Affido di minori, separazione, precisazioni
Con riferimento alla decisione definitiva sull’affidamento di minori
all’uno o all’altro dei genitori separati, è necessario sentire anche
il loro punto di vista. E ciò anche nel caso in cui la
madre-affidataria straniera, dopo l’omologazione della separazione,
aveva portato con sé i figli all’estero contro la volontà del padre. (1-3)
(1) In tema di affidamento dei figli minori, si veda Cassazione civile, SS.UU., sentenza 09.12.2008 n° 28875.
(2) Si veda, altresì, il Focus di E. Salemi: Separazione e divorzio alla luce della casistica giurisprudenziale recente.
(3) In tema di affido condiviso e conflitto tra genitori, si veda Cassazione civile, sez. I, sentenza 19.06.2008 n° 16593.Tra i contributi più recenti, in dottrina, si vedano:
– GIACARDI, L’affidamento dei minori a terzi dopo la riforma sull’affido condiviso;
–
MAGLIETTA, Affido condiviso: un anno di vita tra difficoltà e scarsa
conoscenza, in Guida al diritto, 2007, n. 10, IL SOLE 24 ORE, p. 10;
–
DE SISTO, Sulla praticabilità dell’affido condiviso anche quando i
genitori vivano in località molto distanti o addirittura in Stati
diversi, in Giurisprudenza di merito, 2007, n. 12, GIUFFRÈ, p. 3110;
–
SPALAZZI CAPRONI, Affido condiviso e interesse del minore, in Vita
notarile, 2006, n. 3, EDIZIONI GIURIDICHE BUTTITTA, p. 1625.SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 6 – 21 ottobre 2009, n. 22238
(Presidente Carbone – Relatore Forte)
Svolgimento del processo
Il
Tribunale di Rieti, con decreto del 17 aprile 2007, sui ricorsi riuniti
del 15 settembre e del 13 ottobre 2006 di K. A. A. e G. C., coniugi
consensualmente separati con omologa del 6 giugno 2006, affermata la
propria giurisdizione in luogo di quella dei giudici finlandesi, s’è
dichiarato incompetente sulle istanze di modifica delle disposizioni
accessorie alla separazione, presentate dalladonna in
rapporto al diritto di visita del padre ai due figli M. e M. C., nati
ad omissis il omissis e il omissis, affidati nell’accordo omologato
alla madre che, per ragioni di lavoro, si era trasferita in omissis con
loro, domandando in quel paese pure il divorzio dal marito in data
successiva, e sulla richiesta del C. di affidamento esclusivo a lui dei
figli condotti all’estero contro la sua volontà, con ogni altra
statuizione conseguenziale.La Corte d’appello di Roma, sui
reclami di entrambe le parti, con il decreto di cui in epigrafe, ha
riaffermato la giurisdizione del giudice italiano impugnata dalla A.,
in base alle regole sulla litispendenza tra giudizi in materia di
affidamento di minori pendenti in più Stati membri della CE, per essere
stato adito il giudice italiano prima di quello finlandese, che, nel
suo provvedimento interinale del 18 gennaio 2007, aveva disposto
provvisoriamente incontri in quel paese tra padre e figli, “in attesa
della decisione” della predetta Corte di merito.È stato invece
accolto l’appello del C. sulla competenza del primo giudice, da questo
denegata a favore del tribunale per i minorenni, per essere stati i due
figli sottratti e trattenuti illecitamente all’estero (Convenzione de
L’Aja del 28 maggio 1970 e L. 15 gennaio 1994 n. 64), affermandosi che
in primo grado si erano chieste modifiche di patti accessori alla
separazione, su cui doveva decidere il tribunale, ai sensi dell’art.
710 c.p.c. La Corte di merito, ha affidato al C. i due minori, senza
disporre la loro audizione chiesta con le conclusioni dal P.G.
assegnandogli la casa familiare in omissis e confermando la sanzione
irrogata alla donna di euro 5000,00 ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c.,
per aver violato le disposizioni concordate in sede di separazione
consensuale.In secondo grado è stata invece respinta la
richiesta del C. di un contributo a carico della moglie per il
mantenimento dei figli, ritenendosi non provata la capacità
contributiva di lei, condannata alle spese del grado per la soccombenza.Per
la cassazione di tale decreto propone ricorso principale di dodici
motivi la A., cui resiste il C. con controricorso e ricorso incidentale
di due motivi, cui controparte replica con altro controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378
c.p.c..Motivi della decisione
1.
