Attività di avvocato, richiesta, consulenza, precisazioni Cassazione civile , sez. II, sentenza 11.01.2010 n° 230
Se all’avvocato viene chiesto di studiare una pratica per trovare
una soluzione, al fine di avere un riconoscimento di una qualifica
superiore, e ciò non viene conseguito, il professionista deve
trattenere solo l’acconto, senza ulteriori somme. (1-10)
(1) In tema di responsabilità dell’avvocato domiciliatario, si veda Cassazione civile, sez. II, sentenza 12.10.2009 n° 21589.
(2) In tema di responsabilità dell’avvocato e di perdita di chance, si veda Cassazione civile, sez. II, sentenza n. 12354/09.
(3)
In tema di responsabilità dell’avvocato e della necessitò di corrette
informazioni da parte del cliente, si veda Cassazione civile, sez. III,
sentenza 06.05.2009 n° 8016.
(4) Sul problema del rapporto tra Irap e professione forense, si veda Cassazione civile, sez. tributaria, sentenza 14.04.2009, n° 8834.
(5) Si veda il focus RINALDI, Prestazione d’opera intellettuale: l’art. 2230 c.c..
(6) Si veda anche il focus RINALDI, Responsabilità del professionista: l’art. 2236 c.c. annotato con la giurisprudenza.
(7) In tema di avvocato ed impossibilità a comparire, si veda Cassazione penale, sez. III, sentenza 09.02.2009 n° 5496.
(8) Si veda anche il focus PLENTEDA, La responsabilità professionale dell’avvocato nella recente giurisprudenza.
(9) In tema di limiti del mandato, si veda Corte d’Appello Firenze, sentenza 19.01.2009 n° 60 con nota di PLENTEDA.
(10)
Tra le pubblicazioni più recenti, si veda Plenteda, La responsabilità
dell’avvocato – Rischi risarcitori e strumenti di tutela, Halley, 2008
(collana diretta da Luigi Viola).In dottrina, tra le pubblicazioni, si vedano:
– PLENTEDA, I danni non patrimoniali cagionati dall’avvocato, in La Responsabilità Civile, 2009, 3;
–
TOSCHI VESPASIANI, L’avvocato arriva tardi all’udienza fuori sede:
risarcibilità dei danni da ritardo del treno, in La Responsabilità
Civile, 2008, 10;
– MARICONDA, Prestazione professionale del praticante avvocato e nullità del contratto, in Il Corriere Giuridico, 2007, 5;
–
FOFFA, Responsabilità professionale dell’avvocato per proposizione di
un appello inammissibile, in Danno e Responsabilità, 2007, 11.SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 10 novembre 2009 – 11 gennaio 2010, n. 230
(Presidente Schettino – Relatore Correnti)
Svolgimento del processo
Con
varie citazioni del 1987 e 1988 il dott. proc. L. C., premesso di aver
ricevuto incarichi professionali per ricercare una possibile soluzione
giuridica per far conseguire le funzioni superiori di aiuto, conveniva
i dottori **** per il pagamento dei compensi, detratti gli acconti.Si costituivano i convenuti, resistendo e svolgendo, in parte, riconvenzionali per la restituzione degli importi versati.
Riuniti i giudizi, il Pretore di Bari, con sentenza 10.1.96, rigettava le domande con compensazione delle spese.
