Ancora sul riparto di giurisdizione nei procedimenti di esproprio Consiglio di Stato , sez. IV, decisione 13.01.2010 n° 92
I giudici di Palazzo Spada si trovano, iterum, ad affrontare la tematica concernente il riparto di giurisdizione in materia espropriativa.
Le questioni di giurisdizione avente ad oggetto la tematica de qua, come ricordato dalla sez. IV, possono considerarsi definitivamente risolte a seguito delle decisioni n. 9 e n. 12
del 2007 dell’Adunanza Plenaria, le quali attraggono nella
giurisdizione esclusiva del G.A. tutti i casi in cui la condotta
occupativa sia connessa con l’esplicazione del potere pubblico
concepito in senso ampio.
Sinteticamente è possibile, pertanto, affermare che:
· nella
materia dei procedimenti di esproprio sono devolute alla giurisdizione
amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia
questione – naturalmente anche ai fini complementari della tutela
risarcitoria – di attività di occupazione e trasformazione di un bene
conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, con essa
congruenti e ad essa conseguenti, anche se il procedimento all’interno
del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto
traslativo ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi
dichiarati illegittimi. Sul punto, oltre le citate pronunce
dell’Adunanza Plenaria, si richiamano di questa stessa sezione con sentenza 30 ottobre 2009, n. 6705; sentenza 8 giugno 2009, n. 3509; sentenza 3 settembre 2008, n. 4112; sentenza 30 novembre 2007, n. 6124;
· ben distinto invece – e dunque non equiparabile ai fini del riparto di giurisdizione ai sensi dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998 e delle corrispondenti norme processuali contenute nell’art. 53 del T.U. n. 327/2001 come incisi dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 204/2004 e 191/2006
– è il caso in cui la dichiarazione di p. u. ovvero altri provvedimenti
a contenuto e finalità appropriative della proprietà privata manchino
del tutto, venendo allora in rilievo un mero comportamento per vie di
fatto o, se si vuole, un intollerabile atto d’arroganza, una vera
usurpazione del diritto soggettivo di proprietà, in nessun modo e
nemmeno mediatamente funzionalizzato e rapportato all’esercizio di un
effettivo potere degradatorio e traslativo.
La
Sezione, nelle motivazioni della sentenza in rassegna, ricorda,
peraltro, che anche la Corte di Cassazione distingue il risarcimento
del danno per occupazione espropriativa dal risarcimento del danno da
occupazione radicalmente illegittima ab origine, a causa della
mancanza di dichiarazione di pubblica utilità (Cass. Civ., sez. I, 6
novembre 2008, n. 26615; 8 ottobre 2008, n. 24786).
Infine, in
conformità al principio della domanda, il CdS ritiene che, nell’ipotesi
in cui i proprietari di terreni occupati in via d’urgenza dalla P.A. a
seguito dello scadere dell’efficacia del decreto di occupazione
d’urgenza agiscano in giudizio chiedendo solo il risarcimento dei danni
rinunciando alla restituzione dei terreni, il G.A. possa solo
condannare l’amministrazione al risarcimento; mentre non può ordinare
alla P.A. di addivenire ad un accordo, in base al quale le aree sono
restituite prevedendo che, ove l’ accordo stesso non sia raggiunto
entro il termine all’uopo fissato, la P.A. dovrà emettere un formale e
motivato provvedimento con cui disporrà o la restituzione delle aree a
suo tempo occupate o l’acquisizione dell’area al suo patrimonio
indisponibile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 43 del d.P.R. 327/01.
I giudici di Palazzo Spada si trovano, iterum, ad affrontare la tematica concernente il riparto di giurisdizione in materia espropriativa.
Le questioni di giurisdizione avente ad oggetto la tematica de qua, come ricordato dalla sez. IV, possono considerarsi definitivamente risolte a seguito delle decisioni n. 9 e n. 12
del 2007 dell’Adunanza Plenaria, le quali attraggono nella
giurisdizione esclusiva del G.A. tutti i casi in cui la condotta
occupativa sia connessa con l’esplicazione del potere pubblico
concepito in senso ampio.
