All’ ergastolo per omicidio moglie, giudice dice no a permesso per andare sulla tomba
”Prego per voi per la vostra mamma e per la vostra sorellina tutti i giorni”. Si chiude con un pensiero ai figli la lettera che Roberto Spaccino, l’ex camionista di Marsciano condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie Barbara Cicioni, ha inviato all’Adnkronos. Spaccino, arrestato alla vigilia dei funerali di Barbara e della piccola Elena che portava in grembo da otto mesi, aveva chiesto di potersi recare sulla tomba della moglie uccisa il 24 maggio 2007 nella loro casa di Compignano di Marsciano. Ma a Spaccino l’autorizzazione è stata negata. Permessi di questo tipo si accordano solo in caso di gravi malattie del congiunto. Così, alla fine delle lunga missiva, Spaccino scrive ”il mio ultimo pensiero, e non posso farne a meno, non può che andare ai miei adorati e amati figli: Niccolò e Filippo. Sappiate che il vostro papà è stato sempre presente, che c’è e ci sarà sempre durante le vostre giornate, non posso essere vicino a voi fisicamente, ma il mio cuore e i miei pensieri sono sempre rivolti a voi. Vi voglio un mondo di bene al punto che darei la mia vita in cambio della vostra felicita. Prego per voi, per la vostra mamma e per la vostra sorellina, tutti i giorni”. Spaccino, che si è sempre dichiarato innocente, scrive che ”nonostante tutto, ho ancora fiducia nella giustizia, spero che la verità possa essere rivelata, che la mia estraneità possa essere provata”. Lui ha ammesso qualche episodio di violenza nei confronti della donna, anche quello che sarebbe accaduto la sera dell’omicidio. Ha raccontato di averle dato una spinta, e di averle ”messo le mani al collo”, durante una discussione causata dalla gelosia di Barbara, ma assicura che quando uscì di casa per andare a fare delle operazioni nella loro lavanderia, lei era ancora in vita. Per l’accusa e due gradi di giudizio invece fu lui ad ucciderla. Spaccino invece si dice vittima di un errore giudiziario, e a questo proposito nella lettera scrive: ”merita compassione chi sbaglia in questo lavoro tanto complicato nel giudicare anime, poiche’ spero non lo fa per scelta, ma per necessità”. Parla anche di altre persone nella sua stessa situazione: ”Vorrei ricordare a tutti coloro che leggeranno questa lettera che ogni anno un certo numero di anime, da 50 a 100, non reggono la mia stessa tortura, lasciano un silenzio rumoroso per familiari, conoscenti e tutte le istituzioni”. Per quanto mi riguarda -scrive ancora Spaccino- ciò che è fondamentale per resistere è la mia innocenza”. Non manca un lungo ringraziamento alla sua famiglia nelle oltre quattro pagine scritte in stampatello. Spaccino scrive: ”la mia famiglia d’origine non mi ha mai abbandonato, per un solo momento, usando tutte le loro forze, oramai da quattro lunghissimi anni”, che ”sacrifica le risorse per far trionfare la verità giudiziaria, perché quella reale gia’ la conoscono, perché ‘sono pane del loro grano”’. Roberto spera che la sua condanna all’ergastolo venga ribaltata dalla corte di Cassazione, presso cui i suoi legali hanno depositato ricorso poco tempo fa, certi dell’innocenza del loro assistito e del fatto che nelle fasi processuali sono stati commessi degli errori.