Bancarotta fraudolenta se l’imprenditore fallito non giustifica l’ammanco di cespiti
“In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, l’imprenditore è
posto in posizione di garanzia per la tutela del patrimonio d’impresa,
cespite destinato alla soddisfazione delle pretese creditorie.
Legittimo, dunque, è il convincimento della responsabilità
dell’imputato a fronte del mancato rinvenimento all’atto della
dichiarazione di fallimento – di beni e valori societari a disposizione
dell’amministratore allorquando tale mancanza non sia da questi
giustificata o non sia indicata la destinazione assegnata agli stessi.
L’assunto
non rappresenta l’applicazione di inammissibile inversione dell’onere
della prova, poiché la normativa fallimentare (invariata al riguardo)
impone al predetto di fornire ogni utile notizia sulla esistenza di
cespiti o ulteriorI ricchezza e, quindi, ascrivendo al fallito la
dimostrazione del concreto impiego dei beni o del loro ricavato.
L’imprenditore fallito sarà immune da censura penale non soltanto se
saprà indicare integralmente l’esistenza di ricchezza da assoggettare
alla disciplina concorsuale, ma anche allorquando fornirà prova che
l’ammanco dipese da fatti esterni alla sua condotta (es. il mancato
pagamento della fornitura dei beni o la loro incolpevole distruzione,
ecc.) o da circostanze fisiologicamente connesse alla funzione gestoria
(come le eventuali perdite).”
“L’imprenditore che esercita un’attività commerciale è obbligato,
personalmente, alla regolare tenuta dei libri e delle scritture
contabili nella propria azienda. Si tratta di una funzione essenziale
per l’esercizio di impresa rappresentando la consistenza del
patrimonio, sul quale possono rivalersi i creditori, e la traccia del
percorso seguito dalla ricchezza disponibile all’imprenditore.
Dunque,
non soltanto l’indispensabile strumento probatorio nei traffici
commerciali durante la gestione, ma anche un adempimento connotato da
specifica rilevanza nella dinamica concorsuale.
Non adempie, quindi,
a sufficiente giustificazione né esime l’imprenditore da penale
responsabilità l’asserita incompletezza del corredo contabile
addebitabile alla gestione che lo ha preceduto nella conduzione
amministrativa. Infatti, una volta che egli abbia accertato la
irregolarità delle scritture è obbligato – in forza della tutela delle
ragioni creditorie che al predetto fanno capo – a procedere alla loro
ricostituzione o integrazione, ricadendo sul medesimo l’obbligo di
legge. Egli può avvalersi dell’opera di terzi o delegare ad altri la
tenuta contabile, ma permane responsabile per l’attività da essi svolta
nell’ambito dell’impresa.”