‘Basta dimissioni rapide, salute prevalga sui costi’
I criteri di economicità, nel contenimento della spesa sanitaria, non possono
prevalere sul diritto alla salute dei cittadini ricoverati negli ospedali e le
dimissioni del paziente devono essere decise solo in base a valutazioni di
“ordine medico”, e non ancorate ai criteri fissati dalle ‘linee guida’ in uso
nelle strutture sanitarie. Lo sottolinea la Cassazione annullando l’assoluzione
di un medico dall’accusa di omicidio colposo di un paziente dimesso, seguendo i
criteri delle linee guida, dopo 9 giorni, da un intervento cardiaco.
Con questa decisione la Quarta sezione penale della Cassazione – sentenza
8254 – ha accolto il ricorso della procura della Corte d’Appello di Milano, e
dei familiari del paziente deceduto per essere stato dimesso troppo
frettolosamente, contro l’assoluzione di Roberto G., medico dell’ospedale civile
di Busto Arsizio nel quale Romildo B. era stato ricoverato il 9 giugno 2004 per
infarto al miocardio. Sottoposto ad angioplastica con applicazione di uno spent
‘medicato’, veniva dimesso dopo 9 giorni, il 18 giugno, dal momento che
risultava “asintomatico e stabilizzato”. Ma quella stessa notte, Romildo B.
aveva un nuovo scompenso e nonostante la moglie ed il figlio lo avessero
trasportato subito in ospedale, vi giunse già in arresto cardiocircolatorio. Se
l’uomo non fosse stato dimesso, ha accertato la perizia legale, sarebbe
tranquillamente sopravvissuto per le rapide cure che avrebbe ricevuto in
reparto. In primo grado il medico firmò che le dimissioni, venne condannato a 8
mesi di reclusione e a risarcire i danni morali ai familiari. In appello invece,
fu assolto “perché il fatto non costituisce reato” in quanto il medico aveva
seguito le linee guida in tema di dimissioni. Questa tesi non è stata condivisa
dalla Cassazione che ha accolto il reclamo della procura e dei familiari.
I supremi giudici criticano le ‘linee guida’ obiettando che “nulla si
conosce dei loro contenuti, né dell’autorità dalle quali provengono, né del loro
livello di scientificità, né delle finalità che con esse si intende perseguire,
né è dato di conoscere sé rappresentino un ulteriore garanzia per il paziente”
oppure se “altro non sono che uno strumento per garantire l’economicità della
gestione della struttura ospedaliera”. “A nessuno – prosegue la Cassazione – è
consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della
salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in
secondo piano le esigenze dell’ ammalato”. Inoltre la Cassazione ricorda ai
medici che prima di tutto devono rispondere al loro codice deontologico in base
al quale hanno il dovere “di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra
diversa esigenza” e, pertanto, non sono tenuti “al rispetto di quelle direttive
laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non
possono andare esenti da colpa ove se ne lascino condizionare, rinunciando al
proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a
livello ragionieristico”. Adesso per il medico troppo frettoloso di dimettere
Romildo B. pur di rispettare le linee guida economiche in vigore nell’ospedale,
si apre un nuovo processo. Il paziente deceduto, oltre ad essere stato colpito
da infarto, aveva anche un quadro clinico che consigliava prudenza in quanto era
un fumatore, obeso, il quale, probabilmente, non rientrava nei criteri
statistici delle linee guida.