Affitti, via alla cedolare. Comuni: è allarme conti
Ai nastri di partenza è la prima ad arrivare, portandosi dietro però una nutrita
serie di dubbi. Non a caso l’hanno definita la «cedolare semi-secca» visto che
per tassare il reddito da immobili non c’è più l’aliquota unica al 20% prevista
nel testo originario del decreto del governo. Di aliquote ora ce ne sono due,
una al 21% e l’altra al 19%, a seconda della tipologia del contratto (affitti
liberi o vincolati). La certezza è che entrerà in vigore da subito per
consentire ai sindaci di approntare i bilanci preventivi 2011 con calcoli meno
approssimativi. Almeno in teoria. Perché in realtà i dubbi, come detto, restano.
Proprio al capitolo risorse, infatti, ci sono ancora evidenti limiti alla
capacità impositiva autonoma dei primi cittadini, ovvero l’essenza stessa della
nuova normativa. Un esempio? Il fondo sperimentale di riequilibrio che almeno a
livello di intenzioni, dovrà garantire la cosiddetta «devoluzione ai Comuni
della fiscalità immobiliare». In parole più semplici, perrmettere agli enti
locali di ottenere risorse in vista del fondo perequativo, previsto tra tre
anni, che accompagnerà a regime la riforma. Parliamo del fondo che sarà
alimentato da un quinto della cedolare secca sugli affitti, dall’Irpef sui
redditi fondiari e dal 30% delle altre imposte sul mattone. Al momento non è
possibile ancora sapere quali risorse andranno ad ogni singolo Comune: secondo
gli esperti, bisognerà attendere un decreto del Viminale, d’intesa con il
ministero dell’Economia. Solo così, ad esempio, sarà possibile stabilire
l’esatto funzionamento del fondo, a cominciare dalla separazione della quota di
tasse sul mattone che lo alimenterà da quella che invece sarà destinata al
Comune in cui si trova l’immobile tassato. Ma è tutto il capitolo tributario del
decreto che attende i necessari chiarimenti. È il caso ad esempio del
provvedimento più forte, almeno al momento, della riforma, la cedolare secca. Le
incognite da sciogliere sono almeno due: il meccanismo di opzione tra la
cedolare o il mantenimento dell’attuale tassazione Irpef; e il regime di
sanzioni che si applicheranno per la mancata registrazione dei contratti di
locazione. Sul primo punto gli esperti suggeriscono che l’opzione venga definita
anno per anno, al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi. Ma
c’è chi sostiene che potrebbe essere fissata all’atto della registrazione visto
che già da quest’anno scompare l’imposta di registro per il canone concordato.
Quanto alle sanzioni, non ci sono elementi di certezza. Nel senso che mancano
riferimenti normativi specifici. C’è chi osserva che al Fisco nulla è precluso e
che di conseguenza in mancanza di una sanatoria esplicita, gli accertamenti
possono risalire fino a cinque anni dalla nuova registrazione, con tutto il
carico di dsanzioni arretrate che la cosa comporta. Al di là delle specifiche
tecniche, molte critiche si sono registrate sia da parte degli inquilini sia da
parte della Cgil sul nuovo meccanismo che regolerà gli affitti. Per il Sunia, ad
esempio, il federalismo fiscale determina un regalo netto alla proprietà
immobiliare più ricca di almeno 1,5 miliardi di euro senza alcun beneficio agli
inquilini. Secondo la Cgil, con la cedolare secca sugli affitti la perdita di
gettito rispetto alle attuali entrate supererà il miliardo di euro.