Al debutto la class action contro le pubbliche amministrazioni
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 17
dicembre, ha approvato il testo del decreto legislativo di attuazione
dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009 n. 15, in materia di ricorso
per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi
pubblici, ossia di quella che viene correntemente indicata come class
action, intendendosi per essa un’azione giudiziaria intrapresa da un
gruppo di consumatori o di utenti per ottenere il risarcimento del
danno nei confronti di un produttore di beni o servizi, o di più
produttori se la contestazione ha per oggetto l’illegittimità di un
accordo finalizzato a danneggiare i consumatori o gli utenti: per
esempio tenendo artificiosamente alto il prezzo di un bene o di un
servizio di largo consumo. Scopo di questa azione, derivata dagli Stati
Uniti dove è vista con terrore dalla grande industria, periodicamente
costretta a risarcimenti da capogiro per aver messo in commercio un
prodotto difettoso o dannoso alla salute, è ottenere il ristoro dei
cosiddetti mass torts (danni di massa) derivanti dal comportamento
illegale di un’azienda o di un gruppo di aziende che dovessero
coalizzarsi contro i consumatori.
Il provvedimento fa seguito
alla class action nei confronti delle imprese private, introdotta nel
nostro ordinamento giuridico dal comma 446 dell’articolo 2 della legge
24/12/2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), che ha aggiunto l’articolo
140-bis al decreto legislativo 6/9/2005, n. 206 (codice del consumo).
Va premesso che il decreto recentemente approvato contiene una norma
che, di fatto, relega questo tipo di class action nel ruolo di
un’azione meramente dimostrativa e nel migliore dei casi propedeutica
rispetto a quella che ha per oggetto ciò che più sta a cuore al
consumatore o all’utente defraudato dalla pubblica amministrazione o
dal concessionario di un pubblico servizio: il risarcimento del danno;
il sesto comma dell’articolo 1, infatti, stabilisce che “Il ricorso
non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti
e dai comportamenti di cui al comma 1; a tal fine, restano fermi i
rimedi ordinari”. Ciò significa che i consumatori intenzionati a far
valere le loro ragioni in termini risarcitori dovranno rifarsi alle vie
giudiziarie ordinarie: la class action, quindi, al più comporterà,
oltre ad una -si spera- migliore gestione del servizio contestato, una
censura o altro provvedimento disciplinare a carico di qualche
funzionario incapace o negligente.
Il provvedimento si snoda in otto articoli, il cui contenuto può essere così riassunto.
Legittimazione attiva
Il ricorso può
essere proposto, oltre che da un gruppo di utenti o di consumatori,
anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri
associati.
Legittimazione passiva
L’art. 1 del
provvedimento prevede che la class action possa essere esercitata nei
confronti delle Amministrazioni pubbliche (con eccezione delle Autorità
amministrative indipendenti, degli organi costituzionali e
giurisdizionali e della Presidenza del Consiglio dei Ministri), nonché
nei confronti dei concessionari di servizi pubblici, se dalla
“violazione degli obblighi contenuti nelle carte dei servizi, dalla
violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi
generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi
obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o
da un regolamento, o dalla violazione degli standard qualitativi ed
economici stabiliti dalle Autorità preposte alla regolazione ed al
controllo del settore, derivi la lesione diretta, concreta e attuale di
interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei” per una pluralità di
utenti e consumatori.
Dal punto di vista operativo, il ricorso è
proposto nei confronti degli enti i cui organi sono competenti a
esercitare le funzioni o a gestire i servizi cui sono riferite le
violazioni e le omissioni. L’ente intimato informa immediatamente della
proposizione del ricorso il dirigente responsabile di ciascun ufficio
coinvolto, il quale può intervenire nel giudizio.
Giudice competente
I giudizi aventi ad
oggetto la class action sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo (TAR, Tribunale Amministrativo Regionale) e le
questioni di competenza sono rilevabili anche d’ufficio.
Il procedimento
Il ricorrente (art.
3) deve preventivamente notificare una diffida all’amministrazione o
al concessionario, invitandolo ad effettuare, entro novanta giorni,
gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati. La diffida è
notificata all’organo di vertice dell’amministrazione o del
concessionario, che assume senza ritardo le iniziative ritenute
opportune, individua il settore in cui si è verificata la violazione,
l’omissione o il mancato adempimento, e cura che il dirigente
competente provveda a rimuoverne le cause. Tutte le iniziative assunte
sono comunicate all’autore della diffida, con le pubbliche
amministrazioni tenute a determinare, per ciascun settore di
competenza, il procedimento da seguire in seguito alla notifica di una
diffida.
Una volta decorso il termine di cui sopra senza che il
destinatario abbia provveduto ad eliminare la situazione denunciata (o
abbia provveduto solo parzialmente), può essere presentato il ricorso,
ciò che va fatto entro un anno dalla scadenza dei novanta giorni. Il
ricorrente ha l’onere provare sia la notifica della diffida che la
scadenza del termine assegnato per provvedere, e deve dichiarare nel
ricorso la persistenza, totale o parziale, della situazione
denunciata. La diffida di cui sopra può essere sostituita,
ricorrendone i presupposti, dalla risoluzione non giurisdizionale della
controversia ai sensi dell’articolo 30 della legge 18/6/2009, n. 69,
che tutela l’utente di servizi pubblici. Nel qual caso, se non si
raggiunge la conciliazione delle parti, il ricorso dev’essere proposto
entro un anno dall’esito di questo procedimento.
