Banche,finanza,conto corrente, anatocismo,interessi bancari
Il Tribuna di Bari in composizione monocratica – Dott. Saverio U. de Simone, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al N. 2798/99 R.G.A.C. vertente T R A
Tizio Giulio … e Caio Luisa, rappresentati e difesi con mandato a margine dell’atto di citazione dagli Avv.ti Antonio TANZA e Flavio LORUSSO – ATTORI – E
… S.p.A., BANCA … S.p.A. ed … GESTIONE CREDITI S.p.A., nella qualità di procuratore di BANCA … S.p.A., rappresentate e difese dall’Avv. Giorgio COSTANTINO – CONVENUTE –
OGGETTO: Azione per la declaratoria di nullità delle clausole di un contratto di c/c e di accertamento del rapporto di dare-avere tra le parti.
CONCLUSIONI: all’udienza del 12/12/2007 la causa passava in decisione ex art. 190 c. p. c. sulle conclusioni rassegnate contestualmente dai procuratori delle parti, che si riportavano ai rispettivi scritti difensivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 3/6/99 Tizio Giulio … e Caio Luisa, in qualità il primo di titolare di un rapporto di c/c e la seconda di fideiubente, convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari la …-BANCA … .S.p.A. e la … S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, per ivi sentir dichiarare, previa sospensione del giudizio ex art. 177 del Trattato CEE, l’incompatibilità delle norme ABI con le disposizioni degli artt. 85 ed 86 del Trattato istitutivo della CEE, la nullità del contratto di c/c e di apertura di credito in essere con la banca relativamente alle clausole con le quali erano stati pattuiti interessi ultra legali e la capitalizzazione degli interessi sugli interessi in violazione degli artt. 1284 e 1283 C. C., l’invalidità di ogni altra obbligazione connessa all’impugnato rapporto bancario (csm, giorni valuta e spese varie non concordate), determinare il corretto rapporto di dare ed avere tra le parti, il costo effettivo annuo del rapporto bancario condannare la … alla restituzione delle somme indebitamente addebitate al correntista ed al risarcimento dei danni provocati dalla segnalazione dei loro nominativi alla centrale rischi della Banca d’Italia.
Gli attori deducevanc che il Tizio intratteneva con la …-BANCA … un rapporto di apertura di credito con affidamento mediante scopertura sul c/c n. 2578 garantito dalla fideiussione prestata da sua moglie Caio Luisa che, aperto nel maggio 1988, era tuttora in corso. Deducevano che la banca pretendeva di vantare un credito di £. 56.552.197 al 31/3/99 e che, nonostante i loro tentativi di comporre la vertenza, essi erano stati “soffocati” dalle richieste di “rientrare a breve” e/o di fornire ulteriori garanzie.
Il 20/1/99, infine, la … aveva comunicato loro che il rapporto in questione le era stato ceduto dalla …. Si costituiva in giudizio la BANCA … S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, ed eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva per non aver mai intrattenuto alcun rapporto con gli attori: legittimata passiva era solo la … la quale, a sua volta, aveva poi ceduto il credito alla ….
Si costituiva altresì in giudizio … GESTIONE CREDITI S.p.A., nella sua qualità di procuratrice di … S.p.A., poi fusa in BANCA … S.p.A., impugnando e contestando il contenuto dell’atto di citazione, del quale chiedeva l’integrale rigetto.
La banca sottolineava che con lettera del 17/9/98 gli attori avevano sottoscritto un piano di rientro riconoscendo il debito riveniente dal contratto di c/c, del quale avevano specificato i termini e le modalità di pagamento.
Nel merito sosteneva che la clausola “uso piazza” era perfettamente valida ed efficace, al pari della capitalizzazione trimestrale degli interessi, che rispondeva ad un valido uso normativo; parimenti dovute erano le cms, intese come corrispettivo dell’obbligo assunto dalla banca di tenere determinate somme a disposizione del cliente.
In corso di causa gli attori chiedevano con ricorso ex art. 700 c.p.c. di ordinare alla banca di ritirare o revocare la segnalazione alla centrale rischi della Banca d’Italia. Dichiarato inammissibile il ricorso, veniva disposta una C.T.U., poi integrata con la formulazione di ulteriori quesiti; la causa veniva infine assegnata a sentenza all’udienza indicata in epigrafe sulle conclusioni
contestualmente precisate dai procuratori delle parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Le ragioni poste a base della domanda sono fondate, seppur solo parzialmente, sicché la stessa va accolta per quanto di ragione con le conseguenze di legge in tema di spese processuali.
