Atti del difensore senza il codice fiscale: quali sono le conseguenze? Tribunale Varese, sez. I civile, ordinanza 16.04.2010
Se il difensore non indica il codice fiscale in un atto, tale comportamento non può essere tradotto in una ipotesi di nullità.
Tanto
viene precisato nella recentissima ordinanza del Tribunale di Varese,
ad opera del giudice Buffone, nella quale si legge, altresì, che “in
caso di omessa indicazione del codice fiscale il giudice non deve
pronunciare la nullità dell’atto, ma potrebbe tutt’al più limitarsi
alla sollecitazione di una condotta atta a rimuovere una simile
irregolarità”.
Il Decreto Legge 29 dicembre 2009, n. 193, concernente “Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario”, e conv. nella Legge 22 febbraio
Tale
normativa ha, infatti, ritoccato gli articoli 125, 163 e 167 del codice
di procedura civile, specificando la necessità di indicare negli atti
giudiziari il codice fiscale non solo delle parti – attore e convenuto
– ma anche dell’avvocato che dell’atto è firmatario.
In base a quanto previsto dalla sopra citata normativa:
–
a norma dell’art. 125 c.p.c., 1 comma « Salvo che la legge disponga
altrimenti, la citazione il ricorso, la comparsa, il controricorso , il
precetto debbono indicare l’Ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto,
le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto
nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere
sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure
dal difensore che indica il proprio codice fiscale;
– a norma
dell’art. 163 c.p.c., 3 comma, n. 2 l’atto di citazione deve contenere
« il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale dell’attore, il
nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la
dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li
rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto è una persona
giuridica, un’associazione non riconosciuta o un Comitato, la citazione
deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione
dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
–
a norma dell’art. 167 c.p.c., 1 comma «Nella comparsa di risposta il
convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui
fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie
generalità e il codice fiscale i mezzi di prova di cui intende valersi
e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni».
In
relazione alla produzione del codice fiscale negli atti dei difensori,
come previsto dalla normativa di modifica del nostro sistema, nella
sentenza in commento si legge testualmente che “la grave sanzione
della nullità, per l’omessa indicazione del codice fiscale,
costituirebbe anche un’aporia nella teoria generale delle nullità
processuali.
Il codice fiscale, infatti, ha la precipua
funzione di identificare in modo univoco a fini fiscali le persone
residenti sul territorio italiano (iscrivendo, dunque, il contribuente
nel registro dell’anagrafe tributaria, v. decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 e d.P.R. 2 novembre 1976, n. 784).
Esso, pertanto, non afferisce ai rapporti tra le
parti o tra il giudice e le parti ma alla relazione tra queste ultime e
l’amministrazione finanziaria, cosicché la violazione di una norma che
disciplina un rapporto estraneo al processo non può riverberare i suoi
effetti sul procedimento”.
Nella
decisione in commento il giudice, ricordando anche e soprattutto la
giurisprudenza tributaria sull’argomento della omessa indicazione del
codice fiscale e sulle irregolarità meramente formali, ha, quindi,
precisato che “Non può essere sanzionata con la nullità processuale
l’omessa indicazione del codice fiscale, ma con le sanzioni speciali
previste dalla legislazione vigente”.
Tribunale di Varese
Sezione I Civile
Il giudice istruttore, dott. Giuseppe Buffone,
ha pronunciato, in udienza, la seguente
Ordinanza
nel procedimento civile n. 83/2010
Osserva
Negli atti del difensore e nella procura manca il codice fiscale.
Il
ricorso è stato depositato sotto la vigenza del decreto-legge 29
dicembre 2009, n. 193 (in G.U. del 30 dicembre 2009 ed entrato in
vigore il 31 dicembre 2009, ex art. 5) convertito dalla legge 22
febbraio 2010, n. 24, che ha modificato l’impianto del codice di rito,
per quanto qui interessa, negli artt. 125, 163, 167 c.p.c.,
introducendo nelle disposizioni processuali richiamate l’obbligo di
inserimento del codice fiscale: per l’attore (art. 163, comma III, n. 2
c.p.c.), per il convenuto (art. 167, comma I, c.p.c.) e per il
difensore (art. 125, comma I, c.p.c.).
Va precisato che l’art. 163, comma III, n. 2 richiede anche l’indicazione del codice fiscale delle persone che “rappresentano o assistono” le parti: ma tale aggiunta non va intesa come riferimento agli avvocati
(per cui, infatti, è stato appositamente modificato l’art. 125 c.p.c.)
bensì come richiamo agli istituti della rappresentanza e
dell’assistenza di cui all’art. 182 c.p.c. e, dunque, ai soggetti che,
in virtù di specifiche disposizioni normative, agiscono come sostituti
processuali o rappresentanti legali (ad es. v. art. 273, comma I, c.c.).
