E’ legittima la sospensione del locale pubblico frequentato da soggetti pregiudicati, in quanto situazione idonea a creare allarme sociale, indipendentemente dalla colpa del gestore. Lo ha stabilito il Tar Lombardia con la sentenza n. 457/2011, in quanto la frequentazione ambientale è da considerare come fonte di pericolo “concreto ed attuale” per la collettività.
Il caso vedeva un titolare di un bar milanese impugnare il provvedimento di sospensione della licenza per trenta giorni, emesso dal Questore, ai sensi dell’art. 100 del T.U.L.P.S., in quanto il locale in questione, nell’arco di tempo di due anni era stato teatro di una rissa, era risultato essere abitualmente frequentato da pregiudicati ed un cittadino extracomunitario era stato sorpreso in flagranza di spaccio di stupefacenti.
L’art. 100 del R.D. 1931 n. 773, al suo primo comma, prevede che “oltre i casi indicati dalla legge, il questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”.
Trattasi di potere ampiamente discrezionale, avente natura tipicamente preventiva e cautelare, a garanzia di interessi pubblici primari quali la sicurezza e l’ordine pubblico.
Secondo il giudice amministrativo la sospensione della licenza, frutto di una riconosciuta ampia discrezionalità in capo al Questore, risponde al duplice obiettivo di privare i pregiudicati di un abituale punto di aggregazione e di manifestare “lippis et tonsoribus” che il locale è sotto la stessa attenzione delle Forze dell’Ordine.