In via preliminare va rilevato che i due ricorsi proposti in questa
sede già risultano iscritti con un solo numero di Ruolo generale e
devono quindi valutarsi unitariamente.1.1. Vanno rigettate le
eccezioni del C. di inammissibilità del ricorso principale in rapporto
alla procura al difensore della A., rilasciata su foglio separato
congiunto materialmente al ricorso, ritenuta priva del requisito della
specialità e a causa della natura non decisoria né definitiva del
decreto impugnato, sempre modificabile e comunque emesso allo stato
degli atti.La procura in calce al ricorso è apposta su foglio
congiunto ad esso e in essa vi è “delega” agli avvocati Martignetti a
rappresentare e difendere la A. nel “presente giudizio”; nell’atto non
si evidenziano espressioni incompatibili con la volontà della donna di
essere rappresentata e difesa nella fase di legittimità conseguente al
ricorso cui esso accede (Cass. 7 marzo 2006 n. 5868, 5 settembre 2005
n. 17768, 12 luglio 2005 n. 14611, 13 agosto 2004 n. 15738, 19 aprile
2002 n. 5722).Le stesse sentenze citate nel controricorso del
C. a sostegno della eccezione evidenziano che il contenuto della
procura determina la inammissibilità della impugnazione soltanto
qualora, dalla lettura di essa, sorgano dubbi in ordine al giudizio cui
l’atto si riferisce, che rendano incompatibile la procura e il
conferimento di poteri al difensore per il ricorso per cassazione (con
Cass. n. 9173 del 2003 citata in ricorso, cfr. Cass. 21 marzo 2005 n.
6070 e 16 dicembre 2004 n. 23381). In rapporto alla ricorribilità ex
art. 111 Cost. dei decreti emessi dalla Corte d’appello sui reclami
contro i provvedimenti del tribunale sulle istanze di modifica di
disposizioni accessorie alla separazione, essa certamente sussiste per
il carattere di stabilità – sia pure temporanea e non permanente – di
tali atti giurisdizionali, che li rende idonei al giudicato “rebus sic
stantibus”, anche se ne è possibile la modifica per circostanze
sopravvenute con altro procedimento camerale, essendo tali pronunce
decisorie per un tempo indeterminato in rapporto alle mutevoli
posizioni soggettive delle parti e dei figli minori, e definitive nei
loro effetti fino all’eventuale modifica di dette posizioni accertata
nei modi e forme previsti dalla legge (così Cass. 7 dicembre 2007 n.
25619 e 18 agosto 2006 n. 18187, 28 giugno 2006 n. 18627, 16 maggio
2005 n. 10229, 30 dicembre 2004 n. 24265, tra altre).Tale
conclusione non esclude la preclusione del ricorso per cassazione
contro i provvedimenti urgenti emessi in via provvisoria e interinale
nel corso del giudizio di separazione, a seguito di reclamo alla Corte
d’appello contro le disposizioni date dal presidente nella comparizione
personale dei coniugi, o dal G.I. in corso di causa (Cass. 6 novembre
2008 n. 26631). Diversa è pure la fattispecie di cui all’art. 317 bis
c.c., relativa alla potestà genitoriale sul figlio naturale, nella
quale il giudice, anche d’ufficio, interviene con propri provvedimenti
“nell’esclusivo interesse del figlio”, senza incidere su pregresse
statuizioni con valore di giudicato, per cui non è necessario che tali
atti abbiano natura decisoria e idoneità a divenire con il medesimo
effetto di legge tra le parti (S.U. ord. 8 aprile 2008 n. 9042, S.U. 30
novembre 2007 n. 25008, S.U. 15 luglio 2003 n. 11026 e 12 luglio 2002
n. 10128).La stabilità del provvedimento giurisdizionale, che
lo rende idoneo a divenire giudicato, può essere permanente o
temporanea e, anche in tale secondo caso, allorché l’atto incida su
diritti soggettivi delle parti, come accade nella fattispecie, è ovvia
la sua decisorietà che ne comporta la ricorribilità ai sensi dell’art.
111 Cost. (sul tema, cfr. S.U. 9 gennaio 2001 n. 1).Infine, per
le pronunce emesse successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 2
febbraio 2006 n. 40, come quella oggetto di ricorso, anche le carenze
motivazionali denunciate in alcuni motivi dell’impugnazione principale
e in quella incidentale, sono prospettabili ai sensi dell’art. 111
della Cost., in rapporto all’ultimo comma dell’art. 360 c.p.c.
novellato dalla legge del 2006, che qualifica violazione di legge il n.
