Autovelox: azienda accusata di truffa ai danni degli automobilisti
Scorretta installazione e utilizzo degli autovelox: aperta un’indagine della Procura della Repubblica ai danni di un’azienda, titolare dell’appalto per il rilevamento della velocità delle automobili che si occupava di fornire e installare autovelox in alcuni comuni della città di Cosenza. L’azienda è imputata per truffa poiché provvedeva ad installare gli autovelox, in maniera alquanto nascosta su varie automobili, molte delle quali di proprietà della stessa azienda. In effetti, l’azienda riceveva dai Comuni un compenso che era direttamente proporzionale alle multe effettuate: in poche parole, più erano le multe, più la ditta ci guadagnava, motivo per cui non è stato difficile intuire che l’azienda facesse di tutto – e dunque, anche occultare bene le apparecchiature – al fine di erogare quante più multe possibili. In questo modo gli automobilisti venivano fatti cadere nella ‘trappola’ ed erano multati, mentre le casse comunali e le tasche dell’azienda che noleggia le apparecchiature per rilevare la velocità crescevano sempre più.
I veicoli su cui sono stati installati gli autovelox sono adesso sequestrati al fine di evitare ulteriori “prevedibili esborsi illegittimi da parte degli automobilisti sulla base di un rilevamento automatico della velocità così organizzato”.
L’uso degli autovelox serve essenzialmente ad evitare, per quanto possibile, gli incidenti stradali e non, dunque, ad arricchire le casse dei comuni, come ha ricordato la Cassazione nella sentenza n. 11131 del 13 marzo 2009.
Alcune norme a riguardo:
• Le postazioni di controllo della velocità devono essere segnalate e ben visibili, così come previsto dall’art. 142 del Codice della strada.
• La presenza dell’apparecchiatura di rilevamento della velocità deve essere posizionata almeno 400 m prima del punto in cui l’apparecchio si trova, così come imposto dalla circolare del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2007.
• Le postazioni devono essere segnalate con adeguato anticipo in modo di garantirne il tempestivo avvistamento, così come emerge dal Decreto Ministeriale del 15 agosto 2007 e la circolare del 8 ottobre 2007.
In base a queste norme generali sulla corretta installazione delle apparecchiature, per la Cassazione è sembrata logica la truffa poiché l’attività messa in atto dalla ditta era “intenzionalmente preordinata a trarre in inganno gli automobilisti, in contrasto con lo spirito della normativa in materia diretta a prevenire incidenti più che a reprimere”.
Di seguito, riportiamo il testo integrale della sentenza.
Cassazione Seconda Sezione Penale n. 11131 del 13 marzo 2009
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SECONDA SEZIONE PENALE
composta dai magistrati
dott. Giuseppe Maria COSENTINO Presidente
dott. Franco FIANDANESE Consigliere
dott. Matilde CAMMINO Consigliere
dott. Antonio PRESTIPINO Consigliere
dott. Michele RENZO Consigliere
ha pronunciato in camera di consiglio la seguente
SENTENZA
L. F. E. n. S. F. il 28 m. 19XX
avverso l’ordinanza emessa in data 7 maggio 2008 dal Tribunale di Cosenza
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott.Carmine Stabile, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avv. […] del foro di Cosenza che rinuncia al
ricorso nella parte riflettente il sequestro delle autovetture perché
dissequestrate e per la restante parte chiede raccoglimento del ricorso;
osserva:
F. E. L., legale rappresentante della S. C., ha presentato ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza in data 7 maggio 2008 del Tribunale di
Cosenza con la quale era stata rigettata la richiesta di riesame del
decreto di sequestro preventivo emesso in data 10 aprile 2008 dal
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola e avente ad
oggetto sette autovetture e tutti gli apparecchi di rilevamento della
velocità (autovelox) di proprietà dell’impresa individuale S. C., beni
Utilizzati per l’attività di rilevazione della velocità dei veicoli in
transito nei comuni di Fiumefreddo Bruzio, Belmonte Calabro e
Longobardi. Detta attività, secondo la tesi accusatoria, era
intenzionalmente preordinata a trarre in inganno gli automobilisti, in
contrasto con lo spirito della normativa in materia diretta a prevenire
incidenti più che a reprimere.
Secondo il Tribunale, l’attuale formulazione dell’art.142 cod. str.
(modif. dal D.L. 117 del 3 agosto 2007, conv. dalla legge n.160/2007)
prevede che le postazioni di controllo debbano essere segnalate e ben
visibili. Anche la circolare 3 agosto 2007 del ministero dell’Interno
prescrive la segnalazione almeno 400 metri prima del punto in cui
l’apparecchio di rilevamento della velocità era collocato. Il D.M.15
agosto 2007 e la circolare ministeriale dell’8 ottobre 2007 ribadivano
l’esigenza di segnalare le postazioni di controllo con adeguato
anticipo e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento. Dagli
accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria risultava invece che, nei
tre comuni calabresi peri quali la S. C. era titolare della concessione
per il noleggio delle apparecchiature autovelox, le apparecchiature in
questione erano state ben occultate in autovetture spesso di proprietà
del titolare il quale, ricevendo un compenso parametrato su ogni
verbale di infrazione per il quale era riscossa la relativa sanzione,
era interessato ad incrementare le riscossioni. Veniva pertanto
ritenuto sussistente il reato di truffa, mentre il periculum in mora
era individuato nei prevedibili ulteriori esborsi illegittimi da parte
degli automobilisti sulla base di un rilevamento automatico della
velocità così organizzato.