Sinteticamente è possibile, pertanto, affermare che:
· nella
materia dei procedimenti di esproprio sono devolute alla giurisdizione
amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia
questione – naturalmente anche ai fini complementari della tutela
risarcitoria – di attività di occupazione e trasformazione di un bene
conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, con essa
congruenti e ad essa conseguenti, anche se il procedimento all’interno
del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto
traslativo ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi
dichiarati illegittimi. Sul punto, oltre le citate pronunce
dell’Adunanza Plenaria, si richiamano di questa stessa sezione con sentenza 30 ottobre 2009, n. 6705; sentenza 8 giugno 2009, n. 3509; sentenza 3 settembre 2008, n. 4112; sentenza 30 novembre 2007, n. 6124;
· ben distinto invece – e dunque non equiparabile ai fini del riparto di giurisdizione ai sensi dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998 e delle corrispondenti norme processuali contenute nell’art. 53 del T.U. n. 327/2001 come incisi dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 204/2004 e 191/2006
– è il caso in cui la dichiarazione di p. u. ovvero altri provvedimenti
a contenuto e finalità appropriative della proprietà privata manchino
del tutto, venendo allora in rilievo un mero comportamento per vie di
fatto o, se si vuole, un intollerabile atto d’arroganza, una vera
usurpazione del diritto soggettivo di proprietà, in nessun modo e
nemmeno mediatamente funzionalizzato e rapportato all’esercizio di un
effettivo potere degradatorio e traslativo.
La
Sezione, nelle motivazioni della sentenza in rassegna, ricorda,
peraltro, che anche la Corte di Cassazione distingue il risarcimento
del danno per occupazione espropriativa dal risarcimento del danno da
occupazione radicalmente illegittima ab origine, a causa della
mancanza di dichiarazione di pubblica utilità (Cass. Civ., sez. I, 6
novembre 2008, n. 26615; 8 ottobre 2008, n. 24786).
Infine, in
conformità al principio della domanda, il CdS ritiene che, nell’ipotesi
in cui i proprietari di terreni occupati in via d’urgenza dalla P.A. a
seguito dello scadere dell’efficacia del decreto di occupazione
d’urgenza agiscano in giudizio chiedendo solo il risarcimento dei danni
rinunciando alla restituzione dei terreni, il G.A. possa solo
condannare l’amministrazione al risarcimento; mentre non può ordinare
alla P.A. di addivenire ad un accordo, in base al quale le aree sono
restituite prevedendo che, ove l’ accordo stesso non sia raggiunto
entro il termine all’uopo fissato, la P.A. dovrà emettere un formale e
motivato provvedimento con cui disporrà o la restituzione delle aree a
suo tempo occupate o l’acquisizione dell’area al suo patrimonio
indisponibile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 43 del d.P.R. 327/01.
Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 27 ottobre – 13 gennaio 2010, n. 92
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2560 del 2009, proposto da:
Enel
Distribuzione Spa in P. e Q.Le Procuratore di Enel Spa, rappresentato e
difeso dagli avv. Marcello Mole’, Vincenzo Petrizzi, Massimo Proto, con
domicilio eletto presso il primo in Roma, via della Farnesina
n.272/274;
contro
Azienda Agricola X.,
di L. D. V. & Css, rappresentata e difesa dagli avv. Patrizia
Silvestri, Alfonso Vasile, con domicilio eletto presso Simona Salazar
in Roma, piazza Oreste Tommasini, 20;
nei confronti di
Regione
Abruzzo, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
per la riforma
della
sentenza del TAR ABRUZZO – PESCARA n. 00948/2008, resa tra le parti,
concernente risarcimento danni per occupazione temporanea d’urgenza di
terreni per costruzione elettrodotto.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell’udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2009 il dott. Armando Pozzi
e uditi per le parti gli avvocati Molè e Vasile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
*
La Azienda Agricola X., proprietaria di alcuni terreni a destinazione
agricola e artigianale (catasto del Comune di Montesilvano fg. 19 part.
13, 92, 96 e 201; catasto del Comune di Cappelle sul Tavo fg. 1 part.
