Auto blu dei politici: in carcere chi le utilizza per scopi privati
Non si possono utilizzare le auto blu, quelle di servizio dei politici, per scopi privati anche se si tratti di utilizzi sporadici o che siano per la moglie di consigliere o di chi sia. Oltretutto lo stesso personale non è a disposizione oltre gli orari di servizio e soprattutto per servizi che sono estranei ai servizi d’ufficio. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione rilevando che l’ utilizzo
dell’auto di servizio a scopi privati costituisce un danno sia per il costo di carburante sia per il costo
di mercato dell’utilizzo del mezzo sia per le ore di impiego del
personale. Suddetto divieto si estende anche a chi
riveste incarichi in comune e ne fa uso privato anche sporadico.
In particolare, la Sentenza 25537/2009 la VI Sezione penale ha confermato una
condanna per abuso d’ufficio inflitta a un prefetto per aver
disposto e consentito “l’utilizzo di autovetture e personale di
servizio per scopi estranei ai compiti di istituto alla moglie per
accompagnamenti in vari viaggi”. Il prefetto ha fatto ricorso in Cassazione, sostenendo che i viaggi della moglie sull’auto blu non
avrebbero inciso sulle finanze perchè si trattava di viaggi
“sporadici”. Inoltre, ha affermato il prefetto, la moglie ne aveva usufruito
“per autonoma iniziativa ritenendosi autorizzata nella veste di
presidente onoraria della locale sezione femminile della Croce rossa
e che altre volte utilizzava l’auto blu per esigenze istituzionali
della stessa prefettura”.
Sebbene la sesta sezione
penale abbia ridotto la pena da nove a quattro mesi, resta il fatto che c’è stato abuso d’ufficio. Inoltre, “i rilievi della Corte di merito sulla conoscenza
da parte del prevenuto dei movimenti effettuati dalla moglie con la
macchina di servizio da lui fatta predisporre e poi utilizzata dalla
consorte sono basati non illogicamente sull’assenza di elementi
indicativi di criticita’ del rapporto coniugale e sulla generale
cognizione da parte del […] (per il ruolo rivestito e
indipendentemente da specifici momenti di rendicontazione) dei
movimenti delle autovetture disponibili, e risultano decisivamente
corroborati (anche ai fini della piena integrazione dell’elemento
soggettivo del reato) dall’attestazione di espliciti ordini, da lui
dati, di accompagnare la consorte con l’autovettura di servizio”.
In ogni caso, l’abuso d’ufficio è commesso, dunque, non conta tanto l’entità del danno in sé ma
conta il fatto che vi sia stato un ingiusto vantaggio patrimoniale, non giustificabile. Proprio su tale vantaggio, ha spiegato la
Corte, non possono nutrirsi dubbi, tenuto conto dell’oggettivo e non
irrilevante valore economico, del consumo di carburante, del costo
dell’utilizzo del mezzo e delle ore di impegno del personale.
Una simile situzaione era già stata affrontata della Corte con una sentenza della VI Sezione
penale N. 25541, che condannò a 9 mesi di
reclusione per peculato d’uso, un consigliere
comunale del Comune campano di Camigliano per avere fatto
momentaneamente uso personale dell’auto del Comune.