Autovelox nascosto? Una truffa
Autovelox: la legge è uguale per tutti. L’automobilista deve rispettare i limiti di velocità, ma gli Enti locali hanno l’obbligo di attenersi alle norme: in particolare, gli autovelox non possono essere nascosti. Lo ha appena ribadito la Cassazione, con sentenza della seconda sezione penale numero 22158 del 23 maggio 2013: può essere perseguita per truffa la società che fornisce ed esegue il posizionamento dell’autovelox in vetture in modo tale da essere occultati agli automobilisti. C’è davvero da restare perplessi di fronte alle amministrazioni che si ostinano a usare gli autovelox in modo scorretto: il dubbio è che vogliano solo fare cassa sulle pelle di chi guida, e non migliorare la sicurezza stradale.
Le norme sono chiare, eppure sono state necessarie dodici circolari ministeriali per mettere in riga gli Enti locali (specie i Comuni), imponendo di avvisare gli automobilisti con cartelli chiari e autovelox ben visibili. Addirittura, nel 2009, il ministro dell’Interno Maroni ha dovuto emanare la madre di tutte le direttive (che poi era un riassunto delle precedenti dodici circolari) in cui esigeva dai Comuni un comportamento “pulito” in materia di autovelox. Evidentemente, tutto questo non basta, e si deve addirittura scomodare la Cassazione per fissare principi molto semplici: c’è una legge e va rispettata. E anche la “spartizione della torta” (gli incassi delle multe) fra Enti locali e ditte che forniscono gli strumenti di controllo da remoto è, spesso, sotto la lente della Guardia di finanza.
Il guaio per chi prende queste multe ingiuste è che è difficile vincere un ricorso a un Giudice di pace. Infatti, va dimostrato che la postazione autovelox non rispettava le norme: già, ma come si fa a provare che il Comune ha barato? Servirebbe una foto del tratto dov’è installata la macchinetta, o meglio ancora un filmato, più testimonianze. Molto dipende dal buon senso dei magistrati, che devono capire come un reiterato comportamento scorretto delle amministrazioni sia di per sé la prova della “frode”. Oppure occorre sempre rivolgersi alla Cassazione per porre la parola fine alla questione?
Fonte: www.omniauto.it