Anche un solo ceffone al figlio può costare la condanna
Ancora una volta la Corte Suprema torna sul luogo
del delitto all’interno delle mura domestiche a governare educazione e
rapporti endofamiliari.
Questa volta l’attenzione è puntata sui mezzi di correzione e le tecniche di educazione.
Anche un solo schiaffo dato al figlio può essere reato.
Reato di abuso dei mezzi di correzione
I
giudici della V sezione penale, con la sentenza n. 2100 hanno
confermato la condanna per abuso dei mezzi di correzione nei confronti
dei due figli ad un 51enne di Ravenna che era solito riprendere i figli
con schiaffi e calci nel sedere. C’è da aggiungere che sull’uomo,
alquanto recidivo, gravava già una condanna per lesioni personali
volontarie in danno della moglie separata.
Quando scatta il reato
La Cassazione ha sottolineato come anche
lo schiaffo isolato, quando sia vibrato con tale violenza da cagionare
pericolo di malattia è sufficiente a costituire reato di abuso dei
mezzi di correzione. La fattispecie criminosa, insomma, scatta anche in
presenza di lievi percosse come i «calci nel sedere» e le «tirate di
capelli».
Giudizio di merito e reiterazione della condotta
Nel
giudizio di merito la Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la
decisione del gup di Ravenna condannando il padre manesco per abuso dei
mezzi di correzione nei confronti dei figli sostenendo che per fare
scattare la condanna prevista dall’art. 571 c.p. era necessario anche
«un solo fatto». Inutilmente la difesa del padre di famiglia ha fatto
ricorso in Cassazione sostenendo che gli schiaffi non avevano un
carattere «abituale» ma che si era trattato di un singolo episodio
dovuto alla necessità di educare i figli. Tesi naturalmente rigettata
da Piazza Cavour che ha precisato, in proposito, che la «reiterazione» dei mezzi di correzione «è condizione sufficiente ma non indispensabile per l’integrazione del reato il quale può sussistere anche in assenza della stessa ma in presenza di un unico atto espressivo dell’abuso».