1.-Preliminarmente va rimarcato che gli attori non hanno riproposto in sede cli precisazione delle conclusioni (e quindi nemmeno nella memoria conclusionale) la questione della sospensione della causa per sottoporre alla Corte di Giustizia la decisione sull’interpretazione degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE e della normativa antitrust, che deve ritenersi abbandonata (cfr. Cassaz. Civ., Sez. III, 11/3/98 n. 2673).
2.-Nel caso di specie, quindi, oggetto del giudizio è l’accertamento negativo del credito preteso dalla banca previa declaratoria di nullità di alcune clausole contrattuali e la determinazione dell’esatto importo del quale gli attori chiedono la restituzione.
3.-Pregiudizialmente ed in rito va dichiarato il difetto di legittimazione passiva di BANCA … S.p.A.
Dalla documentazione versata in atti emerge che gli attori, ed in particolare il Tizio, intrattenne un rapporto di apertura di credito con appoggio dello scoperto su c/c con la … S.p.A., cui è subentrata poi la … S.p.A. cessionaria del credito ex art. 58 del D. Leg.vo n. 385/93.
Peraltro, successivamente alla stipula dell’atto di cessione, la … S.p.A. è stata incorporata per fusione in BANCA … S.p.A.: ne consegue la totale estraneità al presente giudizio di BANCA …, soggetto diverso da quello cui il rapporto de quo agitur fa capo.
4.- In punto di diritto gli attori hanno dedotto che il preteso riconoscimento di debito contenuto nella lettera del 17/9/98, prodotta dalla banca per chiedere il rigetto della domanda, non preclude loro la possibilità di dedurre la nullità od invalidità del rapporto giuridico sottostante, costituente l’oggetto di quella ricognizione.
La tesi è condivisibile.
E’ risaputo che la ricognizione di debito ex art. 1988 C. C. ha natura giuridica di promessa unilaterale e che non costituisce fonte generale di obbligazione, ma produce effetti obbligatori solo nei casi previsti dalla legge.
Trattasi di un negozio unilaterale recettizio, avente ad oggetto una dichiarazione di volontà con cui una parte si obbliga ad una determinata prestazione, al quale si applicano, in quanto compatibili, le norme che disciplinano la materia contrattuale (anche in materia di vizi della volontà).
Quella prodotta dalla banca è una dichiarazione-ricognizione titolata, nella quale viene richiamato appunto il titolo, e cioè la ragione del debito riconosciuto: nella lettera suddetta, infatti, il correntista e la fideiubente riconoscono di essere debitori della banca della complessiva somma di £. 81.108.578 in relazione al c/c n. 2578, oltre interessi ed accessori dall’1/7/98 al tasso del 7,875%.
Tale negozio unilaterale, però, “…non costituisce autonoma fonte di obbligazione ma ha soltanto effetto confermativo di un precedente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi In forza dell’art. 1988 — nella cui previsione rientrano anche le dichiarazioni titolate un’astrazione meramente processuale della causa debendi…dalla cui esistenza e validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale; con il conseguente venir meno di ogni effetto vincolante della promessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido o si è estinto” (cfr. Cassaz. Civ., 8/5/84 n. 2800).
La ricognizione di debito, dunque, lascia impregiudicata la questione dell’efficacia sostanziale della dichiarazione, atteso che la norma presenta una valenza esclusivamente processuale: il beneficiario della dichiarazione é esonerato dall’onere di provare il rapporto fondamentale, e quindi di dare la dimostrazione dei fatti che giustificano il credito oggetto della ricogniz_one.
Sotto, il profilo sostanziale, invece, la ricognizione non può far sorgere un’obbligazione inesistente: se nulla era dovuto, il dichiarante potrà sempre legittimamente contestare la propria qualità di debitore, con onere a suo carico di dimostrare che il credito ex adverso preteso è in tutto o in parte insussistente o deriva da causa illecita.