L’omessa indicazione del codice fiscale non può tradursi in una ipotesi di nullità.
In
primo luogo, non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di
forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla
legge (art. 156, comma I, c.p.c.); in secondo luogo, il raggiungimento
dello scopo, comunque preclude l’insorgere della patologia invalidante
(art. 156, comma III, c.p.c.).
E’ vero che l’art. 164, comma I,
c.p.c. afferma essere la citazione nulla se omesso o assolutamente
incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’art. 163
c.p.c. (e proprio nel n. 2 si innesta la modifica legislativa con
introduzione dell’obbligo di indicazione del codice fiscale): ma tale
inciso va ricondotto alla identificazione “della persona della parte”,
secondo una interpretazione che sia coerente con il sistema ed
impedisca mere nullità formali non giustificate dalla violazione del
diritto di difesa altrui. Ed, allora, sulla scorta di una
giurisprudenza ben consolidata, la nullità della citazione, ai sensi
dell’art. 163 n. 2, può essere pronunciata soltanto se e quando
l’omissione determini una incertezza assoluta in ordine alla
individuazione della parte, altrimenti l’omissione costituisce una
violazione meramente formale che si traduce in una irregolarità non
invalidante l’atto giudiziale.
Vi è, poi, che la grave sanzione
della nullità, per l’omessa indicazione del codice fiscale,
costituirebbe anche un’aporia nella teoria generale delle nullità
processuali. Il codice fiscale, infatti, ha la precipua funzione di
identificare in modo univoco a fini fiscali le persone residenti sul
territorio italiano (iscrivendo, dunque, il contribuente nel registro
dell’anagrafe tributaria, v. decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 605 e d.P.R. 2 novembre 1976, n. 784). Esso,
pertanto, non afferisce ai rapporti tra le parti o tra il giudice e le
parti ma alla relazione tra queste ultime e l’amministrazione
finanziaria, cosicché la violazione di una norma che disciplina un
rapporto estraneo al processo non può riverberare i suoi effetti sul
procedimento.
In effetti, volendo fornire una interpreazione
coerente e sistematica, deve ritenersi che l’art. 4 d.l. 193/09 (come
convertito), introducendo l’obbligo di indicazione del codice fiscale
in seno agli atti di cui agli artt. 125, 163, 167 abbia di fatto
provocato una estensione dell’ambito applicativo dell’art. 6 d.P.R. 29
settembre 1973, n. 605 (che indica gli “atti nei quali deve essere
indicato il numero di codice fiscale”). Ed, allora, l’omessa
indicazione del codice fiscale non è sanzionata con la nullità
processuale, ma con le sanzioni speciali previste dalla legislazione
vigente (es. art. 13 d.P.R. 605/73, come prima modificato dall’art. 1,
D.P.R. 23 dicembre 1977, n. 955, poi dall’art.
Non
può, peraltro, essere sottaciuto che, invero, secondo la giurisprudenza
tributaria, le irregolarità meramente formali, che non comportano
evasione di imposta, quale l’omessa indicazione del codice fiscale, non
sono più sanzionabili ex art. 10, comma 3 legge 27 luglio 2000 n. 212
(Statuto del contribuente: v., ad es. Commiss. Trib. Centr., Sez. IX,
13 agosto 2001, n. 5983): sarebbe, allora, eccentrico sanzionare in
seno al diritto processuale civile, con la nullità, una condotta che in
seno al suo alveo naturale, quello tributario, non trova più – in linea
di principio – alcuna sanzione.
Per i motivi sin qui esposti, in
caso di omessa indicazione del codice fiscale, delle parti, di chi li
rappresenta o assiste oppure dei difensori, il giudice non deve
pronunciare la nullità dell’atto ma può, tutt’al più, sollecitare una
condotta che vada a rimuovere l’irregolarità
P.q.m.
Visti gli artt. 175 c.p.c., 4 d.l. 193/2009 conv. il l. 24/2010
invita
i
difensori che non lo abbiano ancora fatto ad indicare il codice fiscale
richiesto dagli artt. 125, 163, 167 c.p.c., negli atti ivi indicati
Ordinanza letta in udienza.
Varese, lì 16 Aprile 2010
Il giudice
dott. Giuseppe Buffone
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