5 del primo comma della norma del codice di rito, in relazione ai
principi del giusto processo, che non può che svolgersi nel
contraddittorio tra le parti e concludersi con una pronuncia motivata,
come sancito dalla norma costituzionale (in tal senso Cass. 5 giugno
2009 n. 12990 e 3 novembre 2008 n. 26426).Tali principi valgono
pure allorché oggetto di impugnazione sia un “decreto”, che in astratto
può mancare di motivazione se non è espressamente imposta per legge
(artt. 737 e 135 c.p.c.), e se prevista, è sommaria, dovendo dare conto
delle ragioni per le quali i giudici incidono sui diritti delle parti
per i principi del giusto processo (Cass. 13 febbraio 2004 n. 2776).Nella
concreta fattispecie i ricorsi, principale e incidentale, sono entrambi
ammissibili anche per le parti in cui deducono carenze o difetti di
motivazione del decreto impugnato.2.1. I primi quattro motivi
del ricorso principale propongono la questione di giurisdizione,
denunciando il primo violazioni di legge e gli altri tre vizi
motivazionali del decreto.Si denuncia in primo luogo violazione
e falsa applicazione degli artt. 8, 9, 10 e 12 del Regolamento del
Consiglio della C.E. 27 novembre 2003 n. 2201/2003 dal decreto di
merito che afferma la giurisdizione del giudice italiano invece di
quella del giudice finlandese, per essersi i due figli minori del cui
affidamento si tratta “stabilmente trasferiti in omissis pochi giorni
prima dell’inizio del procedimento italiano” da parte della A.. Il
citato Regolamento, all’art. 8, prevede la competenza generale delle
autorità giurisdizionali dello Stato membro “per le domande relative
alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede
abitualmente in quello Stato membro, alla data in cui sono adite” e nel
caso M. e M. C. vivevano in omissis dal omissis, mentre G. C. ha adito
il Tribunale di Rieti, chiedendo il loro affidamento esclusivo solo
nell’omissis successivo, oltre omissis mesi dopo che i minori avevano
lasciato la loro pregressa residenza italiana.Il quesito di
diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. è il seguente: “Dica la
Cassazione se la Corte di appello di Roma, avendo dichiarato in
motivazione che i minori erano stati trasferiti in omissis pochi giorni
prima dell’inizio del procedimento italiano promosso dal C. dinanzi al
Tribunale di Rieti, per ottenere l’affido esclusivo dei figli, abbia
errato nell’affermare la propria giurisdizione in luogo di quella del
giudice finlandese, disapplicando l’art. 8 del Regolamento CE n.
2201/2003, non essendo più l’Italia il paese di residenza abituale dei
figli minori”.Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso
denunciano carenze motivazionali del decreto impugnato in ordine ai
presupposti di fatto della rilevata giurisdizione del giudice italiano.Dalla
Corte di merito si afferma che nessuna delle parti ha chiesto
l’affidamento dei minori “in forza della Convenzione dell’Aja”,
essendosi domandata “più semplicemente, una modifica delle condizioni
della separazione”, ma così non si giustifica la giurisdizione del
giudice italiano, per il citato art. 8 che collega il potere di
decidere al luogo ove risiede il minore al momento della domanda che
nel caso era quello finlandese.Il terzo motivo di ricorso
censura il decreto d’appello, per avere fondato la affermazione della
propria giurisdizione sul fatto che la stessa ricorrente si era rivolta
“al Tribunale di Rieti per poi «scoprire» che questo non aveva
giurisdizione”; in realtà la A. ha chiesto il 15 settembre 2006, nei
tre mesi dal trasferimento dei figli, al giudice italiano la modifica
del solo diritto di visita ai figli del padre, in ragione della
ultrattività della residenza per tale tempo prevista nell’art. 9 del
citato Regolamento CE.Dopo oltre tre mesi dal cambio di
residenza dei figli, il C. ad ottobre ha richiesto l’affidamento
esclusivo dei figli, sul quale poteva decidere solo l’autorità
giudiziaria finlandese e il decreto non giustifica la giurisdizione del
giudice italiano.Il quarto motivo di ricorso censura le carenze
motivazionali del decreto in ordine alla circostanza in esso riportata
che i giudici finlandesi avrebbero riconosciuto la giurisdizione dei
giudici italiani, adottando solo provvedimenti urgenti e provvisori
sugli incontri padre-figli, fino alla decisione dei giudici italiani.Il
Tribunale di Helsinki con provvedimento del 5 novembre 2007 ha
riconosciuto la prevenzione della controversia sul diritto di visita
del padre ai figli, di cui alla domanda della madre, e ha provveduto su
di esso provvisoriamente, nulla affermando in ordine al loro
affidamento esclusivo al C., avendo su tale domanda giurisdizione il
giudice finlandese, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento CE n.
2201/2003 e dovendo solo esso pronunciarsi sui diritti di visita
accessori, ai sensi dell’art. 9 dello stesso Regolamento.2.2.