29, 30, 31, 32, 61, 70, 111, 121 e 137), chiese il risarcimento del
danno, l’indennità di occupazione e la declaratoria della cessazione
della sua proprietà e dell’acquisizione da parte dell’Enel e della
Regione di detta proprietà a seguito di procedura per occupazione di
detti terreni per la realizzazione di due linee elettriche, aeree e
interrate.
All’occupazione, infatti, prevista per la durata
tre anni, non fecero seguito i decreti di costituzione di servitù di
elettrodotto per i terreni interessati dalle linee aeree e di
espropriazione per le aree interessate dalle linee sotterranee e dai
basamenti dei piloni.
* Con lo stesso ricorso
l’Azienda ha chiesto, il pagamento in solido, da parte della Regione e
dell’Enel spa, dell’indennità di occupazione temporanea d’urgenza
relativa al periodo dal 26 – 27 giugno 1996 al 26 – 27 giugno 1999,
data di scadenza dell’occupazione legittimamente dispost.
Il TAR, con la sentenza n. 948/2008 ha:
–
dichiarato in via preliminare il proprio difetto di giurisdizione in
favore del giudice ordinario in ordine alla domanda per ottenere
l’indennità di occupazione d’urgenza per il periodo di occupazione dal
26 – 27 giugno 1996 al 26 – 27 giugno 1999.
– accolto il
ricorso come da motivazione, e, per l’effetto, ha condannato l’Enel spa
al risarcimento del danno patito dalla ricorrente, ai sensi dell’art.
35, comma 2, del D. Lgs. n.80/98, con i criteri e le modalità stabilite
nella stessa motivazione.
* In estrema sintesi, il
Tribunale, dopo un’accurata ricostruzione delle vicende
giurisprudenziali relative all’istituto dell’accessione invertita ed al
suo declino per effetto degli interventi della CEDU, ha statuito che:
a) – l’art. 43 del nuovo T. U. n. 327/2001 si riferisce anche alle
occupazioni sine titulo già sussistenti alla data di entrata in vigore
del medesimo testo unico ( richiamandosi al riguardo: Cons. St., Ad.
Pl. n. 2 del 2005; Cons. St., Sez. IV, 16 novembre 2007 n. 5830; idem,
27 giugno 2007, n. 3752; idem, 21 maggio 2007, n. 2582; TAR Sardegna,
31 gennaio 2008 n. 83); b) – corollario del sistema delineato dall’art.
43 é il principio per cui il trasferimento della proprietà del bene non
può connettersi – come pretendeva l’azienda ricorrente – alla
unilaterale volontà del privato di abdicare al proprio diritto,
riservando infatti l’articolo 43 alla valutazione discrezionale della
Pubblica Amministrazione la decisione di emettere il decreto di
acquisizione sanante, potere discrezionale che verrebbe inevitabilmente
vanificato ove si ammettesse una scelta unilaterale del privato; c) –
il quantum del risarcimento fosse determinato dall’Enel ai sensi
dell’art. 35, comma 2, del D. Lgs. 80/98 alla luce dei seguenti criteri
generali: c.1 ) entro il termine di sessanta giorni – decorrente dalla
comunicazione o notifica della sentenza – l’amministrazione e la
ricorrente avrebbero potuto addivenire ad un accordo per la
restituzione delle aree , concordando le modalità di restituzione,
oppure ad un accordo in base al quale la proprietà delle aree si
trasferiva dalla ricorrente all’Enel con corresponsione della somma
specificamente individuata nell’accordo stesso per il trasferimento di
proprietà, prendendo a riferimento il valore venale del bene; c.2 )
negli stessi termini si doveva provvedere a quantificare il
corrispettivo per la servitù di elettrodotto da costituirsi formalmente
sui terreni interessati, tenendo conto di quanto stabilito
dall’articolo 16 della l. r. n. 83 del 1988, ma unicamente come valore
base, con conseguente risarcimento di ogni danno ulteriore, previa
congrua motivazione; c.3 ) in caso di mancato accordo l’Enel – entro i
successivi sessanta giorni – avrebbe dovuto emettere un formale e
motivato provvedimento con cui disporre o la restituzione delle aree a
suo tempo occupate, o l’acquisizione dell’area al suo patrimonio
indisponibile, ai sensi dell’art. 43 del Testo Unico, oltre che
costituire la servitù di elettrodotto; c.4 ) nel caso di acquisizione
ex art. 43, l’Enel avrebbe dovuto risarcire il danno corrispondendo il
valore venale dell’immobile spettante in base alle disposizioni del
citato testo unico (valore venale, rivalutazione e interessi moratori),
tenendo conto dei criteri previsti dall’art. 43, comma 6, del Testo
unico e facendo riferimento alla data dalla quale è configurabile
l’inizio dell’illecito; c.5 decorsi inutilmente tutti i termini
stabiliti dal TAR l’azienda ricorrente avrebbe potuto chiedere al TAR
l’esecuzione della sua decisione.