Tale conclusione è confermata da un autorevole insegnamento della S. C., compendiatile nella seguente massima: “L’effetto giuridico che la norma di cui all’art. 1988 c. c. ricollega alla promessa unilaterale di pagamento, sia essa pura o titolata, è conseguenza dell’astrazione processuale della causa debendi, con la conseguenza che il promissario, agendo in giudizio per l’adempimento dell’obbligazione, ha soltanto l’onere di provare la promessa unilaterale di pagamento e non anche l’esistenza del rapporto giuridico che sta a fondamento della promessa stessa e di cui l’obbligazione, assunta nel contenuto della dichiarazione negoziale unilaterale, è elemento strutturale; è stabilita, cioè, a favore del promissario una relevatio ab onere probandi, restando invece totalmente a carico del promittente l’onere di provare l’inesistenza, l’invalidità o l’estinzione del rapporto fondamentale, sia questo menzionato o meno nella promessa unilaterale di pagamento” (cfr. Cassaz. Civ., 10/3/81 n. 1351 e, più di recente, Cassaz. Civ., Sez. I, 9/2/2001 n. 1831).
Ne consegue che il dichiarante può sempre dimostrare l’invalidità totale o parziale del rapporto fondamentale: il che è proprio quello che gli attori hanno chiesto di fare, deducendo l’illegittimità della clausola contrattuale che prevede l’applicazione d’interessi ultralegali mediante il richiamo aí tassi normalmente praticati “su piazza” nonché di quella che consente all’istituto la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori.
4.1.- Né può ritenersi che la ricognizione di debito titolata contenuta nella citata lettera costituisca una vera e propria “confessione stragiudiziale”, con l’ulteriore conseguenza che essa non solo sarebbe efficace sotto il profilo sostanziale, ma sarebbe altresì revocabile solo per errore di fatto o violenza (arg. ex art. 2732 C. C.); ciò perché la confessione ha il contenuto di una dichiarazione non di volontà ma solo di scienza, che ha per oggetto fatti obiettivi e non rapporti giuridici e che, quindi, è qualificabile non come negozio giuridico ma in termini di mero atto giuridico, quantunque ad esso venga riconosciuto l’effetto di prova legale (cfr. Cassaz. Civ., 18/2/77 n. 735).
5.- Dal contratto di c/c emerge pacificamente che la BANCA ha proceduto ad applicare gli interessi debitori in ossequio alla nota clausola (v. art. 7 co 3° del contratto di c/c in atti) che richiama “…le condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza…”; tale richiamo, però, non è idoneo a provare la pattuizione di un tasso debitore ultralegale che, come è risaputo, deve risultare espressamente per iscr::tt.o ex art. 1284 co 3° C. C.
Tale rilievo basterebbe da solo a far dichiarare la nullità dei relativi contratti in forza del combinato disposto degli artt. 1325 e 1418 C. C., essendo indeterminabile un suo elemento essenziale (l’oggetto) ex art. 1346 C. C., se non soccorresse la disposizione dell’ art. 1419 co 2° C. C. in tema di sostituzione delle clausole nulle con quelle legali: “La convenzione relativa alla pattuizione degli interessi in misura superiore a quella legale, in difetto della forma scritta richiesta ad suhstantiam, è colpita da nullità solo per la parte relativa alla differenza tra il tasso legale e quello convenuto, con riferimento alla quale l’ordinamento interviene non per espungerla dal regolamento pattizio senza riconnettervi alcun effetto, bensì per sostituirla con la disciplina legale” (cfr. Cassaz. Civ., Sez. II, 14/1/97 n. 280).
5.1.- Né può sostenersi che il tasso debitore sia stato accettato dal correntista e non potrebbe più essere contestato per non avere egli impugnato gli estratti conto nei termini di legge: la mancata tempestiva contestazione delle singole partite di debito non impedisce certo al cliente di contestare in radice la validità e l’efficacia del rapporto giuridico sostanziale con la BANCA che è fonte di quelle annotazioni (cfr. Cassaz. Civ., Sez. I, 11/3/96 n 1978 e Cassaz. Civ., Sez. II, 14/1/97 n. 280, già innanzi citata).
