Amministratore di condominio – durata in carica e cause di rimozione
L’amministratore di
condominio può durare in carica due anni, sempre che non venga deliberata nel frattempo la sua decadenza da parte dell’assemblea. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano con una sentenza del 7 ottobre scorso.
Ma quali sono i casi in cui l’assemblea può deliberare la revoca dell’incarico conferita ad un amministratore di condominio? Un quesito ricorrente fra i tanti proprietari di alloggi, che spesso si ritrovano alle prese con quote condominiali insostenibili e sempre più frequentemente vengono colpiti da atti esecutivi per spese di cui non conoscono fino in fondo nemmeno i motivi.
La recente riforma del Codice civile impone agli amministratori condominiali solo requisiti minimi di competenza. Di qui le forti pressioni dell’opinione pubblica per il varo di norme maggiormente incisive su una questione che sta diventando un’autentica piaga.
Ma ecco quali sono i doveri del buon amministratore che, se violati, possono portare alla decadenza, provvedimento che può scattare in qualsiasi momento, sempre che ve ne siano le condizioni.
Non solo l’Assemblea, ma anche ciascun condomino, ha infatti la facoltà di rivolgersi all’Autorità giudiziaria per richiedere la revoca
dell’amministratore, nel caso in cui questi abbia commesso
“gravi irregolarità”, o se sia stato chiamato in giudizio
per questioni che esorbitano dalla sue attribuzioni e non abbia provveduto a darne tempestivamente notizia all’assemblea.
A titolo di esempio, secondo la legge i casi di “grave irregolarità” per i quali possono essere richiesti al giudice la decadenza dell’amministratore ed eventualmente il risarcimento dei danni causati, possono essere i seguenti.
1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del
rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la
revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti
dalla legge;
2) la mancata esecuzione di
provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di
deliberazioni dell’assemblea;
3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto condominiale;
4) la gestione secondo modalità
che possono generare confusione tra il patrimonio del
condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;
5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione
delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del
condominio;
6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria
per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso
di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;
7) l’inottemperanza all’obbligo di tenuta del registro di anagrafe
condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di
diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice
fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità
immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti
comuni dell’edificio; all’obbligo di tenuta del registro dei verbali delle
assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro
di contabilità e, infine, l’inottemperanza all’obbligo fornire al condomino che
ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri
condominiali e delle eventuali liti in corso;
8) l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei propri dati
anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società,
anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di
anagrafe condominiale e dei verbali di assemblea, nonché i giorni e le ore in
cui ogni interessato, previa richiesta
all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo
rimborso della spesa, copia da lui firmata.In questi casi, dunque, sarà
possibile chiedere ed ottenere dal giudice la revoca dell’amministratore che,
ovviamente, non potrà più essere successivamente nominato amministratore di
quel condominio.