Al minore straniero va rilasciato il permesso di soggiorno quando compie 18 anni Consiglio di Stato , sez. VI, decisione 15.03.2010 n° 1478
Numerose Questure, ad oggi, continuano a non rilasciare il permesso
di soggiorno ai minori stranieri, sottoposti a tutela (art. 343 e
seguenti del Codice Civile) o affidati (legge n. 184/83), al compimento
del diciottesimo anno di età.
La questione fu già
chiarita da una sentenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 198
del 5 giugno 2003), investita dal T.A.R. Emilia Romagna in merito alla
questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, T.U. d.lgs. 286/98
nella parte in cui non prevede che al compimento della maggiore età
possa essere rilasciato un permesso di soggiorno nei confronti dei
minori stranieri sottoposti a tutela, ai sensi dell’art. 343 e seguenti
del Codice Civile.
Il comma 1 dell’art. 32 del d.lgs. 286/98
prevede che “Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui
confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31,
commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2
della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di
soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro
subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura.”
L’interpretazione data a questa norma dalle Questure prevedeva il
rilascio del permesso di soggiorno al compimento del diciottesimo anno
solo per quei minori in possesso di un provvedimento di affidamento ex
art. 4 legge 184/83.
pur dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale,
concluse che “la disposizione del comma 1 dell’ art. 32 del d.lgs. 25
luglio 1998, n. 286, va riferita anche ai minori stranieri sottoposti a
tutela, ai sensi del Titolo X del Libro primo del Codice civile”; “una
interpretazione meramente letterale dell’art 32, comma 1, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286,
condurrebbe ad un sicuro conflitto con i valori personalistici che
caratterizzano la nostra Costituzione ed in particolare con quanto
previsto dall’art. 30, secondo comma, e dall’art. 31, secondo comma, e
determinerebbe fondati dubbi di ragionevolezza”.
Nel
porre sullo stesso piano i provvedimenti di affidamento ex legge 184/83
e di tutela di cui all’art. 343 e seguenti del Codice Civile,
ha dunque dichiarato che la disparità di trattamento sarebbe
illegittima qualora l’art. 32, c. 1 fosse interpretato
restrittivamente. La decisione in merito sembrava aver chiarito
definitivamente la questione, ma una successiva circolare del Ministero
dell’Interno ha sollevato nuovamente dei dubbi interpretativi.
La
circolare del Ministero dell’Interno avente ad oggetto la conversione
dei permessi di soggiorno per minore età afferma che a seguito della
sentenza della Corte Costituzionale sopracitata è stata parificata la
condizione dei minori affidati e di quelli sottoposti a tutela ai fini
della convertibilità del permesso di soggiorno al compimento della
maggiore età. La sentenza fa riferimento alla legislazione in vigore
prima delle modifiche introdotte dalla legge Bossi-Fini, il Ministero
dell’Interno è dell’avviso che i permessi di soggiorno per minore età
rilasciati ai minori divenuti maggiorenni antecedentemente all’entrata
in vigore della legge n. 189/2002 debbano essere convertiti.
Molte
Questure hanno interpretato tale circolare nel senso che i permessi di
soggiorno per minore età rilasciati a minori che abbiano compiuto il
diciottesimo anno successivamente all’entrata in vigore della
nuova legge non debbano più essere convertiti in permessi di soggiorno
per studio o lavoro, e con tale motivazione hanno rigettato le istanze
di rilascio del permesso di soggiorno presentate da minori che si
trovavano in tali condizioni; viene altresì richiesto anche il soddisfacimento dei requisiti previsti dai c. 1-bis e 1-ter dell’art. 32, d.lgs. 286/98 introdotti dalla legge 189/2002
(ingresso in Italia da almeno tre anni, partecipazione a un progetto di
integrazione da almeno due anni ecc.), interpretandoli dunque come
concorrenti anziché alternativi ai requisiti previsti dal comma 1 dello
stesso articolo: sono state infatti rigettate istanze presentate da
minori che soddisfacevano i requisiti stabiliti dal comma
quanto affidati ai sensi della legge 184/83 o sottoposti a tutela, con
la motivazione dell’insussistenza dei requisiti previsti dai c. 1-bis e
1-ter .