* Avverso tale sentenza ha proposti appello l’ENEL s.p.a., deducendo:
–
il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo non solo per la
liquidazione della indennità di occupazione legittima, ma anche per il
risarcimento del danno da occupazione illegittima;
–
l’inapplicabilità dell’art.43 del T. U. sulle espropriazioni alle
ipotesi in cui la occupazione del fondo e la irreversibile
trasformazione dello stesso siano avvenuti anteriormente all’entrata in
vigore di detta disposizione;
– l’impossibilità da parte dell’Enel Spa di emettere l’atto di acquisizione delle aree;
–
l’errore in giudicando per violazione del divieto di extrapetizione e
di ultrapetizione per essersi accolta una domanda in realtà non
proposta in primo grado, dove il ricorrente aveva chiesto il
risarcimento del danno conseguente ad avvenuta perdita di proprietà di
parte dei terreni per accessione invertita; la sentenzaq, al contrario,
ha disposto il risarcimento del danno nonostante la declaratoria della
permanenza del diritto di proprietà in capo al privato, ai sensi
dell’art. 43 T. U. Espropriazione. .
* L ‘Azienda
Agricola X. si è costituita proponendo a sua volta appello incidentale
condizionato, per il risarcimento dei danni da perdita di terreno (
basamenti per tralicci ) e perdita di valore dei fondi per presenza di
elettrodotto.
* L’Enel ha illustrato i motivi d’appello con memoria del 15 ottobre 2009.
Alla pubblica udienza del 27 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1
– Il primo motivo d’appello, concernente difetto di giurisdizione
sollevato dall’Enel con riguardo alla domanda non solo indennitaria per
il periodo di occupazione legittima ma anche risarcitoria per il
periodo successivo alla sua scadenza è infondato.
Come anche
di recente osservato da questa Sezione la questione della giurisdizione
per le controversie come quella in esame, infatti, può ormai
considerarsi definitivamente risolta a favore del G.A., a seguito della
decisione 30 luglio 2007, n. 9 dell’Adunanza Plenaria e dalla
successiva sentenza n. 12/2007 della stessa Adunanza di questo
Consiglio.
Ha osservato al riguardo l’Adunanza Plenaria che nei
procedimenti – come quello in controversia – non governati, ratione
temporis, dalle norme sostanziali del T.U. n. 327 del 2001 , la
dichiarazione di pubblica utilità è l’atto autoritativo che fa emergere
il potere pubblicistico in rapporto al bene privato e costituisce, al
tempo stesso, origine funzionale della successiva attività, sia essa
giuridica che materiale, di utilizzazione dello stesso per scopi
pubblici previamente individuati.
In questo quadro, le vicende
patologiche del procedimento, quali la mancata adozione del
provvedimento espropriativo entro il termine fissato a monte dalla
predetta dichiarazione ( ovvero, la protrazione dell’occupazione oltre
il termine biennale di efficacia previsto dall’art. 73 della legge n.
2359 del 1865 ) non sembra poter dequalificare la valenza giuridica di
un’attività appunto espletata nel corso e in virtù di un procedimento,
che la dichiarazione ha ab origine funzionalizzato a scopi specifici e
concreti di pubblica utilità.