La questione della mancata audizione dei minori nel procedimento di
merito è dedotta nel quinto e sesto motivo del ricorso principale;
anzitutto si denuncia violazione dell’art. 12 della Convenzione di New
York del 20 novembre 1989, ratificata in Italia con L. 27 maggio 1991
n. 176, dell’art. 6 capo B della Convenzione europea sull’esercizio dei
diritti dei minori, aperta alla firma a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e
ratificata in Italia con legge 20 marzo 2003 n. 77, dell’art. 23 del
citato Regolamento CE n. 2001/2003, dell’art. 155 sexies c.c.,
applicabile in via estensiva o almeno analogica al procedimento di
modifica delle condizioni di separazione, nonché degli artt. 3, 21 e
111 della Costituzione.Afferma la A. che la Corte d’appello
erroneamente non ha ascoltato i due minori, dei quali, nel corso del
secondo grado il primo, M., ha compiuto omissis anni, mentre l’altro,
M., pur avendo solo omissis anni, era dotato di capacità di
discernimento, che avrebbe imposto la sua audizione ai sensi delle
norme indicate, tenuto conto che il P.G. in data 6 luglio 2007 aveva
chiesto che “la Corte ai fini della richiesta modifica del regime di
affidamento voglia procedere alla necessaria istruttoria, verificando
anche tramite l’audizione diretta dei minori, quale sia il regime di
affidamento più adeguato alle esigenze dei medesimi e quale il più
idoneo collocamento”.Il quesito di diritto di cui all’art. 366
bis c.c. è il seguente: “dica la S.C. se il mancato ascolto nel
procedimento dinanzi alla Corte d’appello di Roma del minore M. C., che
aveva compiuto omissis anni nel corso del secondo grado e il mancato
ascolto del minore M. all’epoca di omissis anni, e, comunque, il
mancato accertamento della capacità di discernimento di quest’ultimo ai
fini dell’ascolto da parte dell’autorità giudiziaria italiana, possa
essere considerato violazione del principio dell’ascolto introdotto
nell’ordinamento dalle Convenzioni internazionali, che ne riconoscono
la rilevanza di cui si è dedotta la violazione, oltre che della Legge
15 gennaio 1994 n. 64, di ratifica della Convenzione dell’Aja del 25
ottobre 1980 e dell’ art. 155 sexies c.c., applicabile in via estensiva
o analogica anche alla modifica delle condizioni di separazione.”.A
tale censura è connessa quella di cui al sesto motivo di ricorso, che
lamenta l’omessa motivazione sul punto della mancata audizione dei
minori, in rapporto alla modifica del loro affidamento, così privandosi
loro del diritto di manifestare le proprie ragioni in una vicenda
essenziale per la loro vita.2.3. Il settimo e ottavo motivo di
ricorso censurano il decreto per insufficiente motivazione sul
ribaltamento dell’affidamento dei minori alla madre concordato nella
separazione consensuale con l’affidamento esclusivo al padre, senza
considerare la volontà manifestata dai figli di voler vivere con la
madre e il fatto che essi non avevano più rapporti con il padre e
avevano sofferto di disturbi psichici alla ripresa dei rapporti con
lui. Nell’ottavo motivo, si deduce il carattere apodittico della
presunta idoneità del padre a svolgere il compito di affidatario, con
la esclusione immotivata che egli potesse assumere in futuro
comportamenti pregiudizievoli ai figli, in rapporto alla modestia delle
risultanze istruttorie del secondo grado.Il nono e decimo
motivo lamentano insufficiente motivazione del decreto in ordine
all’affermazione che i minori sarebbero stati inseriti in un ambiente a
loro estraneo, risultando invece che essi dalla nascita avevano
trascorso le vacanze in omissis e in rapporto alla rilevata inidoneità
della ricorrente a svolgere i compiti di affidataria, apoditticamente
affermata, nonostante la donna avesse evidenziato la sua capacità di
proteggere la prole anche dai comportamenti pregiudizievoli del padre.L’undicesimo
motivo del ricorso principale chiede che, con la cassazione del
decreto, nella statuizione sull’affidamento al padre, sia ripristinata
l’assegnazione della casa familiare alla madre, sotto il profilo
dell’insufficiente motivazione a base di entrambe le predette
statuizioni della Corte di merito, mentre il dodicesimo motivo deduce
erronea valutazione della condotta della ricorrente nella fattispecie,
che avrebbe determinato la irrogazione della sanzione di euro 5000,00,
di cui all’art. 709 ter c.p.c. per inadempimento delle condizioni
concordate della separazione consensuale.3. Nel controricorso,
il C. deduce che i figli sono stati trasferiti definitivamente in
omissis non nel omissis ma dopo l’omissis di quell’ anno, essendo stati
fino a tale ultima data in Italia, a omissis, nella casa familiare.Non
è applicabile l’art. 9 del regolamento CE n. 2001 del 2003 alla
fattispecie, perché la residenza abituale dei minori alla data delle
domande non era in omissis e la norma citata disciplina la sola ipotesi
di lecito trasferimento dei minori da uno ad altro Stato membro della
U.E. e non il caso di illecita sottrazione dei minori, come il
presente, per il quale la donna è stata condannata con decreto ai sensi
dell’art. 388 c.p.L’art. 12 del Regolamento n. 2201/2003
prevede inoltre il potere di decidere delle autorità giurisdizionali
dello Stato membro, la cui giurisdizione sia stata accettata dalle
parti, e nel caso entrambi i coniugi hanno adito il Tribunale di Rieti,
da loro stessi riconosciuto competente.Il Tribunale di
Helsinki, con sentenza del 5 novembre 2007, ha dichiarato competente a
decidere su affidamento e diritto di visita dei figli dei coniugi
A.-C., la Corte d’appello di Roma già adita su tali questioni,
risolvendo in favore di questa la litispendenza internazionale.In
rapporto alle denunciate insufficienze motivazionali, il C. ritiene che
la natura di decreto della decisione impugnata ne consente una
motivazione sommaria, confermando che i minori non sono stati
ascoltati, perché la madre non li ha condotti in Italia, allorché il
Tribunale di Rieti li aveva convocati per due volte per tale audizione.3.1.
