Avvocati e specializzazioni: il regolamento del Cnf è in contrasto con la legge
Provvedere spetta solo al Parlamento. Il ricorso di un gruppo di legali romani: «Professionalità lesa» No agli avvocati specializzati, almeno per ora: annullato il regolamento adottato il 24 settembre scorso dal Consiglio nazionale forense che sarebbe dovuto entrare in vigore giovedì 30 giugno. È quanto emerge da una sentenza pubblicata dal Tar Lazio dopo il ricorso proposto da un gruppo di legali romani che imputano all’atto amministrativo del Cnf la «lesione della loro professionalità». Il fatto è che resta attualmente in vigore la norma dell’ordinamento dell’avvocatura che esclude l’applicazione alla professione forense di «norme che disciplinano la qualifica di specialista nei vari rami di esercizio professionale» (anche se il divieto, ad esempio, cade nel progetto di riforma attualmente in discussione al Parlamento). Insomma, un semplice regolamento non può derogare certo alla legge ordinaria: dovrà dunque provvedere il legislatore ordinario. Secondo i giudici capitolini il Cnf non è legittimato a intervenire sulla materia delle specializzazioni, cosa che si risolve in una vera e propria riforma della professione. Di più: il collegio non riesce a «comprendere da quale fonte normativa il Cnf abbia derivato la potestà, esercitata con l’atto impugnato, di creare ex novo una figura professionale precedentemente non contemplata dal vigente ordinamento – quella dell’avvocato specialista – che si aggiunge alle figure dell’avvocato iscritto all’albo e dell’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori».
Carenza di legittimazione
Contro il ricorso del gruppo di avvocati capitolini sono scese in campo come controinteressate alcune associazioni professionali chiamate sin dall’anno accademico 2010-2011 a espletare il corso di durata biennale, per un minimo di duecento ore complessive di frequenza, propedeutico all’esame di specialista presso il Cnf: si tratta di Agi, Aiaf, Siaa, Ucpi, Uncat, le sigle che riuniscono rispettivamente giuslavoristi, avvocati per la famiglia, amministrativisti, penalisti e tributaristi. I giudici capitolini rilevano un’assoluta carenza di attribuzione in capo al Cnf: il provvedimento adottato dal Consiglio nazionale forense è dichiarato nullo ai sensi dell’articolo 21-septies della legge 241/90, categoria di invalidità dell’atto amministrativo per la quale l’articolo 31, comma 4 del codice della giustizia amministrativa autorizza il collegio al rilievo d’ufficio. «Nella specie, comunque, la doglianza accolta, seppur senza trovare precisa corrispondenza nelle conclusioni rassegnate in ricorso, ha lamentato – concludono i magistrati – la nullità dell’atto impugnato».