Avvocato Generale UE: violazione di marchi mediante ricerca per parole chiave nei motori di ricerca
L’Avvocato Generale UE ha presentato le proprie conclusioni in relazione a quattro questioni pregiudiziali poste dall’High Court of Justice of England and Wales, di cui è stata investita la Corte di Giustizia UE in merito
– all’«uso», da parte di concorrenti, nei servizi di pubblicità offerti in motori di ricerca su Internet, di segni identici ai marchi di cui erano titolari i ricorrenti nelle cause stesse;
– alla tutela di un marchio che gode di notorietà nonché al problema di stabilire in quali condizioni si possa parlare di offuscamento di tale marchio (diluizione tramite offuscamento) o di acquisizione di un vantaggio indebito («free-riding» o «parassitismo»), da parte di un concorrente, nel caso in cui quest’ultimo acquisti una parola chiave identica al marchio stesso in un servizio di pubblicità su Internet.
L’Avvocato Generale ha suggerito alla Corte di risolvere le questioni nel seguente modo:
1) L’art. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, dev’essere interpretato nel modo seguente:
– un segno identico ad un marchio viene usato «per prodotti o servizi» ai sensi di tale disposizione allorché sia stato selezionato come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet senza il consenso del titolare del marchio, e la visualizzazione degli annunci pubblicitari sia organizzata in base a parole chiave.
– Il proprietario del marchio è legittimato a vietare tale comportamento nelle summenzionate circostanze, qualora tale annuncio pubblicitario non consenta, o consenta soltanto difficilmente, all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi indicati nell’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente connessa a quest’ultimo o invece da un terzo.
– Un errore sull’origine dei prodotti o servizi si verifica allorché il link sponsorizzato del concorrente possa indurre una parte del pubblico a credere che il concorrente sia membro della rete commerciale del titolare del marchio, contrariamente al vero. Di conseguenza, il titolare del marchio ha diritto di vietare l’uso della parola chiave a fini pubblicitari da parte del concorrente in questione.
2) L’art. 5, n. 2, della direttiva 89/104 e l’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 debbono essere interpretati nel senso che anche l’uso di un segno come parola chiave in un servizio di posizionamento su Internet per prodotti o servizi identici a quelli contrassegnati da un identico marchio che gode di notorietà rientra nell’ambito di applicazione di tali disposizioni e può essere vietato dal proprietario del marchio allorché:
a) l’annuncio pubblicitario che appare a seguito della digitazione come termine di ricerca, da parte dell’utente di Internet, della parola chiave identica al marchio che gode di notorietà menzioni o visualizzi il marchio stesso; e
b) il marchio
– vi venga utilizzato come termine generico riferito a una classe o una categoria di prodotti o servizi;
– oppure l’inserzionista tenti in tal modo di giovarsi del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, e di sfruttare così lo sforzo commerciale compiuto dal titolare del marchio per creare e mantenere l’immagine del marchio stesso.
3) Il fatto che il gestore del motore di ricerca su Internet non permetta ai titolari del marchio, nell’area geografica rilevante, di bloccare la selezione di segni identici al proprio marchio come parole chiave da parte di terzi è di per sé irrilevante, nei limiti in cui è coinvolta la responsabilità dell’inserzionista che utilizza le parole chiave.