Con il ricorso presentato dal L. tramite il suo difensore si deduce
l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché la
totale mancanza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti,
affermato nell’ordinanza impugnata senza tener conto delle risultanze
processuali e della documentazione prodotta dalla difesa e omettendo
qualunque indagine sull’elemento psicologico del reato ipotizzato.
Il ricorso è inammissibile.
In relazione al sequestro delle autovetture, restituite con
provvedimento del 29 giugno 2008, il difensore all’odierna udienza ha
formalmente rinunciato ai ricorso così manifestando il venir meno
dell’interesse da parte del ricorrente. Le deduzioni difensive comunque
nel loro complesso sono generiche e manifestamente infondate.
Va infatti premesso che -secondo quanto affermato più volte da questa
Corte, anche a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932,
Ivanov; 28 gennaio 2004 n.5876, p.c.Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28
maggio 2003 n.25080, Pellegrino)- il ricorso per cassazione avverso le
ordinanze emesse a norna degli artt.322 bis e 324 c.p.p. in materia di
sequestro preventivo e di sequestro probatorio (in quest’ultimo caso
per effetto del rinvio operato dall’art.257 c.p.p. all’art.324 c.p.p.)
può essere proposto esclusivamente per il vizio di violazione di legge,
comprendente sia l’inosservanza o erronea applicazione della legge
penale sostanziale e processuale (art.606 co.1 lett.b e c c.p.p.) sia
il difetto di motivazione che si traduca, a sua volta, in una
violazione della legge processuale (art.125 co.3 c.p.p.) perché
l’apparato argomentativo manchi completamente o risulti privo dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e di ragionevolezza che
consentano di rendere comprensibile l’iter logico posto a fondamento
del provvedimento impugnato (motivazione meramente apparente).
Il ricorrente nel caso di specie si duole dell’omessa valutazione da
parte del giudice di merito delle censure articolate con la richiesta
di riesame e della documentazione difensiva, senza tuttavia indicarne
specificamente, sia pure in modo sommario, il contenuto, al fine di
consentire l’individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e
sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità. Il ricorso sotto
questo profilo è inammissibile in quanto, non autosufficiente, essendo
privo della precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto da sottoporre a verifica. Requisito indispensabile
dei motivi di impugnazione è infatti la specificità, consistente nella
precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni
di diritto da sottoporre al giudice del gravame (Cass. sez.VI 19
dicembre 2006 n.21858, Tagliente, sez.V 9 dicembre 1998 n.2896, La
Mancia; Sez.unite .11 novembre 1994 n.21).
Alla Corte è peraltro preclusa in tema di sequestro preventivo una
valutazione che possa risolversi in un’anticipata decisione della
questione di merito e quindi una verifica in concreto della fondatezza
della tesi accusatoria. Il sindacato sulle condizioni di legittimità
della misura cautelare reale si realizza infatti attraverso una
delibazione sommaria della congruità degli elementi rappresentati in
cui, senza prescindere dalle concrete risultanze processuali e dalle
contestazioni difensive (Cass. sez.IV 29 gennaio 2007 n.10979,
Veronese; sez.I 19 dicembre 2003 n.1885, Cantoni; sez.II 21 ottobre
2003 n.47402, Di Gioia; sez.III 11 giugno 2002 n.36538, Pianelli;
sez.VI 3 marzo 1998 n.731, Campo; Sez. Un.20 novembre 1996 n.23,
Bassi), possono rilevare eventuali difformità tra fattispecie legale e
fattispecie reale solo se ravvisabili ictu oculi.
Entro questi limiti la -Corte ritiene che nell’ordinanza impugnata il
Tribunale del riesame – contrariamente a quanto affermato nel ricorso-
sia pervenuto ad affermare la sussistenza del fumus del reato di truffa
attraverso un percorso argomentativo immune da vizi logici e giuridici,
all’esito di un’approfondita analisi della normativa in materia di
rilevamento della velocità dei veicoli attraverso postazioni di
controllo sulla rete stradale e di un circostanziato esame dei concreti
risultati delle indagini di polizia giudiziaria, senza peraltro
trascurare le argomentazioni della difesa del L. e la documentazione
dalla stessa prodotta (come si desume dalla menzione della fotografia
prodotta dalla difesa e riguardante la segnalazione della postazione
mobile di rilevamento della velocità nel Comune di Fiumefreddo Bruzio).
Quanto all’elemento psicologico del reato di truffa, la Corte osserva
che il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un
reato che risulti sussistere in concreto, indipendentemente
dall’accertamento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a
carico dell’agente o della sussistenza dell’elemento psicologico,
atteso che la verifica di tali elementi è estranea all’adozione della
misura cautelare reale (Cass. sez.I 4 aprile 2006 n.15298, Bonura;
sez.I 9 luglio 1999 n.2762, Faustini; sez.III 5 maggio 1994 n.1428,
Menietti).
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una
somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle
questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Roma 12 dicembre 2008
Depositata in cancelleria il 13 marzo 2009