Anche uno schiaffo ai figli è reato
Anche un solo schiaffo dato al figlio può essere reato. Parola di
Cassazione che sottolinea come anche l’isolato ceffone «quando sia
vibrato con tale violenza da cagionare pericolo di malattia è
sufficiente a fare avverare l’ipotesi criminosa prevista dell’articolo
571 del codice penale» che punisce l’abuso dei mezzi di correzione.
Inoltre la corte ricorda che lo stesso reato può essere contestato anche
«in presenza della pratica di lievi percosse» come i calci e le «tirate
di capelli». Applicando questo principio, la V sezione penale con la
sentenza numero 2100 ha confermato la condanna per abuso dei mezzi di
correzione nei confronti dei due figli inflitta ad un 51enne di Ravenna
che era solito riprendere i figli con schiaffi e calci nel sedere. Va
detto che l’uomo è stato inoltre condannato per lesioni personali
volontarie in danno della moglie separata. Già la corte d’appello di
Bologna, il 10 febbraio 2009, confermando la decisione del giudice di
udienza preliminare di Ravenna aveva condannato il padre manesco per
abuso dei mezzi di correzione nei confronti dei figli sostenendo che
per fare scattare la condanna era sufficiente anche «un solo fatto».
Inutilmente la difesa del padre di famiglia ha fatto ricorso in
Cassazione sostenendo che gli schiaffi non avevano un carattere
«abituale» ma che si era trattato di un singolo episodio dovuto alla
necessità di educare i figli. Non è stata dunque ritenuta attendibile
la tesi portata avanti dall’avvocato del padre manesco. La cassazione
ha respinto il ricorso e ha ricordato che «anche un solo schiaffo
quando sia vibrato con tale violenza da cagionare pericolo di malattia»
è passibile di condanna. Inoltre, la suprema corte sottolinea che la
«reiterazione dei mezzi di correzione è condizione sufficiente ma non
indispensabile per l’integrazione del reato il quale può sussistere
anche in assenza della detta reiterazione ma in presenza di un unico
atto espressivo dell’abuso». Nel caso in questione, poi, la corte
ricorda che legittimamente i colleghi di merito hanno ritenuto provato
il reato di abuso dei mezzi di correzione «alla luce degli episodi
consistiti in schiaffoni inferti con modalità eccessive, volgari e
trasmodanti per il carattere iroso e incontenibile del padre». In
conclusione gli «ermellini» sostengono che «negare l’abitualità della
condotta vessatoria e nel contempo affermare che l’abuso è consistito
in un ingiustificato eccesso di ripetizione del gesto correttivo non
integra alcuna illogicità di ragionamento».