Annullamento del provvedimento impugnato inutile: permane diritto al risarcimento
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha riformato la decisione del Tar Campania n. 16615/2010 nella quale era stato rigettato il ricorso presentato da una società che si era collocata al sesto posto della graduatoria, in una gara della quale si chiedeva la rinnovazione. Il Consiglio di Stato ha ritenuto l’appello fondato per violazione del principio di trasparenza di cui all’art. 97 Costituzione poiché i verbali non contenevano indicazioni in ordine al soggetto affidatario dei plichi contenenti la documentazione della gara, e quindi attestando la carenza delle doverose misure di custodia delle offerte.
Nella seconda parte della pronuncia il Consiglio di Stato evidenzia che sia il ricorso al Tar che l’appello erano stati proposti in ragione dell’interesse della società ricorrente ad ottenere la rinnovazione della gara, a cui poter in seguito partecipare. Rileva inoltre che non era stata avanzata alcuna richiesta di risarcimento dei danni subiti, né di declatoria di inefficacia del contratto stipulato dall’amministrazione pubblica col soggetto aggiudicatario che, peraltro, risulta in avanzato stato di esecuzione. Il Consiglio richiama l’art. 34 del codice del processo amministrativo, che al comma terzo recita “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”. Siffatto principio impedisce l’annullamento di atti che nel corso della causa hanno esaurito i loro effetti, tutelando nel contempo l’interesse del ricorrente all’accertamento.
In particolare il comma V del predetto articolo legittima la proposizione dell’istanza risarcitoria fino ai 120 giorni successivi al passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso sull’azione di annullamento. Il Consiglio di Stato, nella fattispecie, desume l’interesse della ricorrente a fini risarcitori dalla natura e dagli atti della controversia, precisando inoltre che l’eventuale danno risarcibile si suddistingue in: danno emergente (spese e costi sostenuti per la partecipazione alla gara), lucro cessante (10% del valore dell’appalto), ulteriore percentuale del valore dell’appalto a titolo di perdita di chance.
Il Consiglio ha quindi accolto il ricorso, oltre che per l’accertata violazione del principio di trasparenza, riconoscendo d’ufficio l’interesse della ricorrente a fini risarcitori, in quanto nel caso di specie sono risultati presenti tutti i presupposti per un’eventuale sentenza da rendere ai sensi del comma terzo dell’art. 34 c.p.a.