Il ricorso incidentale del C. censura il decreto di merito in primo
luogo per violazione e falsa applicazione dell’art. 155, commi due e
quattro, c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per non
avere la Corte d’appello di Roma disposto, contestualmente all’affido
esclusivo dei figli al padre, la revoca del contributo posto a carico
di questo per il loro mantenimento nella separazione consensuale
omologata.Ad avviso del ricorrente incidentale, venuto a
mancare l’affidamento alla madre, consegue automatica la cessazione
della causa dell’attribuzione patrimoniale in favore di lei.Il
quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. chiede a questa Corte di dire
“se, per quanto disposto dall’art. 155 c.c., la revoca dell’affidamento
alla madre dei figli minori M. e M. e il contestuale loro affidamento
al padre comporti quale necessaria conseguenza la revoca del contributo
al mantenimento per i figli a carico del C. in favore della A.,
stabilito in sede di separazione consensuale”.3.2. Il secondo
motivo di ricorso incidentale denuncia poi la motivazione
contraddittoria del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360, 1°
comma, n. 5, c.p.c., per avere ritenuto non esservi elementi di prova
per porre a carico di controparte, quale genitore non affidatario, un
contributo da corrispondere all’affidatario per il mantenimento dei
figli.Si deduce violazione dell’art. 155, commi 2 e 4 c.c., per
non avere il decreto imposto detto contributo a carico della madre,
essendovi documentazione sufficiente per disporre tale contributo da
parte della donna, come i documenti dal n. 35 al n. 42, allegati al
fascicolo di parte, che fanno riferimento all’attività di omissis della
donna, come una delle ragioni giustificatrici del trasferimento ad
omissis.Se il ricorrente incidentale, omissis, doveva
contribuire al mantenimento dei figli con euro 500,00 al mese,
certamente la donna avrebbe potuto corrispondere allo stesso titolo una
somma maggiore al padre dei minori.4.1. I primi quattro motivi
del ricorso principale, attinenti alla questione di giurisdizione sono
infondati e da rigettare. Effettivamente il criterio di collegamento su
cui si fonda il riparto di giurisdizione tra autorità giurisdizionali
di Stati membri della U.E., in ordine alle decisioni sull’affido e le
modalità di visita a figli minori, in base all’art. 8 del Regolamento
CE n. 2201 del 2003, è quello della residenza abituale del figlio, per
il rapporto di prossimità del minore al giudice che deve decidere sulle
modalità di vita di lui (su tale criterio cfr. S.U. 24 marzo 2006 n.
6585 e 7 marzo 2005 n. 4807 e sul principio di prossimità, utile per
individuare il giudice territorialmente competente in rapporto
all’affidamento di minori, cfr. la recente S.U. 9 dicembre 2008 n.
28975). La Corte d’appello – si afferma nel ricorso principale – non
avrebbe tenuto conto che i minori si erano trasferiti in omissis dal
omissis, prima dell’inizio dell’azione della A. per la modifica del
diritto di visita del C. ai figli, per cui esattamente ella aveva adito
il Tribunale di Rieti nel omissis successivo, cioè nei tre mesi dal
mutamento di residenza abituale dei minori, come consentito dall’art. 9
del Regolamento CE citato, che sancisce, per tale limitato periodo di
tempo, la ultraattività della preesistente residenza abituale dei
minori, come criterio di collegamento per individuare tra le autorità
giudiziarie degli Stati della U.E., quella avente giurisdizione in caso
di trasferimento di uno dei coniugi con i figli in altro Stato membro
della comunità.Peraltro, il concetto di residenza abituale dei
minori, come centro di vita e di relazioni degli stessi, corrisponde a
fatti accertabili dal solo giudice del merito la cui decisione non è
censurabile per cassazione se motivatamente accertata, (Cass. 19
ottobre 2006 n. 22507 e 10 ottobre 2003 n. 15145): la Corte d’appello
ha ricostruito le circostanze relative alla vita di M. e M. C.,
evidenziando che essi avevano sempre vissuto a omissis fino alla
separazione dei genitori e solo nel omissis erano stati condotti in
omissis dalla madre, che si era impegnata in sede di separazione a
rimanere in Italia e a risiedervi con i figli.Ad avviso dei
giudici di merito, la A. aveva dedotto, nel ricorso introduttivo
dell’azione da lei iniziata dinanzi al Tribunale di Rieti nel settembre
2006 che, a quella data, ella aveva intenzione di trasferire la
residenza propria e dei figli in omissis e non che il trasferimento era
già avvenuto.In sostanza, alla data di tale ricorso (5 – 15
settembre 2006), poteva presumersi sussistere ancora lo stabile
rapporto dei minori con la casa familiare in omissis, la quale nel
omissis precedente, con la omologazione, era stata assegnata alla
madre, perché continuasse a vivervi con i figli.Alla data della