2 – Rispetto ai casi di
illegittimità sopravvenuta del procedimento la stessa Adunanza ha
ravvisato “ evidenti punti di contatto “ con quelle che si determinano
a seguito dell’annullamento in s.g. della dichiarazione di pubblica
utilità, in quanto in entrambi i casi gli effetti retroattivi
naturalmente conseguenti alla pronuncia demolitoria o quelli derivanti
dalla mancata conclusione del procedimento non sembrano poter
travolgere a posteriori il nesso funzionale che ha comunque legato
l’attività dell’Amministrazione alla realizzazione del fine di
interesse collettivo individuato all’origine.
Ben distinto
invece – e dunque non equiparabile ai fini del riparto di giurisdizione
ai sensi dell’art. 34 del D. L.vo n. 80 del 1998 e delle corrispondenti
norme processuali contenute nell’art. 53 del T.U. n. 327 del 2001 come
incisi dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 204/2004 e
191/2006 – è il caso in cui la dichiarazione di p. u. ovvero altri
provvedimenti a contenuto e finalità appropriative della proprietà
privata manchino del tutto, venendo allora in rilievo un mero
comportamento per vie di fatto o, se si vuole, un intollerabile atto
d’arroganza, una vera usurpazione del diritto soggettivo di proprietà,
in nessun modo e nemmeno mediatamente funzionalizzato e rapportato
all’esercizio di un effettivo potere degradatorio e traslativo.
3
– È stato pertanto ritenuto che nella materia dei procedimenti di
esproprio sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le
controversie nelle quali si faccia questione – naturalmente anche ai
fini complementari della tutela risarcitoria – di attività di
occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una
dichiarazione di pubblica utilità, con essa congruenti e ad essa
conseguenti, anche se il procedimento all’interno del quale sono state
espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia
caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi. Sul
punto, oltre le citate pronunce dell’Adunanza plenaria, si richiamano
di questa stessa sezione le sentenze 30 ottobre 2009, n. 6705; 8 giugno
2009, n. 3509; 3 settembre 2008, n. 4112; 30 novembre 2007, n. 6124 ).
4
– D’altra parte, anche la Corte di Cassazione distingue fra
risarcimento del danno per occupazione espropriativa, dal risarcimento
del danno da occupazione radicalmente illegittima “ab origine” a causa
della mancanza di dichiarazione di pubblica utilità ( Cass. Civ., sez.
I, 6 novembre 2008 , n. 26615 ed ivi ulteriori citazioni; 8 ottobre
2008, n. 24786 ).
Appare utile richiamare, al riguardo, la
puntuale ricostruzione operata dalla sentenza delle Sezioni Unite, n.
14794 del 2007 – seguita tra le altre dalle sentenze n. 10444, n.
19501, n. 26374 e n. 30254 del 2008, n. 16093 del 2009, n. 21470 del
2009, tutte rese a S.U. – là dove viene delineato, riguardo alla
giurisdizione in tema di azioni di risarcimento del danno da
occupazione appropriativa, un esauriente quadro di ricostruzione del
succedersi delle ipotesi di giurisdizione correlate a ormai note
vicende normative e giurisprudenziali.
Il predetto quadro è stato così delineato:
a)
le controversie in materia di occupazione appropriativa iniziate in
periodo ancora antecedente al 1 luglio 1998, rientrano nella
giurisdizione del giudice ordinario, secondo l’antico criterio di
riparto diritti soggettivi – interessi legittimi;
b) le stesse
controversie, se iniziate nel periodo corrente dal 1 luglio 1998 al 10
agosto 2000, data di entrata in vigore della legge n, 205 del 2000,
restano attribuite al giudice ordinario, per effetto della sentenza n.
281 del 2004 della Corte Costituzionale, che, ravvisando nel D.Lgs. n.
80 del 1998, art. 34 anteriormente alla riscrittura operata con la L.
n. 205 del 2000, art. 7 un eccesso di delega, dichiarò
l’incostituzionalità delle nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva;
c)
le predette controversie sono invece attribuite alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo se iniziate a partire dal 10
agosto 2000, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, art.
