Aggi di riscossione alla Corte Costituzionale
Nella Gazzetta ufficiale Corte Costituzionale del 5 dicembre 2012 è stata pubblicata l’ordinanza di rimessione alla Consulta n. 271 della Commissione tributaria provinciale di Roma, relativa all’art. 17 del DLgs. 112/99, nella parte in cui, di fatto, impone al contribuente di pagare gli aggi di riscossione nella misura ridotta del 4,65% se egli, comunque, versa entro i termini di pagamento della cartella.
Ora la disciplina è mutata, ma, per le ragioni che seguono, le censure di incostituzionalità mosse dalla Provinciale possono ritenersi attuali.
La norma richiamata, nel sistema pregresso, prevedeva che il contribuente raggiunto da una cartella di pagamento dovesse necessariamente versare il 4,65% dei compensi di riscossione in ogni caso, e il totale (pari al 9% delle somme iscritte a ruolo) se gli importi fossero stati corrisposti in un momento successivo.
Ciò viola la capacità contributiva, siccome il compenso di riscossione, essendo dovuto a prescindere da una qualsivoglia attività di riscossione ad opera di Equitalia, nient’altro è che una imposta mascherata da compenso. Del resto, all’agente della riscossione spetta in ogni caso il rimborso delle spese per le attività di esecuzione svolte.
Si ipotizzi un grande contribuente che riceve una cartella da riscossione frazionata dell’importo vicino al milione di euro: l’aggio può essere pari anche a decine di migliaia di euro, e, se le somme vengono pagate subito, Equitalia incassa queste migliaia di euro semplicemente per aver emesso una cartella (lavoro non molto dispendioso, visto che essa recepisce senza la minima motivazione i contenuti del ruolo). Ecco perché si può parlare di imposta camuffata da compenso.
Posto che la situazione è quella descritta, i giudici affermano che il sistema impone il pagamento di un tributo in violazione dell’art. 53 della Costituzione, in maniera del tutto svincolata dalla capacità contributiva.
Inoltre, nel caso esaminato dai giudici l’aggio è espressione di un modello di riscossione del tutto irrazionale, posto che il contribuente raggiunto da un accertamento, a meno che non avesse optato per acquiescenza o accertamento con adesione, avrebbe dovuto necessariamente attendere la cartella di pagamento stante l’impossibilità di pagare subito il dovuto, quindi avrebbe per forza dovuto corrispondere l’aggio a Equitalia.
Ora, per imposte sui redditi/IVA/IRAP opera l’art. 29 del DL 78/2010, quindi le somme possono essere versate entro il termine per il ricorso senza alcun aggio, che sarà a totale carico del contribuente solo in ipotesi di ritardo nel versamento.
Principio valido anche nel sistema attuale
Il sistema è simile per le cartelle di pagamento scaturenti da liquidazioni/controlli formali della dichiarazione, nonché da accertamenti emessi sulle imposte d’atto, con la differenza che, in entrambi i casi, è possibile corrispondere le somme prima del ruolo, e quindi evitare gli aggi.
Le censure di costituzionalità mosse dalla Provinciale, però, non vengono meno, siccome l’aggio è sempre un’imposta sganciata dalla capacità contributiva, non può essere considerata una sorte di sanzione impropria dovuta al fatto che il contribuente non ha pagato prima del ruolo. Non a caso, altresì per gli accertamenti sulle imposte d’atto, tale condotta è già sanzionata nella misura del 30%, applicandosi la sanzione da omesso versamento.
L’art. 17 del DLgs. 112/99 ora è stato modificato, ma i termini della questione non cambiano, perché in futuro (i decreti attuativi devono essere adottati entro la fine del 2013) il contribuente non dovrà più pagare, a seconda delle ipotesi, il 4,65% o il 9% delle somme iscritte a ruolo, ma un importo derivante dai costi emergenti dal bilancio certificato di Equitalia.
Tale rimborso di costi (che sono gli “eredi” dell’aggio) vanno corrisposti per il 51% in caso di versamento entro i termini della cartella, per l’intero in ipotesi contraria.