Proponeva
appello il C., resistevano gli appellati e la Corte di appello di Bari,
con sentenza n. 1028/05, rigettava il gravame con condanna alle spese,
osservando che l’onorario relativo al mandato era subordinato alla
presa d’atto del provvedimento di assegnazione alle funzioni di aiuto
da parte del CO.RE.CO; che le delibere non erano conformi agli schemi
elaborati dal C., in quanto non prevedevano il riconoscimento del
trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori; che
sostanzialmente i convenuti avevano ammesso la pattuizione di un
compenso di sole lire 1.000.000 per il riconoscimento delle funzioni e
di altre lire 2.000.000 ove fossero stati corrisposti gli arretrati
mentre non vi era prova da parte del C. sul tenore dell’accordo
relativo al corrispettivo.Ricorre il C. con tre motivi e
successiva memoria conclusiva, non svolgono difesa le controparti,
nemmeno dopo la disposta rinotifica del ricorso a S. e B., stabilita
all’udienza del 6.12.2006.Motivi della decisione
Col
primo motivo si deducono violazione del procedimento interpretativo del
contratto, con riguardo ai requisiti e difetto di motivazione perché il
mandato riguardava il riconoscimento e conferimento della qualifica
superiore di aiuto (e di farmacista dirigente per l’Aceto) sia dinanzi
all’organo di gestione che a quello di controllo.Col secondo
motivo si denunzia violazione degli artt. 115 e 116 cpc, 2697, 2698,
1375 cc perché la lettura del Tribunale dei deliberati è esclusa dalle
bozze consegnate agli assistiti l’11.6.1985 ed il Tribunale ignora il
regime degli incarichi perché ogni incarico formale di funzioni
superiori deve regolare il trattamento economico, ai sensi dell’art. 33
dpr n. 3/1957.Col terzo motivo si lamentano violazione degli
artt. 112 e 99 cpc, difetto di motivazione, alterazione dell’oggetto
del mandato e del corrispettivo, violazione degli artt. 1362, 1363,
1366, 1367, 2697 cc, perché gli assistiti vennero edotti circa
l’approvazione delle delibere e l’ulteriore pagamento di lire 2.000.000
non era subordinato alla riscossione degli arretrati, ipotesi nemmeno
prospettabile per l’Aceto.Le tre censure non sono idonee a
confutare la motivazione della sentenza che si fonda sull’assenza di
prova, da parte del C., sull’importo del corrispettivo pattuito, onere
su di lui incombente, in assenza, peraltro, di una analitica e non
contestata notula sulle specifiche incombenze effettuate e sulla
obbligatorietà ed inderogabilità delle tariffe minime, all’epoca
vigente.In particolare, la sentenza impugnata, dopo aver
esaminato diffusamente i rapporti tra le parti alle pagine quattro,
cinque, sei, sette ed otto, ha concluso: “appare plausibile che le
intese sul corrispettivo fossero intervenute nei termini riferiti dai
convenuti. Assorbente è in ogni caso l’argomentazione di cui a pag. 16
dell’impugnata sentenza secondo la quale in difetto di prova da parte
del C. sul tenore dell’accordo relativo al corrispettivo posto a base
della domanda lo stesso può avere efficacia soltanto nei limiti del
riconoscimento dei convenuti”.Se, invero, il rapporto
professionale che lega l’avvocato al cliente comporta una obbligazione
di mezzi e non di risultato, con la conseguenza che la prestazione va
retribuita a prescindere dall’esito conseguito, nella specie la
pacifica circostanza che il non meglio specificato mandato riguardasse
il riconoscimento e conferimento delle funzioni di aiuto e la deduzione
dei convenuti che il compenso era stato indicato in lire 1.000.000
elevabile a lire 3.000.000, in caso di riconoscimento di arretrati,
comportava l’onere dell’attore di provare circostanze specifiche e non
di contrapporre una tesi diversa.Le odierne censure sono
generiche e non autosufficienti, non riportano gli atti richiamati
(vedi secondo motivo circa le bozze consegnate agli assistiti) e non
sono risolutive, costituendo, peraltro, lo schema di deliberazione
prerogativa specifica degli organi amministrativi dell’ente e del
responsabile del procedimento.L’attività del professionista si
traduce, in definitiva, in uno o più pareri, nemmeno espressamente ed
analiticamente indicati e riportati, con riferimento ai quali non si
deduce una violazione di tariffe obbligatorie.In definitiva il ricorso va rigettato, mentre la mancata costituzione delle controparti esime dalla pronunzia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.