5.2.- In ordine al minimum richiesto per l’identificazione dell’oggetto del contratto, l’indirizzo giurisprudenziale consolidatosi prima dell’entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria (cfr., in proposito, Cassaz. Civ., 3/2/94 n. 1110; Cassaz. Civ., 7/3/92 n. 2745 ed altre) riconosceva efficacia alla clausola c. d. “uso piazza” sul rilievo che le relat:-ve condizioni vengono determinate su scala nazionale, sicché il rinvio al tasso usuale vale comunque ad ancorarlo a criteri oggettivi, di agevole riscontro e non influeZzabili ad libitum dal singolo istituto di credito.
L’orientamento citato, che legittimava una prassi bancaria che rendeva di fatto incontrollabile da parte del cliente il tasso debitore di volta in volta applicato, è di recente mutato anche a seguito delle sollecitazioni dei Giudici di merito (cfr. Trib. Milano, 24/2/92, Trib. Pavia, 1/10/93, Trib. Napoli, 25/3/94), i quali avevano ripetutamente dichiarato la radicale nullità di quella clausola sia per la violazione dell’obbligo imposto dall’art. 1284 C. C. di pattuire per iscritto gli interessi in misura ultralegale sia per 14. sua assoluta genericità, che non consentiva di determinare l’oggetto della prestazione in violazione dell’art. 1346 C. C.
Tale portato giurisprudenziale, tradottosi sul piano normativo nell’espressa previsione della nullità di siffatte clausole, introdotta dall’art. 4 L. n. 154/92 e dall’art. 117 co 6° D. Leg.vo n. 385/93, ha indotto la S. C. a mutare orientamento ed a statuire che il generico riferimento alle “condizioni di piazza” non soddisfa di per sé il requisito dell’oggettiva determinabilità del tasso di interesse, il quale, sia pure per relationem, deve essere fissato fin dal momento della stipulazione del contratto in base ad elementi certi ed oggettivi che escludano ogni successiva valutazione discrezionale della banca (cfr. Cassaz. Civ., 13/3/96 n. 2103; Cassaz. Civ. 29/11/96 n. 10657; Cassaz. Civ., 10/11/97 n. 11042; Cassaz. Civ., 8/5/98 n. 4696, Trib. Trani, 11/7/98 e, più di recente, Cassaz. Civ., Sez. I, 28/3/2002 n. 4490 ed altre successive quali Cassaz. Civ., 2/10/03 n. 14684 e nello stesso senso, Cassaz. Civ., 20/8/03 n. 12222).
Nel caso di specie la banca non ha neppure esibito le delibere A. B. I. ovvero gli accordi di cartello cui far riferimento, omettendo così di provare la conformità del tasso debitore applicato alle condizioni di piazza, sicché deve concludersi che il tasso applicato sia espressione di proprie scelte discrezionali, incontrollabili e non preventivamente concordate nelle forme di legge, in insanabile contrasto con le norme codicistiche più volte innanzi richiamate.
5.3.- Gli interessi passivi, addebitati sulla scorta di una clausola contrattuale nulla, devono quindi ritenersi conteggiati illegittimamente, e non possono trasformarsi in crediti incontestabili ex art. 1832 C. C. (come già innanzi rilevato) per il semplice fatto di non essere stati impugnati per tempo: l’inoppugnabilità, infatti, attiene unicamente al profilo contabile degli addebiti ma non impedisce di contestare la validità od efficacia delle singole annotazioni.
Ciò perché, in difetto di una pattuizione del tasso nelle forme legali, il negozio è radicalmente nullo in parte qua e quindi il rapporto obbligatorio sottostante, dal quale le singole partite derivano, é consequenzialmente inefficace ed improduttivo di effetti giuridici: come la S. C. ha avuto modo di affermare a più riprese, anche di recente, “Nel contratto di conto corrente, 1’incontestabilità delle risultanze del conto conseguente all’approvazione tacita dell’estratto conto, a norma dell’art. 1832 c.c., si riferisce agli accrediti ed agli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, ma non impedisce la contestazione della validità e dell’efficacia dei rapporti obbligatori da cui essi derivino, nè l’approvazione o la mancata impugnazione del conto comportano che il debito fondato su di un negozio nullo, an_rullabile, inefficace (o, comunque, su situazione illecita) resti definitivamente incontestabile” (cfr., da Cassaz. Civ., Sez. 1, 26/07/2001, n. 10186).
