Avvocati: la Corte di Giustizia promuove le tariffe massime
L’esistenza delle tariffe massime per gli avvocati non impedisce l’accesso al mercato italiano dei servizi legali, ai colleghi di altri stati membri dell’Unione Europea, sussistendo la libertà di esercizio della professione forense su tutto il territorio comunitario.
E’ quanto statuito dalla Corte di Giustizia Europea, Grande Sezione, con la sentenza 29 marzo 2011. La vicenda trae origine dal ricorso con cui la Commissione Europea eccepiva che le norme nazionali italiane sarebbero di ostacolo al mercato delle professioni legali e pertanto, non sarebbero compatibili con le norme del Trattato.
In primis, addebitava alla Repubblica Italiana di aver previsto, in violazione degli artt. 43 CE e 49 CE, alcune disposizioni che impongono agli avvocati l’obbligo di rispettare tariffe massime per la determinazione dei propri onorari. In particolare, il Decreto legge n. 223/2006 (Decreto Bersani), ha esplicitamente mantenuto l’obbligo di rispettare le tariffe massime per l’interesse dei consumatori, prevedendo, altresì, l’abolizione del divieto di stabilire contrattualmente compensi legati al conseguimento degli obiettivi perseguiti, ossia il cosiddetto «patto del quota lite», per cui il rispetto delle tariffe massime è ancora obbligatorio in tutti i casi in cui un siffatto patto non sia stato concluso.
La Commissione ha poi osservato che l’esistenza di tali controverse disposizioni, ovvero la previsione di un tariffario massimo obbligatorio che si applichi a prescindere dalla qualità della prestazione, dal lavoro necessario per effettuarla e dai costi sostenuti, costituisce un deterrente per gli avvocati degli altri Stati membri a stabilirsi in Italia o a prestarvi la propria attività professionale, seppur in via temporanea.
Altra contestazione sollevata dalla ricorrente è che il margine di guadagno massimo applicabile agli onorari degli avvocati dissuaderebbe gli avvocati degli altri Stati Europei dall’esercitare la loro professione nel nostro Paese, in quanto tali professionisti chiedono onorari più alti rispetto a quelli stabiliti in Italia.
Infine, la Commissione ha evidenziato che il sistema di tariffazione italiano rappresenterebbe una fonte di pregiudizio per “la libertà contrattuale dell’avvocato impedendogli di fare offerte ad hoc in determinate situazioni e/o a clienti particolari. Le disposizioni controverse potrebbero dunque comportare una perdita di competitività per gli avvocati stabiliti in altri Stati membri perché esse privano gli stessi di efficaci tecniche di penetrazione nel mercato legale italiano.”
La Corte di Giustizia Europea non ha condiviso le considerazioni della Commissione ricorrente, argomentando che le misure restrittive alla libertà di stabilimento nonché alla libera prestazione di servizi, di cui agli artt. 43 CE e 49 CE, sono costituite da misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tali libertà, come specificato da giurisprudenza costante (sentenze 15 gennaio 2002, causa C‑439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑305, punto 22; 5 ottobre 2004, causa C‑442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I‑8961, punto 11; 30 marzo 2006, causa C‑451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I‑2941, punto 31, e 4 dicembre 2008, causa C‑330/07, Jobra, Racc. pag. I‑9099, punto 19).
Inoltre, la Corte ha puntualizzato che si dicono restrittive quelle misure, adottate da uno Stato membro, che limitino l’accesso al mercato solo agli operatori di altri Stati, mentre, nel caso in esame, le disposizioni contestate si applicano indistintamente a tutti gli avvocati che svolgono la professione forense sul territorio italiano. Inoltre, la normativa di uno Stato membro non costituisce una restrizione ai sensi del Trattato CE, solo perché altri Stati membri prevedono regole economicamente più vantaggiose per gli operatori di analoghi servizi, stabiliti nel loro Paese. Invece, costituirebbe una palese violazione del Trattato, la previsione normativa di limitazione alla possibilità di accedere al mercato dello Stato membro ospitante, in normali condizioni di concorrenza.