34, come riformulato dalla citata legge n. 205 del 2000, art. 7;
d)
la stessa giurisdizione, infine, sara’ giustificata dal D.P.R. N. 327
del 2001, art. 53, se la dichiarazione di pubblica utilita’ sia
intervenuta a partire dal 1 luglio 2003, data di entrata in vigore del
T.U. sulle espropriazioni.
5 – In sostanza, solo
il ristoro discendente da mere condotte illecite ex art. 2043 c.c. –
come è il caso, ad esempio, dell’ occupazione di aree non comprese
nell’originario progetto dell’opera pubblica – e non anche
dall’adozione di atti illegittimi costituisce un’ipotesi di
risarcimento da comportamento materiale ingiusto, con conseguente
devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario (Cons.
stato, sez. IV, 20 luglio 2009 , n. 4571 il quale richiama anche anche:
Cass. civ., sez. un., 20 marzo 2008, nr. 7442; id., 19 aprile 2007, nr.
9323; id. 15 giugno 2006, nr. 13911).
6 – Quanto agli
altri motivi d’appello, è da rilevare come il TAR, dopo un’accurata
ricostruzione relativa all’istituto ormai abbandonato dell’accessione
invertita, superato dalle pronunce della CEDU, dalla normativa
comunitaria e da quella interna introdotta con l’articolo 43 del TU n.
327/2001, 13, ha rilevato come nel caso di specie, parte ricorrente ha
dato per scontato l’avvenuto trasferimento della proprietà, chiedendone
in via giudiziaria l’accertamento e il conseguente risarcimento per
equivalente, pari al valore venale dell’area, in tal modo manifestando,
peraltro, la volontà di rinunciare alla proprietà o, comunque, un
intento contrario a quella di ottenere la restituzione del fondo
medesimo. Contestualmente, il TAR ha rilevato che la stessa parte ha
chiesto l’accertamento, da un lato, della perdita della proprietà
rispetto ai beni inutilizzabili in quanto edificati dall’Enel spa (
piattaforme per tralicci, cabine elettriche, ecc. ) e d’altro lato la
costituzione di servitù per le parti dei terreni comunque parzialmente
utilizzabili.
7 – Con riferimento alle predette domande il
Giudice di primo grado ha osservato, correttamente, come tale
manifestazione implicita di rinuncia alla proprietà del fondo non fosse
idonea di per sé ad operare il trasferimento del fondo stesso alla luce
della nuova normativa sulle espropriazioni di cui all’articolo 43 del
T. U. n. 327/2001.
Si tratta di statuizione del tutto corretta alla luce dell’insegnamento di questa Sezione.
L’art.
43 – come già evidenziato nella decisione dell’Adunanza Plenaria n. 2
del 2005 e ribadito da una serie di pronunce di questa Sezione nn. 3725
e 2582 del 2007, n. 5830 del 2007, n. 5856 del 2008 ( sub p. 10 della
motivazione ) – si riferisce anche alle occupazioni sine titulo già
sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico.
All’applicazione
dell’articolo 43 citato, introdotto nel sistema anche al precipuo scopo
di dare alle Amministrazioni una “legale via d’uscita” prima non
riconosciuta dalla giurisprudenza anche per le situazioni non definite
in via amministrativa o giurisdizionale, non è di ostacolo l’art. 57
del medesimo testo unico, il quale è riferito ai «procedimenti in
corso» ed ha previsto norme transitorie unicamente per individuare
l’ambito di applicazione della riforma in relazione alle diverse fasi
‘fisiologiche’ del procedimento.
Il medesimo art. 57, invece,
non ha limitato neanche per implicito l’ambito di applicazione
dell’art. 43, che è del tutto incompatibile e di contenuto opposto a
quello delle norme che riguardano i «procedimenti in corso», perché
riguarda fattispecie in cui risulta scaduto il termine entro il quale
poteva essere emesso il decreto di esproprio, ovvero è stato annullato
un atto del procedimento ablatorio, e non può esservi la dichiarazione
di pubblica utilità de futuro di un’opera già realizzata.