6.- L’esposizione debitoria del correntista é stata calcolata dalla banca anche in violazione della norma che sancisce il divieto degli interessi anatocistici.
E’ ormai nota la giurisprudenza della S. C. affermatasi nel corso degli ultimi anni – che questo Giudice condivide in toto e che qui deve intendersi pedissequamente richiamata – che ha definitivamente sancito l’illegittimità di tale pratica perché costituente espressione non di un uso normativo ex art. 1283 C. C. – fondato sulla costanza della pratica (c. d. usus) e sulla convinzione della sua cogenza (c. d. opinio iuris ac necessitatis) – bensì negoziale, ed ha quindi dichiarato la nullità della previsione, contenuta nei contratti di c/c bancario, avente ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente (cfr. Cassaz. Civ., Sez. III, 30/3/99 n. 3096; Sez. I, 16/3/99 n. 2374, Cassaz. Civ., Sez. I, 28/3/2002 n. 4490 già innanzi richiamata e, da ultimo, Cassaz. Civ. SS. UU. 4/11/2004 n. 21095).
7.- Va dunque dichiarata la nullità parziale del contratto di c/c con la consequenziale necessità di ricalcolare l’esposizione debitoria del correntista e, quindi, anche il debito della fideiubente.
In ossequio alla giurisprudenza della S. C. in tema di sostituzione delle clausole nulle con quelle legali già innanzi richiamata, che questo Giudice condivide appieno, il C.T.U. ha effettuato il calcolo della posizione debitoria del correntista scaturente dal contratto di c/c, in ossequio ai quesiti formulatigli. Tenendo conto del capitale, del tempo e del tasso legale vigente, escludendo dal calcolo la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, effettuando la capitalizzazione annuale tanto degli interessi attivi che passivi ex artt. 820 e 1284 co 2° e 2948 n. 4 C. C. trattandosi, questa si, di pratica conforme ad un uso normativo (v. Trib. Bari 28/6/2006 n. 1803 e numerose altre pronunciate da questo stesso Giudice), il C. T. U. – il cui operato, immune da vizi logici e di metodo, è pienamente condivisibile – é pervenuto a determinare correttamente l’ammontare del rapporto di dare ed avere tra le parti, riconoscendo un credito in favore dell’attore-correntista di £. 128.564.119 alla data del 16/6/99 (v. pag 32 della relazione), pari ad € 66.444,31, oltre interessi legali dal 16/6/99 al soddisfo.
7.1.- Non può invece essere applicato, quale tasso sostitutivo rispetto al saggio illegittimo c. d. “uso piazza”, quello previe-:o dall’art. 117 co 7° del D. Leg.vo n. 385/93: trattasi, infatti, di norma priva di effetti
retroattivi, come stabilisce espressamente l’art. 161 co 6° s. l., secondo cui “i contratti già conclusi ed i procedimenti esecutivi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo restano regolati dalle norme anteriori” (cfr., a conforto della tesi qui seguita dell’irretroaTtività del c.d. tasso sostitutivo, Cassaz. Civ., Sez. III,. 18/4/2001 n. 5675).
7.2.- Neppure può essere applicato il c. d. top rate il quale, a differenza del prime rate – che è determinabile in quanto viene stabilivo a livello centrale e viene poi comunicato agli istituti di credito -, dipende invece dai rapporti della banca con la sua migliore clientela ed è quindi indeterminabile.
8.- Il C.T.U. ha correttamente espunto dal calcolo le commissioni di massimo scoperto.
Premesso che il giudice può sempre rilevare ex officio la nullità ex art. 1421 C. C. della commissione di massimo scoperto perché “Nella controversia promossa per far valere diritti che presuppongono la validità del contratto o di una clausola di esso, la nullità dell’uno o dell’altra è rilevabile d’ufficio se sono acquisiti al processo elementi idonei a porla in evidenza, in considerazione del potere – dovere del giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell’azione” (cfr. Cassaz. Civ., Sez. III, 6/8/2002, n. 11772), sta di fatto che nel corso del rapporto la banca convenuta ha addebitato al correntista tali commissioni benché esse non fossero state in alcun modo pattuite in contratto.
