Anche la ricca ereditiera ha diritto all’assegno divorzile
Ai fini dell’accertamento del diritto del coniuge all’assegno divorzile, è irrilevante che l’avente diritto abbia ereditato un cospicuo patrimonio immobiliare. Secondo la Cassazione, infatti, è sempre necessario verificare la possibilità per il coniuge richiedente di conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Il chiarimento arriva dalla prima sezione civile della Corte (sentenza n. 23776, depositata il 14 novembre 2011) che si è occupata di un caso di cessazione degli effetti civili di un matrimonio concordatario. I giudici di merito avevano respinto la domanda della ex moglie diretta a ottenere un assegno per il mantenimento e il versamento di una quota del TFR. La decisone veniva riformata dalla Corte di appello di Brescia, che avendo rilevato una significativa sproporzione fra i redditi delle parti, condannava l’ex marito al pagamento di un assegno mensile di euro 508 in favore della moglie, di cui riconosceva anche il diritto a percepire la quota del 40% dell’importo liquidato a titolo di trattamento di fine rapporto. Avverso la decisione, l’uomo proponeva ricorso per Cassazione, denunciando la sostanziale natura reddituale dei proventi della donna, per la reale mancanza di incidenza del detto assegno sul tenore di vita della stessa, attesa la consistenza del reddito dalla stessa percepito nonché quella del suo patrimonio immobiliare, fra l’altro arricchito dalla qualità di erede della madre defunta. Rigettando il ricorso, la Corte ha spiegato che “l’accertamento del detto diritto va effettuato verificando l’adeguatezza o meno dei mezzi del coniuge richiedente alla conservazione di un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio (C. 07/4764, C. 07/1561, C. 05/19446, C. 10210), parametro cui la Corte di appello ha puntualmente dichiarato di volersi attenere (p. 7). Il punto in contestazione, dunque, non attiene tanto alla correttezza del criterio seguito (che per l’appunto non è stato censurato), ma piuttosto alla conseguente valutazione che, nel merito, la Corte di appello ha nel concreto compiuto. Sul punto tuttavia la detta Corte ha sufficientemente motivato la decisione adottata ritenendo che, pur a seguito delle acquisizioni immobiliari della (donna) conseguenti alla morte della madre, perdurasse una significativa sproporzione fra i redditi delle parti, oggettivamente desumibile dalle loro dichiarazioni dei redditi, e che non avessero rilevanza in senso contrario nè la sopraggiunta autonomia delle due figlie (atteso che entrambi i genitori avrebbero tratto beneficio da tale evento), né l’acquisizione della intera proprietà della casa coniugale da parte della F, in ragione del fatto che lo (l’ex marito) manterrebbe la disponibilità di “quasi il doppio delle risorse su cui può contare l’appellante”.