengono messi a dura prova dalle continue
ingerenze da parte dei suoceri. Una recente sentenza della Corte di
Cassazione stabilisce che, in tali casi, può essere giustificato
l’abbandono del tetto coniugale.
La Corte diverse volte si è trovata ad affrontare il delicato tema della separazione tra i coniugi. La sentenza n. 11922/2009
analizza gli aspetti coniugali che si rompono a causa delle difficoltà
create dai suoceri. In tali casi (purtroppo molto frequenti) per la
pronuncia di addebito della separazione può non bastare la violazione
dei doveri coniugali che il codice civile stabilisce all’art. 143, ma occorre accertare l’effettivo nesso tra tale violazione e “l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza”.
Il
giudice, quindi, può anche escludere l’addebito della separazione al
coniuge che abbia violato uno dei doveri coniugali, e quindi
giustificargli l’eventuale abbandono del tetto coniugale. Sulla base di
cosa? Naturalmente deve essere chiaramente dimostrata una situazione
preesistente di contrasto insanabile tra le parti, oppure una
convivenza puramente formale.
E’ ovvio che questa situazione già
difficile deve essere stata esasperata dall’intervento dei suoceri che
interferiscono nelle scelte e nelle decisioni dei coniugi. Capita
spesso, soprattutto nelle coppie più giovani, che ci si sposi restando
ancorati alla propria famiglia d’origine, anche economicamente.
Questo
crea, a lungo andare, una mancanza di autonomia decisionale che mina
l’armonia della coppia, e ancor più se si hanno dei figli.
E’
indiscussa la prevalenza dell’aspetto razionale rispetto a quella
emozionale, quindi si passa dalla “separazione dei coniugi” all’”unione
dei genitori” nell’ottica dell’ 1, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54
(Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento
condiviso dei figli). Infatti, si dividono i beni, si separano gli
spazi, si interrompono i rapporti ma contemporaneamente si rinforza un
dialogo sui figli e si stimolano i genitori nel prendere decisioni
comuni nei loro riguardi.
Sembra che la giurisprudenza, negli
ultimi tempi, si stia aprendo a decisioni sempre più moderne, anche nel
campo della separazione tra i coniugi, dove gli equilibri sono molto
più labili ed è necessario intervenire con delicatezza e sensibilità.
Quello dei rapporti della coppia con i rispettivi suoceri è un problema
che porta molte coppie sull’orlo di una crisi di nervi. Non è forse
meglio considerare questo problema, prima di metter su famiglia?
Il
principio ispiratore è che in assenza di un nuovo matrimonio, il
diritto all’assegno di divorzio, in linea di principio, di per sè
permane anche se il richiedente abbia instaurato una convivenza more
uxorio con altra persona, salvo che sia data la prova, da parte dell’ex
di stabilità, ma di fatto adeguatamente consolidatosi e protraentesi
nel tempo – delle condizioni economiche dell’avente diritto, a seguito
di un contributo al suo mantenimento ad opera del convivente o, quanto
coniuge, che tale convivenza ha determinato un mutamento in melius –
pur se non assistito da garanzie giuridiche meno, di risparmi di spesa
derivatigli dalla convivenza, onde la relativa prova non può essere
limitata a quella della mera instaurazione e della permanenza di una
convivenza siffatta, risultando detta convivenza di per sè neutra ai
fini del miglioramento delle condizioni economiche dell’istante e
dovendo l’incidenza economica della medesima essere valutata in
relazione al complesso delle circostanze che la caratterizzano, laddove
una simile dimostrazione del mutamento in melius delle condizioni
economiche dell’avente diritto può essere data con ogni mezzo di prova,
anche presuntiva, soprattutto attraverso il riferimento ai redditi ed
al tenore di vita della persona con la quale il richiedente l’assegno
convive, i quali possono far presumere, secondo il prudente
apprezzamento del Giudice, che dalla convivenza more uxorio il
richiedente stesso tragga benefici economici idonei a giustificare il
diniego o la minor quantificazione dell’assegno (Cass. 8 luglio 2004,
n. 12557), senza che, tuttavia, ai fini indicati, possa soccorrere
L’esperimento di indagini a cura della polizia tributaria, le quali
sono previste dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 9, (come
novellato dalla L. n. 74 del 1987, art. 10), “in caso di
contestazioni,…sui redditi e patrimoni dei coniugi (e non, quindi,
dei terzi) e sul loro effettivo tenore di vita” e la cui mancata
disposizione è censurabile esclusivamente nel senso che la domanda di
corresponsione dell’assegno non può, in tal caso, essere respinta sotto
il profilo che l’istante non abbia fornito la dimostrazione delle
condizioni economiche dell’altro coniuge (Cass. 21 giugno 2000, n.
8417; Cass. 10 agosto 2001, n. 11059; Cass. 17 maggio 2005, n. 10344).
La
Corte specifica che , in caso di convivenza more uxorio, l’obbligo
dell’ex marito viene meno quando, in concreto e secondo le specifiche
circostanze fra le quali assumono rilievo la durata della convivenza,
la procreazione di figli ed il tenore di vita goduto, il nuovo rapporto
abbia caratteristiche tali da fare ragionevolmente ritenere che l’ex
moglie non si trovi più in quella situazione di bisogno capace di
giustificare un assegno da parte dell’ex coniuge, onde l’instaurazione
di una simile convivenza incide necessariamente, a seconda dei casi,
sia sul diritto all’assegno, quante volte si accerti che, in
conseguenza di essa, venga meno la necessità dell’emolumento ai fini
della conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto
durante il matrimonio, sia sulla misura di detto.