Il C.T.U. ha sottolineato che il contratto di c/c non esplicitava alcuna indicazione in ordine alla misura delle c.s.m.: deve concludersi, pertanto, che tali partite di debito siano state illegittimamente applicate non solo perché non concordate e frutto di una decisione unilaterale della banca ma anche perché sostanzialmente prive di causa, atteso che gli oneri relativi alla gestione del conto, in difetto di diversi accordi tra le parti, trovano la loro naturale remunerazione. nella previsione degli interessi passivi sicché l’addebito di oneri ulteriori si traduce, nella sostanza, in un inaccettabile aggravio degli interessi corrispettivi.
9.- Dichiarata, quindi, la nullità delle clausole uso piazza e di capitalizzazione trimestrale degli interessi e dichiarate non dovute le csm, va disattesa, invece, la doglianza dell’opponente relativa alla c. d. valuta.
L’art. 7 co 5° del contratto di c/c, debitamente sottoscritto dall’obbligato, stabilisce espressamente che “…gli assegni pagati dalla Cassa vengono addebitati sul conto del correntista con valuta data di emissione, salvo casi di postdatazione, nel quale l’addebito viene fatto con valuta data del pagamento, se il titolo è presentato allo sportello, o di negoziazione se l’incasso avviene tramite altra azienda di credito”.
Poiché tale clausola è stata accettata specificamente dal correntista ai sensi cegli artt. 1341 e 1342 C. C. e poiché il motivo di doglianza appare formulato del tutto genericamente, essa deve considerarsi perfettamente valida ed efficace.
10.- Va anche respinta la domanda attorea di risarcimento danni, fondata sulla segnalazione del nominativo del correntista alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, che l’istituto di credito convenuto avrebbe operato
indebitamente.
Dalle istruzioni emanate sul punto dalla banca centrale emerge che una delle categorie di rischio che giustifica la segnalazione è quella dei crediti appostati in sofferenza, intendendosi per tali i finanziamenti concessi a soggetti che si trovino in stato di insolvenza, anche se non accertato giudizialmente, o in s__tuazioni equiparabili.
Questo giudice non ignora che nella valutazione del presupposto per la segnalazione alla centrale rischi deve escludersi ogni automatismo tra l’inadempimento e la segnalazione, con la conseguenza che “il mero inadempimento del debito verso la Eanca, eventualmente anche accompagnato da un esplicito rifiuto di adempiere, non comporta la qualificazione della posizione del credito come in sofferenza ma, piuttosto, la segnalazione deve ritenersi subordinata al requisito, in capo al debitore, dell’insolvenza, intesa come incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni con il suo patrimonio ovvero a situazioni equiparabili” (Trib. Napoli, ordinanza 18/3/05, in D&G n. 18/2005, pag. 29).
Tuttavia, nella specie, manca del tutto la prova che una segnalazione siffatta abbia provocato in concreto un danno sia patrimoniale che di immagine agli attori, i quali non hanno né dedotto né dimostrato di aver subito effetti pregiudizievoli di sorta (ad es., mancata concessione di mutui, interruzione di rapporti bancari con altri istituti, discredito professionale od altro ancora) in conseguenza del contegno della banca.
Sebbene la lesione sia intrinseca al mero fatto dell’indebita segnalazione, tuttavia essa non è automaticamente fonte di danno risarcibile indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi patrimoniali ed alla reputazione del soggetto leso, rimanendo altrimenti confinato il comportamento indebito e quindi l’asserita lesione dell’onorabilità commerciale del correntista) all’interno del ceto bancario.
Per altro verso, non si può omettere di considerare che l’accoglimento delle ragioni degli attori, che comportano la valutazione ex post dell’illegittimità della segnalazione e quindi dell’indebito comportamento della banca, fonda su un indirizzo giurisprudenziale in tema di clausole “uso piazza” e di divieto dell’anatocismo trimestrale che si è andato affermando solo nell’ultimo decennio, mentre in precedenza l’operato della banca era stato sempre considerato perfettamente legittimo.
Poiché la segnalazione alla Centrale Rischi è avvenuta prima dell’affermarsi del nuovo indirizzo ermeneutico, nessun addebito di negligenza od imprudenza può muoversi alla banca, il cui operato resta immune dalle censure mosse dagli attori.
