Anche un’omissione può integrare il reato di favoreggiamento
Una mera omissione che ha come effetto quello di intralciare l’operato
dell’autorità giudiziaria, determinando così il ritardo nella cattura
dell’indagato, fa scattare il reato di favoreggiamento soprattutto se a
compierla è un “addetto ai lavori”. Nel senso che se la condotta
omissiva è del carabiniere, cioè di chi ha il dovere giuridico di
provocare l’intervento dell’autorità, nei confronti dello stesso si
configura di sicuro il reato di cui all’articolo 378 del Codice penale
(Favoreggiamento personale). Lo ha chiarito la Cassazione nella
sentenza 11473/10 con cui ha confermato la misura interdittiva della
sospensione per due mesi dall’esercizio del pubblico ufficio di
carabiniere nei confronti, appunto, di un militare dell’Arma indagato
per favoreggiamento personale. Il pubblico ufficiale, infatti, anziché
rivelare alla polizia giudiziaria il luogo in cui si era nascosto
l’autore di una rapina, aveva contatto la convivente dello stesso, si
era poi incontrato con il ricercato ed aveva consigliato alla compagna
di farlo ricoverare in ospedale dove, poi, era stato arrestato.
Insomma, la condotta contestata dai giudici di merito al carabiniere
era di natura esclusivamente omissiva: omissione manifestata in un
comportamento diretto a ritardare le ricerche dell’indagato e, quindi,
la sua cattura. Tesi condivisa in pieno dalla Suprema corte che, nel
respingere il ricorso del militare, ha sottolineato che «il
favoreggiamento omissivo è configurabile con riguardo a soggetti
intranei alle istituzioni della giustizia penale, nei confronti dei
quali la legge configura una vera e propria posizione di garanzia per
la normalità delle ricerche post delictum». Insomma, il carabiniere col
suo contegno omissivo ha ritardato l’intervento dell’autorità che,
invece, aveva il dovere giuridico di provocare in maniera immediata.