Anche l’uscita di strada senza conseguenze è considerata incidente stradale
Il concetto di incidente stradale non implica necessariamente la produzione di danni a cose proprie o altrui o lo scontro con altri veicoli o comunque il coinvolgimento di terze persone con danni alle stesse, bensì qualunque situazione che esorbiti dalla normale marcia del veicolo in area aperta alla pubblica circolazione, con pericolo per l’incolumità altrui e dello stesso conducente
E’ questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 16 febbraio 2012, n. 6381 con cui è stata risolta una vicenda catalizzata sulla valenza di incidente stradale. Infatti, nel caso di specie l’imputato veniva condannato dalla Corte di appello territoriale per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) aggravato ai sensi del comma 2 bis del Codice della Strada, per aver provocato, guidando in stato di ebbrezza, la fuoriuscita dell’autovettura da lui condotta dalla sede stradale.
Inoltre, insieme alla pena di mesi due di arresto ed € 2.000,00 di ammenda veniva comminata anche la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per un anno con la confisca amministrativa dell’automobile. Le doglianze difensive del ricorrente si concentrano sulla nozione da offrire all’incidente stradale, considerandosi per tale solo la collisione con altri utenti e non già quella di qualsiasi anomalia comportamentale del soggetto.
Al contrario, gli Ermellini non ritengono fondato il ricorso concentrandosi su un concetto ben più ampio di quello di investimento e collisione tra autoveicoli, comprendendo la ben ampia categoria di qualunque situazione che esorbiti dalla normale marcia dell’autoveicolo in area aperta alla pubblica circolazione. Infatti – si legge nella sentenza – si verte nel campo della sicurezza stradale la quale, come tale, esige che anche quelle condotte di guida che pongono a mero rischio l’incolumità pubblica (ivi compresa quella dello stesso guidatore) siano valutate con particolare severità e conseguentemente sanzionate più gravemente. Da qui la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, accompagnata dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.