Del ricorso è
data notizia sul sito istituzionale del Ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione, nonché sul sito istituzionale
dell’amministrazione o del concessionario intimati.
L’udienza
di discussione del ricorso è fissata d’ufficio in una data compresa tra
il novantesimo e il centoventesimo giorno successivo a quello di
pubblicazione della notizia di cui sopra. I soggetti che si trovano
nella medesima situazione giuridica del ricorrente possono intervenire
nel termine di venti giorni liberi prima dell’udienza di discussione
del ricorso.
La sentenza
Il giudice, se accerta
la violazione, l’omissione o l’inadempimento lamentato dal ricorrente,
ordina alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi
rimedio entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali,
finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica; nel giudizio sulla sussistenza
della lesione dell’interesse lamentato dal ricorrente, infatti, si
tiene conto anche delle risorse strumentali, finanziarie e umane
concretamente a disposizione delle parti intimate.
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Della sentenza che definisce il giudizio è data notizia sul sito
istituzionale del Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione, nonché sul sito istituzionale dell’amministrazione o del
concessionario intimati.
La sentenza che accoglie la domanda
nei confronti di una pubblica amministrazione è comunicata, dopo il
passaggio in giudicato, alla Commissione per la valutazione, la
trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche e
all’Organismo indipendente di valutazione della performance, di cui
agli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 27/10/2009, n. 150, alla
Procura Regionale della Corte dei conti, nonché agli organi preposti
all’avvio del giudizio disciplinare e a quelli deputati alla
valutazione dei dirigenti coinvolti, per l’eventuale adozione dei
provvedimenti di rispettiva competenza. La sentenza che accoglie la
domanda nei confronti di un concessionario di pubblici servizi è
comunicata all’amministrazione vigilante per le valutazioni di
competenza in ordine all’esatto adempimento degli obblighi scaturenti
dalla concessione e dalla convenzione che la disciplina.
L’amministrazione, una volta individuati i soggetti che hanno concorso
a cagionare la situazione di cui alla sentenza, adotta i conseguenti
provvedimenti. Le misure adottate in ottemperanza alla sentenza sono
pubblicate sul sito istituzionale del Ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione e sul sito istituzionale
dell’amministrazione o del concessionario soccombente in giudizio.
Se l’inadempimento persiste
In caso
di perdurante inottemperanza di una pubblica amministrazione si può
ricorrere al Consiglio di Stato ai sensi del primo comma, n. 4),
dell’art. 27 del Regio Decreto 26/6/1924, n. 1054.
Preclusioni
Il ricorso non può
essere proposto se un organismo con funzione di regolazione e di
controllo istituito con legge dello Stato e preposto al settore
interessato ha instaurato e non ancora definito un procedimento volto
ad accertare le medesime condotte oggetto dell’azione di cui al ricorso
medesimo, né se, in relazione alle medesime condotte, sia stato
instaurato un giudizio ai sensi degli articoli 139, 140 e 140-bis del
codice del consumo di cui al decreto legislativo 6/9/2005, n. 206.
Se un procedimento o un giudizio di cui sopra sono iniziati dopo la
proposizione del ricorso, il giudice di questo ne dispone la
sospensione fino alla definizione del procedimento o del giudizio. In
seguito al passaggio in giudicato della sentenza che definisce nel
merito il giudizio instaurato ai sensi dei citati articoli 139 e 140,
il ricorso diviene improcedibile. In ogni altro caso dev’essere
riassunto entro centoventi giorni dalla definizione del procedimento di
cui sopra, o dalla definizione con pronuncia non di merito sui giudizi
instaurati ai sensi degli stessi articoli 139 e 140.
Entrata in vigore
L’entrata in vigore
del provvedimento è scaglionata nel tempo. In particolare, è previsto
che le disposizioni del decreto si applichino ai fatti verificatisi
successivamente al:
a) 1° gennaio 2010, per le amministrazioni e gli enti pubblici non economici nazionali;
b) 1° aprile 2010, per le amministrazioni e gli enti pubblici non economici regionali e locali;
c) 1° luglio 2010, per i concessionari di servizi pubblici;
d) 1° ottobre 2010, per le amministrazioni, gli enti pubblici non economici e i concessionari di servizi pubblici di cui alle lettere a), b) e c), che svolgono funzioni o erogano servizi in materia di tutela della salute o in materia di rapporti tributari.
Monitoraggio del provvedimento
L’art. 6 stabilisce che la Presidenza del Consiglio dei Ministri
provveda al monitoraggio dell’attuazione delle disposizioni contenute
nel decreto, anche ai fini degli eventuali interventi correttivi di cui
al terzo comma dell’articolo 2 della legge 4 marzo 2009, n. 15; questa
disposizione, infatti, prevede che, entro 24 mesi dalla data di entrata
in vigore del decreto, il Governo possa adottare eventuali disposizioni
integrative e correttive.