domanda di modifica dell’affidamento dei figli da parte del C. (13
ottobre 2006), lo stesso, avendo appreso dal ricorso della moglie per
la prima volta la intenzione di lei di trasferirsi con i figli in
omissis, ben poteva ritenere sussistere la giurisdizione del Tribunale
di Rieti, ai sensi degli artt. 8 e 9 del Regolamento CE 2201/2003,
potendo egli escludere, in base alle notizie fornite dalla controparte,
che fossero già decorsi tre mesi dal cambio di residenza abituale dei
minori, per cui egli pure poteva fruire della ultraattività della
giurisdizione italiana di cui al citato art. 9 del Regolamento CE,
facendo decorrere il termine trimestrale, per i principi del giusto
processo e del contraddittorio, dalla intervenuta comunicazione a lui
della mutata abituale residenza dei minori, ancora non avvenuta secondo
le deduzioni del ricorso della A. all’inizio del mese di omissis.A
tale conoscenza fa del resto chiaro riferimento l’art. 10 del medesimo
Regolamento CE, per il caso di “illecito” trasferimento all’estero dei
minori, che, per tale sua natura, deve presumersi non conosciuto da chi
agisce per la modifica delle condizioni della separazione consensuale
ex artt. 711 e 710 c.p.c.Correttamente quindi il C. ha chiesto
al giudice italiano, l’affidamento in via esclusiva dei figli M. e M.,
a rettifica di quanto concordato con la moglie nella separazione
consensuale, nel termine di tre mesi dalla data in cui egli ha avuto
consapevolezza del possibile trasferimento della residenza abituale dei
minori in omissis, ai sensi dell’art. 9 del Regolamento CE,
indipendentemente dalla illiceità del mutamento della dimora abituale
operato da controparte in violazione degli accordi di separazione, come
accertato in sede penale.Se l’autonomia dei due ricorsi delle
parti, riuniti dal Tribunale di Rieti, esclude che la donna abbia
accettato la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda di
affidamento esclusivo del C., sulla quale anzi ella ha sollevato subito
l’eccezione di difetto di giurisdizione, con conseguente
inapplicabilità dell’art. 12 del Regolamento per radicare i poteri
cognitivi sulla domanda nel giudice italiano, certamente sussiste la
connessione e litispendenza delle due cause riunite dinanzi al giudice
italiano con quella di divorzio iniziata da A. successivamente dinanzi
al Tribunale di Helsinki, che ha espressamente riconosciuto detta
connessione.L’art. 19 del Regolamento CE più volte citato
chiarisce che nei casi di litispendenza e/o connessione, l’autorità
giudiziaria adita successivamente, deve dichiarare la propria
incompetenza a favore di quella investita della stessa questione o di
questione connessa, anche se può emettere i provvedimenti urgenti di
cui all’art. 20 nell’interesse dei minori.Nel caso,
correttamente il Tribunale di Helsinki ha dato le disposizioni urgenti
relative ai minori C., riconoscendo però la giurisdizione del giudice
italiano preventivamente adito sull’affidamento oggetto della domanda
del padre e sul diritto di visita oggetto dell’azione della madre, non
potendosi accogliere la deduzione di cui al ricorso principale sulla
differenza tra le questioni proposte ai due giudici dei diversi Stati
membri, apparendo esse almeno strettamente connesse se non identiche in
rapporto al carattere accessorio di esse nel processo di divorzio, con
conseguente applicabilità della disciplina che precede, per cui
competente è comunque il giudice adito per primo e quindi quello
italiano.Se è vero che si è esattamente tenuto distinto il
diritto di visita dall’istituto dell’affidamento, in rapporto al
trasferimento all’estero o al mancato rientro di minori, che non si
ritengono sottratti illecitamente all’altro genitore allorché
l’allontanamento avviene ad opera dell’affidatario con il quale i
minori devono convivere come nel caso (Cass. 2 luglio 2007 n. 14960, 14
luglio 2006 n. 16092 e 5 maggio 2006 n. 10374), non è però contestato
che tale mobilità internazionale e mutabilità della residenza abituale,
era stata convenzionalmente esclusa dai coniugi nelle condizioni da
loro concordate della separazione, tanto che la ricorrente, come già
detto, è stata anche condannata penalmente per mancata esecuzione
dell’accordo omologato dal Tribunale di Rieti e ai sensi dell’art. 388
c.p. Esattamente la Corte d’appello ha qualificato “illecito” il
mancato rientro dei minori in Italia, rilevando come il C. non avesse
agito nella fattispecie in base alle Convenzioni dell’Aja del 1970 e
1980, per ottenere il ritorno dei figli nella casa familiare, con il
ripristino del suo diritto di visita a mezzo dell’Autorità centrale di
cui a tali accordi e ai sensi della L. 15 gennaio 1994 n. 64 di
ratifica di essi, per cui la presente azione ha potuto continuare e non
s’è dovuta sospendere in attesa dell’esito del procedimento di rientro
dei figli (Cass. 15 ottobre 1997 n. 10090).La rilevata