Interpretazioni del tutto restrittive
(limitazione ai minori divenuti maggiorenni prima dell’entrata in
vigore della legge 189/2002 e concorrenza dei requisiti previsti dal c.
1 e dai c. 1-bis e 1-ter) non trovano alcun fondamento nella legge, e
sono chiaramente escluse dalla sentenza della Corte Costituzionale. La legge n. 189/2002, infatti, ha effettivamente modificato l’art. 32 del d.lgs. 286/98, ma tale nuova previsione normativa non ha modificato il primo comma dell’art. 32, lo ha bensì integrato.
Per
questi motivi oggi i provvedimenti di rigetto delle istanze di rilascio
di permessi di soggiorno alla maggiore età sono oggetto di numerosi
ricorsi avanti ai tribunali amministrativi italiani.
Consiglio di Stato
Sezione VI
Decisione 2 febbraio – 15 marzo 2010, n. 1478
(Presidente Varrone – Relatore Vigotti)
Sul ricorso numero di registro generale 4510 del
2007, proposto da:
H.
E., rappresentato e difeso dall’avv. Napoleone Bartuli, presso lo
stesso elettivamente domiciliato in Roma, largo G. Gonzaga del Vodice 4;
contro
Ministero dell’Interno in persona del ministro in carica
Questura
di Alessandria in persona del questore in carica, rappresentati e
difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in
Roma, via dei Portoghesi 12;
per la riforma
della
sentenza del TAR PIEMONTE – TORINO Sezione II n. 02987/2006, resa tra
le parti, concernente RIGETTO ISTANZA DI CONVERSIONE PERMESSO DI
SOGGIORNO.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione dell’interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2010 il consigliere Roberta
Vigotti e uditi per le parti l’avv. Contaldi per delega dell’avv.
Bartuli, e l’avvocato dello Stato Basilica.
La sentenza
impugnata ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del
diniego di conversione del permesso di soggiorno per affidamento in
permesso di soggiorno per lavoro subordinato, richiesto dal ricorrente
al raggiungimento della maggiore età. Il questore di Alessandria ha
respinto l’istanza richiamando la normativa in materia di minori non
accompagnati, di cui al comma 1 bis dell’art. 32 d.lgs. n. 286 del
1998, che richiede il compimento di un percorso, almeno biennale, di
integrazione sociale e civile presso una struttura appositamente
dedicata. In realtà, il ricorrente, affidato ai sensi della legge n.
184 del 1983 dal giudice tutelare presso il Tribunale di Alessandria al
fratello e alla cognata regolarmente soggiornanti in Italia, non può
essere considerato minore non accompagnato: come questo Consiglio di
Stato ha avvertito, l’art. 32 comma 1, d.lgs. citato va interpretato
nel senso che il permesso di soggiorno deve essere rilasciato anche
quando il minore sia stato sottoposto a qualsivoglia tipo di
affidamento ai sensi della l. n. 184 del 1983, non solo quello
“amministrativo”, ma anche quello “giudiziario” (rispettivamente, art.
4 commi 1 e 2, l. n. 184 del 1983) e anche quello “di fatto” ai sensi
dell’art. 2 della medesima legge. Invero, l’utilizzo dell’avverbio
“comunque” da parte dell’art. 32 primo comma citato non può avere altro
significato se non quello di intendere l’affidamento in senso ampio,
sia con riguardo all’affidamento effettuato in favore di una famiglia o
una persona singola, sia con riguardo a quello in favore di una
comunità (Consiglio Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2545). La
sentenza impugnata, che ha ritenuto necessario, ai fini della
conversione del permesso di soggiorno, il procedimento di cui all’art.
31 comma 1 bis, che riguarda minori non accompagnati, merita perciò la
riforma chiesta con l’appello che deve, di conseguenza, essere accolto.
Le spese del doppio grado del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sesta sezione,
definitivamente pronunciando sull’appello, lo accoglie e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di
primo grado e annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il
ministero dell’interno e la questura di Alessandria, in solido, a
rifondere all’appellante le spese di lite, nella misura di 6.000 euro
per il doppio grado del giudizio, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.