Tuttavia la banca è tenuta a revocare immediatamente la segnalazione, dato l’esito del presente giudizio.
11.- Le spese seguono la soccombenza nel rapporto tra gli attori e la … GESTIONE CREDITI S.p.A. mentre possono essere compensate per ragioni di equità sostanziale quelle del rapporto con BANCA …, dichiarata estranea al presente giudizio.
La sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge ex art. 282 c. p. c.
P. Q. M.
il Giudice del Tribunale di Bari – Sez. I in composizione monocratica definitivamente pronunciando, nel contraddittorio fra i procuratori delle parti, sulla domanda proposta con atto di citazione notificato il 3/6/99 da Tizio Giulio … e Caio Luisa nei confronti della … S.p.A., della BANCA … S.p.A. e della … S.p.A., cui è subentrata in corso di causa … GESTIONE CREDITI S.p.A. nella sua qualità di procuratrice di … S.p.A., poi fusa in BANCA … S.p.A., così provvede:
1.dichiara il difetto di legittimazione passiva di BANCA … S.p.A.;
2.dichiara la nullità parziale del contratto di c/c intercorso tra la banca convenuta ed il correntista; 3.accoglie la domanda per quanto di ragione e per l’effetto condanna … GESTIONE CREDITI a pagare in favore di Tizio Giulio … la somma di € 66.444,31 oltre interessi legali dal 16/6/99 al soddisfo;
4.ordina ad … GSTIONE CREDITI di revocare immediatamente la segnalazione dei nominativi degli attori alla Centrale Rischi della Banca d’Italia;
5.condanna … GESTIONE CREDITI S.p.A. al pagamento delle spese e competenze del giudizio, che liquida in complessivi € 7.300,00, di cui € 3.500,00 per diritti ed € 3.800,00 per onorari, oltre IVA e CAP come per legge ed il rimborso forfetario delle spese generali, oltre le spese di C.T.U.;
6.compensa integralmente le spese nel rapporto processuale tra gli attori e BANCA … S.p.A.;
7.dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.
Bari, lì 18/3/2008
GIUDICE
depositata
Banca NarcosColombianum NaziFascistanum Mediolanum di Massimo Doris… L’altro giorno parlavo con un broker della City che conosco, tale Nick Tate, ex James Capel, che mi disse ” ehi Gennariello, did you hear Banca Mafiolanum NarcosColombianum Mediolanum of Edoardo Lombardi, is investigated for mega money laundry done for nazifascist narcos of Bogota’, Cali’ and Medellin?”. Rimango scioccato. Mi informo meglio presso Kevin Ertel, altro broker, che pur conosco, qs volta di New York, ed egli mi conferma lo stesso. Ossia, che ha sentito dire lo stesso. In Italia, non una riga su un giornale, solo qche bisbiglio qua e la su internet. BANCA SCIACQUOLANUM NDRANGOLANUM NARCOLANUM SPACCIOLANUM MAFIOLANUM RICICLANUM CAMORRANUM COCACOLOMBIANUM MEDIOLANUM DI EDOARDO LOMBARDI, MASSIMO DORIS ED ENNIO DORIS E’, DA UN ANNO E PASSA, SOTTO INDAGINE INTERNAZIONALE, PER MEGA RICICLAGGIO DI DANARO ASSASSINO, FATTO PER NARCOS FASCISTI DI BOGOTA’, CALI’ E MEDELLIN, MA NESSUNO NE PARLA. ANCHE PER QS HA PERSO L’80 PER CENTO IN BORSA IN UN ANNO ( IL DOPPIO DI QUANTO PERSO DA SUOI COMPETITORI). E ANCHE LA STESSA MAFIASET NAZISTSET AL PAPPONESET AL SCROFONESET MEDIASET, HA PERSO L’85 PER CENTO, PARIMENTI, IN BORSA, DA 27 EURO AI 4 ATTUALI. MA CHE SIAMO DIVENTATI, UNA SPERDUTISSIMA REPUBBLICA SIBERIANA INFORMATA SOLO DA PRAVDE NAZISTE, O CHE? VERGOGNA, DAVVERO, DE STRA VERDAD. Gennariello Squazzaglione Emigranti italiani “Italia iamm bell” Democrats, ma de verdad