8
– Sulla base di tali corrette premesse – alla luce delle quali è
infondato il secondo motivo d’appello relativa alla inapplicabilità al
caso di specie del citato art. 43 del T. U. – il Tribunale
Amministrativo ha stabilito che, avendo la parte ricorrente
implicitamente rinunciato alla restituzione del bene, chiedendo
esclusivamente il risarcimento del danno per equivalente, “ in ogni
caso però tale rinuncia implicita, come non è idonea a trasferire la
proprietà in capo all’amministrazione, non può privare quest’ultima
della facoltà di far cessare la situazione di illecita occupazione
restituendo l’area nelle condizioni precedenti all’intervento “; con la
conseguenza che “ Nel caso in cui l’amministrazione decidesse di
restituire le aree (sgombere dalle opere) non farebbe altro che far
cessare la situazione illecita causativa del danno e sarebbe comunque
tenuta al risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo sino
al momento della restituzione del bene . Ciò anche alla luce del fatto
che le risultanze del giudizio non hanno ben specificato se e su quali
particelle della ricorrente la realizzazione dei lavori ha comportato
una effettiva irreversibile trasformazione e se alcuni appezzamenti
possano essere restituiti al proprietario senza compromettere
l’esistenza e la funzionalità dell’opera pubblica ivi realizzata,
ovvero se su alcuni terreni sia sufficiente la costituzione di una
servitù “.
9 – Dopo avere ulteriormente precisato che
“ parte ricorrente ha richiesto il risarcimento per la perdita
definitiva del bene pari al valore venale dell’immobile, e altresì il
risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo dello stesso “
il TAR ha cos^ statuito:” entro il termine di 60 giorni ….
l’amministrazione e la ricorrente potranno addivenire ad un accordo, in
base al quale le aree sono restituite, concordando le modalità di
restituzione, oppure potranno addivenire ad un accordo in base al quale
la proprietà delle aree viene trasferita dalla ricorrente all’Enel ed
alla ricorrente medesima è corrisposta la somma specificamente
individuata nell’accordo stesso per quanto riguarda il trasferimento di
proprietà, prendendo come riferimento il valore venale del bene………….b)
ove tale accordo non sia raggiunto entro il termine, l’Enel – entro i
successivi sessanta giorni – dovrà emettere un formale e motivato
provvedimento con cui disporrà o la restituzione delle aree a suo tempo
occupate, o l’acquisizione dell’area al suo patrimonio indisponibile,
ai sensi dell’art. 43 del Testo Unico, oltre che costituire la servitù
di elettrodotto “.
10 – Si tratta di conclusioni che
urtano contro quanto chiesto e prospettato dal ricorrente in primo
grado, il quale aveva espressamente rinunciato alla restituzione dei
terreni, limitandosi a chiedere il risarcimento del danno. In altri
termini, rispetto all’alternativa offerta dall’art. 35, del d.lgs n. 80
del 1998, come riformulato dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, tra
reintegrazione in forma specifica e risarcimento per equivalente, gli
interessati avrebbero esercitato una opzione a favore della seconda,
precludendosi così la via alla domanda al risarcimento in forma
ripristinatoria ( Cons, St., sez. V, 3 maggio 2005 , n. 2095; sez. IV,
27 marzo 2009 , n. 1858 ).
Ha pertanto ragione, per questa parte
della sentenza, l’ENEL nel lamentare che essa non avrebbe potuto né
dovuto disporre su eventuali atti di acquisizione sanante, per i quali,
oltre a non essere competente la società stessa, non sussisteva alcuna
domanda in tal senso nel ricorso di primo grado.
In questi
limitati ambiti l’appello merita accoglimento e per l’effetto vanno
annullate le parti della sentenza di primo grado in cui impongono
all’ENEL di emanare un atto formale volto all’acquisizione dell’area in
questione, ovvero a provvedere alla restituzione delle aree medesime,
ferme restando le altre statuizioni del TAR.
L’accoglimento solo
parziale dell’appello comporta l’inammissibilità del ricorso
incidentale proposto dalla parte appellata e la compensazione delle
spese ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, accoglie in parte il ricorso, nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2009 con l’intervento dei Signori:
Costantino Salvatore, Presidente
Luigi Maruotti, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Armando Pozzi, Consigliere, Estensore
Anna Leoni, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13/01/2010.