violazione degli accordi di separazione, per effetto del trasferimento
in omissis della residenza propria e dei minori ad opera della madre,
in rapporto alla giurisdizione, comporta l’applicabilità dell’art. 10
del Regolamento più volte citato, per cui resta competente a decidere
della responsabilità genitoriale sui minori il giudice della pregressa
residenza abituale dei minori fino alla data dell’acquisizione della
nuova residenza, finché non sia decorso “un anno” da quando chi aveva
diritto a chiedere il ripristino del diritto di visita o il rientro, ha
avuto conoscenza del cambio di residenza, per cui, anche per tale
profilo, va affermata la giurisdizione del giudice italiano, da
confermare in questa sede, con il rigetto del ricorso principale sulla
questione relativa.È infatti infondata anche la censura di cui
al secondo motivo di ricorso principale, avendo esattamente la Corte di
merito richiamato le citate Convenzioni de L’Aja, ratificate con la
legge n. 64 del 1994, per riaffermare la sua giurisdizione, anche se
non in collegamento all’art. 10 del Regolamento CE citato, essendo
rilevante la circostanza che l’A. si fosse rivolta al giudice italiano
nel omissis, informando della sua intenzione di trasferirsi all’estero
solo in questa data e così rimettendo in termini il C. per proporre al
giudice italiano la domanda di affidamento esclusivo (terzo motivo di
ricorso), fermo restando il corretto richiamo alla decisione
interlocutoria dei giudici finlandesi sui minori e alla litispendenza e
connessione rilevata da costoro, che ancora una volta comporta il
potere di decidere dei giudici italiani (quarto motivo).4.2. Il
quinto e sesto motivo di ricorso sono da ritenere invece fondati nei
limiti che seguono, in rapporto alla mancata audizione dei figli nel
presente procedimento, destinato a regolare in via esclusiva o
prevalente interessi primari degli stessi minori, anche se M. ha
compiuto omissis anni nel periodo tra la riserva della decisione e la
pubblicazione del decreto impugnato (marzo 2008), mancando in questo
atto ogni pronuncia motivata, anche di rigetto, sulla richiesta del
P.G. del luglio 2007 di audizione dei due adolescenti e di ulteriore
istruzione della causa, prima di decidere sulla modifica dello
affidamento esclusivo alla madre concordato a giugno del 2006,
riconoscendolo in favore del solo padre nel luglio 2008 dopo soli due
anni dalla precedente soluzione (sull’obbligo di motivazione in ordine
alla richiesta di audizione dei minori e al rigetto di essa, cfr. Cass.
23 luglio 2007 n. 6899).Invero i minori che, ad avviso di
questa Corte non possono considerarsi parti del procedimento (in tal
senso sembra, sia pure con aperture, Cass. 10 ottobre 2003 n. 15145),
sono stati esattamente ritenuti portatori di interessi contrapposti o
diversi da quelli dei genitori, in sede di affidamento o di disciplina
del diritto di visita del genitore non affidatario e, per tale profilo,
qualificati parti in senso sostanziale (così C. Cost. 30 gennaio 2002
n. 1).Costituisce quindi violazione del principio del
contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto
dei minori oggetto di causa, censurato in questa sede, nella quale
emergono chiari gli interessi rilevanti dei minori che sono in gioco
nella vertenza e avrebbero resa necessaria la loro audizione (sul
rilievo di tali interessi per la denuncia del vizio processuale del
mancato ascolto dei minori cfr. Cass. 12 giugno 2007 n. 13761 e 18
giugno 2005 n. 13173, non rilevando i principi di insindacabilità della
decisione di non procedere all’ascolto dei minori, in caso di
potenziale dannosità di essa per i soggetti non sentiti, di cui a Cass.
27 luglio 2007 n. 16753, in difetto di qualsiasi pronuncia dei giudici
di merito in tal senso).L’audizione dei minori che, nel
procedimento per il mancato illecito rientro nella originaria residenza
abituale, non è imposta per legge, in ragione del carattere urgente e
meramente ripristinatorio della situazione di tale procedura (Cass. 4
aprile 2007 n. 8481 e 19 dicembre 2003 n. 19544), anche in tale
procedura si è però ritenuta in genere opportuna, se possibile (Cass. 4
aprile 2007 n. 8481 e la citata n. 15145 del 2003). Tale audizione era
prevista dall’art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo di
New York del 1991 che ritiene sussistere, in caso di riconoscimento
della capacità di discernimento del minore, il diritto di questo “di
esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo
interessa”, dandogli la possibilità “di essere ascoltato in ogni
procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguarda”.In base
a tale norma sovranazionale l’ascolto dei minori oggetto del
procedimento nelle opposizioni allo stato di adottabilità si è ritenuto
di regola necessario (Cass. 9 giugno 2005 n. 12168, 26 novembre 2004 n.
