Anche la curatela della ditta fallita deve rispettare i diritti sindacali dei lavoratori
Qualora la curatela di un’impresa soggetta a procedura fallimentare, disponga licenziamenti collettivi senza rispettare le disposizioni sindacali ex lege n. 223/1991, sussisterà l’inefficacia dei licenziamenti medesimi. E’ quanto stabilito dalla Sezione lavoro della Corte di Cassazione, nella sentenza 11 novembre 2011, n. 23665.
Il caso in esame riguardava una lavoratrice alla quale era stato intimato il licenziamento per riduzione del personale dalla Curatela Fallimentare della ditta datrice di lavoro, senza che fosse applicata la disciplina prevista ex L. 223/1991, per via della totale cessazione dell’attività aziendale. Il Tribunale adìto, in funzione di Giudice del Lavoro, accoglieva la domanda proposta dalla lavoratrice, rilevando che doveva essere rispettata la procedura disciplinata dall’art. 4 della legge 223/91, visto il richiamo contenuto nell’art. 24, comma 2, della legge medesima, per cui, non essendo stata attivata la procedura prevista, il licenziamento intimato veniva dichiarato inefficace.
Avverso tale pronuncia, il Fallimento soccombente proponeva appello, ma
la Corte territoriale, condividendo la pronuncia del primo Giudice ne ha confermato la decisione. Proposto ricorso per Cassazione, la Curatela lamentava che la Corte d’Appello non aveva tenuto conto dell’eccezione di decadenza dall’ impugnazione del licenziamento, sollevata dal Fallimento ricorrente ai sensi dell’art. 6 della legge 604 del 1966.
La Suprema Corte ha argomentato che, come già evidenziato in precedenza dal Giudice di prime cure, l’eccezione di decadenza ex art. 6 l. n. 604/66 era stata sollevata dal Fallimento soltanto nelle note conclusive del giudizio di primo grado e, quindi, tardivamente.
Trattandosi, infatti, di un’eccezione in senso stretto (Cass. n. 1788/1997) non rilevabile d’ufficio, essa doveva essere proposta a pena di decadenza, ex art. 416, co. 3, c.p.c., nella memoria difensiva depositata almeno dieci giorni prima dell’udienza (Cass. nn. 12363/07 e 22230/06).
Per tali ragioni, la Curatela Fallimentare è decaduta dal potere di proporre la suddetta eccezione.
A tal riguardo, i Giudici di Piazza Cavour hanno inoltre specificato che, a norma dell’art. 2969 c.c. “La decadenza non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause d’improponibilità dell’azione”.
In effetti, i diritti indisponibili, in relazione ai quali l’art. 2969 c.c. richiede l’intervento d’ufficio del giudice per rilevare l’improponibilità dell’azione per decadenza, sono quelli inderogabili in modo assoluto (diritti della personalità, diritti di famiglia) in ordine ai quali l’interesse all’immodificabilità delle situazioni relative è di prioritario interesse per l’ordinamento giuridico. Orbene, l’eccezione sollevata non può riguardare diritti parzialmente inderogabili che siano tali in un dato momento del loro sorgere o per un certo periodo della loro esistenza, ma non oltre tali momenti, per cui il mancato esercizio della facoltà d’impugnazione relativa potrà essere rilevato su iniziativa della parte interessata.
Nel caso in esame, la decadenza dell’impugnazione del licenziamento del lavoratore ex art. 6 legge n. 604/66 è collegata all’interesse dello Stato alla stabilizzazione dei rapporti pendenti entro un certo tempo e non all’ulteriore, speciale, interesse all’immodificabilità della situazione giuridica protetta dalla decadenza.