Bando ai freni verbali in ufficio
Se l’aggressione fisica tra colleghi costituisce giusta causa di licenziamento, non si può dir la stessa cosa di quella verbale. Le liti sono ammesse in ufficio senza il rischio di perdere il posto di lavoro.
Chiara la posizione dei giudici della sezione lavoro della Cassazione: le normali «baruffe» tra colleghi destinate a ricomporsi in poco tempo non possono costituire «giusta causa» di allontanamento dall’azienda.
La fattispecie
Piazza Cavour ha bocciato
il ricorso di una azienda di Teramo che aveva inflitto il licenziamento
a due colleghi di lavoro sorpresi ad azzuffarsi in uno scambio verbale
molto acceso durante l’orario di lavoro. L’espulsione dall’azienda era
stata ratificata dal giudice del lavoro.
La Corte d’Appello,
ritenendo illegittime le due espulsioni, li reintegrava sul posto di
lavoro. Nel caso in questione, infatti si era in presenza «di una
baruffa tra colleghi di lavoro durata in tutto un paio di minuti e
l’episodio non lasciava presagire ulteriori sviluppi e pregiudizi per
il datore di lavoro».
Contro la riammissione dei due dipendenti l’azienda si è rivolta alla Cassazione.
Presupposti del licenziamento
I giudici
ermellini con la sentenza n. 8737 hanno respinto il ricorso
dell’azienda e ricordato che «in tema di licenziamento per giusta
causa» è necessario accertare «che il fatto addebitato sia stato di
gravità tale da integrare la fattispecie prevista all’art. 2119 c.c.».
Ciò significa che per espellere un lavoratore vanno verificate non
soltanto «le circostanze oggettive della condotta ma anche le modalità
soggettive» dal momento che tutto incide sulla determinazione
della gravità della trasgressione e quindi della legittimità della
sanzione stessa.