22235, 21 marzo 2003 n. 4124, 16 luglio 2000 n. 9802, tutte al seguito
di Cass. 13 luglio 1997 n. 9802).L’audizione dei minori nelle
procedure giudiziarie che li riguardano e in ordine al loro affidamento
ai genitori è divenuta comunque obbligatoria con l’art. 6 della
Convenzione di Strasburgo sullo esercizio dei diritti del fanciullo del
1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003 (Cass. 16 aprile 2007 n.
9094 e 18 marzo 2006 n. 6081), per cui ad essa deve procedersi, salvo
che possa arrecare danno al minore stesso, come risulta dal testo della
norma sovranazionale e dalla giurisprudenza di questa Corte (la citata
Cass. n. 16753 del 2007).La citata Convenzione di Strasburgo
prevede che ogni decisione relativa ai minori indichi le fonti di
informazioni da cui ha tratto le conclusioni che giustificano il
provvedimento adottato anche in forma di decreto, nel quale deve,
tenersi conto della opinione espressa dai minori, previa informazione a
costoro delle istanze dei genitori nei loro riguardi e consultandoli
personalmente sulle eventuali statuizioni da emettere, salvo che
l’ascolto o l’audizione siano dannosi per gli interessi superiori dei
minori stessi (in tal senso Cass., ord. 26 aprile 2007 n. 9094 e la
giurisprudenza sopra richiamata).In conclusione, il quesito
conclusivo del quinto motivo di ricorso può avere risposta positiva, in
rapporto alla dedotta violazione dell’art. 6 della Convenzione di
Strasburgo, ratificata dalla legge n. 77 del 2003 e dell’art. 155
sexies c.c., introdotto dalla Legge 8 febbraio 2006 n. 54, dovendosi
ritenere necessaria l’audizione del minore del cui affidamento deve
disporsi, salvo che tale ascolto possa essere in contrasto con i suoi
interessi fondamentali e dovendosi motivare l’eventuale assenza di
discernimento dei minori che possa giustificarne l’omesso ascolto, con
conseguente fondatezza anche del sesto motivo d’impugnazione nei limiti
ora indicati e necessità di cassare l’intero decreto in rapporto alla
dedotta omissione dei giudici di merito.Neppure rileva in
questa sede il tentativo del tribunale di Rieti di ascoltare i minori
non andato a buon fine in un contesto nel quale però il primo giudice
si è dichiarato incompetente a provvedere sull’affido dei figli al
padre.4.3. Restano quindi assorbiti tutti gli altri motivi del ricorso principale e quello incidentale.
Sarà
il giudice del rinvio che potrà tenere conto se sussistente della
volontà manifestata dai minori di rimanere a vivere con la madre
(settimo motivo) e dovrà rivalutare l’affermata idoneità del C. e
essere affidatario dei figli (ottavo motivo).L’esigenza di
audizione dei due minori per interpellarli sul loro affidamento, in
ordine al loro ambiente di vita in omissis e in omissis e sulla
capacità della madre di esercitare la potestà genitoriale, comporta
assorbimento anche del nono e decimo motivo di ricorso, in rapporto
all’assegnazione della casa familiare e all’eventuale sanzione ai sensi
dell’art. 709 ter c.p.c. alla A., per inadempimento delle condizioni
della separazione (undicesimo e dodicesimo motivo).Anche i due
motivi di ricorso incidentale, in quanto relativi alla revoca del
contributo al mantenimento dei figli a carico del padre, di cui alla
separazione consensuale, e alla condanna della madre a contribuire al
mantenimento dei figli, devono riservarsi al giudizio di rinvio,
all’esito dell’istruttoria da compiere e previa valutazione
dell’interesse dei minori.5. In conclusione questa Corte,
riuniti i due ricorsi contro lo stesso decreto della Corte d’appello di
Roma, deve rigettare i primi quattro motivi di quello principale,
confermando la giurisdizione del giudice italiano, e accogliere il
quinto e sesto motivo, che censurano la omessa audizione immotivata dei
due minori prima della modifica dell’affidamento in favore del padre,
con conseguente cassazione del decreto impugnato e assorbimento degli
altri motivi della impugnazione principale e di quella incidentale e
rinvio della presente causa ad altra sezione della stessa Corte
d’appello di Roma in diversa composizione, perché si pronunci sulle
domande delle parti, procedendo alla necessaria istruttoria e
provvedendo su di esse e sulle spese del presente giudizio di
cassazione.P.Q.M.
La
Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso della A. e, confermata
la giurisdizione del giudice italiano, accoglie il quinto e sesto
motivo della stessa impugnazione, dichiarando assorbiti i residui
motivi di questa e quella incidentale del C.; cassa il decreto
impugnato in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte
d’appello di Roma in diversa composizione, perché si pronunci sulle
domande delle parti, previa convocazione dei minori per la loro
audizione, decidendo anche la disciplina delle spese del presente
giudizio di legittimità.