Banche, perdite verso quota 20 miliardi
Un conto da 20 miliardi di euro: a tanto potrebbero ammontare le
perdite su crediti che il sistema bancario italiano, a causa
dell’incapacità di imprese e famiglie di rimborsare i propri debiti,
potrebbe essere costretto ad accollarsi nel 2009. L’allarme viene
lanciato dal presidente dell’Abi, Corrado Faissola. Ma le sofferenze si
distribuiscono con modalità diverse secondo il ministro del Welfare,
Maurizio Sacconi. «Si avvia ad esaurimento la capacità di erogare da
parte degli istituti locali e di quelli di media dimensione insediati
nelle economie territoriali», avverte. Intanto il presidente della Bce,
Jean Claude Trichet, ammonisce le banche sui compensi: «devono
rafforzare il proprio capitale e le proprie riserve anziché pagare
bonus e dividendi», Faissola, nel corso del suo intervento
all’assemblea dell’Aibe, l’associazione delle banche estere in Italia,
ha spiegato che le perdite a fine hanno saranno quasi il doppio degli
11 miliardi di euro registrati nei primi nove mesi dell’anno nei
bilanci delle principali banche. «Non ci attendono mesi facili e di
questo dobbiamo essere consapevoli – ha ammonito Faissola – da molti
mesi il nostro sistema bancario sta registrando una crescita delle
sofferenze». Cioè dei crediti problematici, saliti a 55 miliardi a
settembre, il 25% in più del 2008 e pari a oltre il 3% degli impieghi.
Il numero uno dell’Associazione delle banche è tornato a chiedere a
gran voce al governo una riforma del trattamento fiscale delle perdite
su crediti: non «panniccelli caldi», ma «provvedimenti strutturali».
Una rapida scorsa ai bilanci delle principali banche italiane mostra
come le rettifiche di valore su crediti abbiano zavorrato i conti
economici dei vari istituti (comunque tutti in utile): guida la
classifica Unicredit con 6,2 miliardi di euro, seguita da Intesa
Sanpaolo (2,6 miliardi), da Mps (1 miliardo), da Ubi Banca (600
milioni) e dal Banco Popolare (quasi mezzo miliardo). Per attutire
l’impatto delle svalutazioni dei crediti sui risultati di fine anno
Faissola ha chiesto ancora una volta una revisione del trattamento
fiscale delle perdite. Oggi queste possono essere dedotte solo nel
limite dello 0,3% degli impieghi con l’eventuale parte eccedente che
deve essere spalmata (e dunque verrà recuperata) in 18 anni. Il
problema fiscale, in un contesto di maxi-rettifiche, «si sta aggravando
fortemente» e «il tax rate (cioè il carico fiscale, ndr) sta arrivando
a livelli insostenibili»: per questo, ha detto il banchiere, «occorre
rivedere con un provvedimento strutturale il tetto massimo di
svalutazioni annue fiscalmente ammesse e ridurre significativamente il
numero di quote annuali dell’eventuale eccedenza». Il problema, che
secondo indiscrezioni di stampa sarebbe oggetto di valutazione da parte
del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, «è da risolvere – secondo
Faissola – non con pannicelli caldi ma con provvedimenti strutturali».
Il presidente dell’Abi ha anche difeso il comportamento delle banche
nella crisi. È «straordinario» che, a fronte di una caduta degli
investimenti e della produzione, «i prestiti a famiglie e società non
finanziarie hanno ancora un flusso netto positivo» (anche se ormai
limitato allo striminzito +0,3% di ottobre). Tornando a Trichet ha ieri
avvertito che bisogna prepararsi al ritiro «graduale» delle misure
straordinarie anti-crisi, anche se è «troppo presto per dire che la
crisi è superata». Proprio ieri la Bce ha varato una nuova stretta sui
prestiti che concede alle banche con l’obiettivo di ristabilire il
«giusto funzionamento» dei mercati creditizi. L’Eurotower d’ora in poi
«richiederà almeno due rating di valutazione del credito» sui titoli
garantiti da attività finanziarie che le banche cedono alla Bce come
collaterale a garanzia dei prestiti.