Assicurazione RC avvocato: una soluzione per le clausole “claims made”
Ne deriva il rischio, a carico del professionista assicurato, di trovarsi sprovvisto di copertura assicurativa per il caso in cui la richiesta di risarcimento, pur essendo riferita a fatti risalenti al tempo dell’assicurazione, pervenga all’avvocato in un’epoca in cui il rapporto assicurativo sia cessato. Rischio al quale si può ovviare attraverso l’inserimento in polizza di apposite clausole, definite sunset clause(“clausole del tramonto”) o tail-coverage o (“copertura della coda”), che tuttavia sono assai costose.
La sentenza del Tribunale di Rovigo offre, prima di tutto lo spunto per evidenziare la distinzione tra c.d. clausola claims made “pura” e “spuria”.
La clausola claims made è pura allorché garantisce tutte le richieste di risarcimento pervenute durante il tempo dell’assicurazione, con la conseguenza che la copertura assicurativa risulterà estesa anche per le eventuali condotte negligenti tenute nel passato, la cui azione risarcitoria non sia ancora prescritta (dieci anni). In questo caso, non si assiste ad una vera e propria limitazione della garanzia ma, più semplicemente, uno spostamento convenzionale del periodo di copertura, con la conseguenza che ne essere esclusa la natura vessatoria.
La claims made c.d.spuria, invece, garantisce le richieste di risarcimento pervenute durante il periodo di assicurazione e, inoltre, limita anche la c.d. “retroactive date”, ossia l’estensione alle condotte negligenti tenute dal professionista nel passato: in definitiva, la copertura riguarderà le richieste di risarcimento pervenute durante il periodo di assicurazione, relative a condotte tenute durante lo stesso periodo o, comunque, un periodo inferiore ai dieci anni (termine di prescrizione).
Secondo il Giudice lombardo, solo le clausole claims made spurie, limitando la copertura assicurativa, assumono il carattere della vessatorietà e, ai sensi dell’art. 1341 c.c., il contratto necessita della doppia sottoscrizione, in mancanza della quale la clausola claims made è inefficace.
Quale sono le conseguenze dell’accertata inefficacia della clausola?
Secondo una prima impostazione, sarebbe applicabile l’art. 1419 c.c., con la conseguenza che alla declaratoria di nullità della clausola seguirebbe l’applicazione dell’art. 1917 c.c. che individua il sinistro assicurato in ogni “fatto accaduto durante il periodo di assicurazione”.
Secondo diversa impostazione, la dichiarazione di nullità sarebbe destinata a colpire soltanto la parte vessatoria della clausola, ossia la mancata estensione della claims made ai fatti verificatisi nel decennio precedente alla stipula del contratto.
Il Tribunale di Rovigo non condivide nessuna delle due opzioni ricostruttive e ne propone una terza, secondo cui la clausola claims made non specificamente approvata non è affetta da nulla, ma è semplicemente inefficace, con la conseguenza che deve essere sostituita con la disciplina legale prevista per l’istituto negoziale oggetto di accordo, senza che all’uopo debba trovare applicazione l’art. 1419, co. II, c.c.
Infatti, “l’art. 1419, II comma c.c. prevede uno schema di sostituzione fondato proprio sulla nullità della clausola per violazione di norme imperative, integrata dalla disciplina legale inderogabile; la vessatorietà della clausola, invece, non è un parametro di violazione di una disposizione imperativa, quanto una ammissibile limitazione contrattuale gravante sulla parte debole che è valida ed efficace solo in quanto sia stata sottoposta all’attenzione del contraente attraverso una doppia sottoscrizione”.