Un ufficio dell’amministrazione finanziaria che assuma atteggiamenti vessatori verso un cittadino, per esempio quando pretende di portare a casa comunque un “risultato” nonostante l’accertamento sia in realtà infondato, finisce «quasi per apparentarne l’azione (dell’amministrazione finanziaria, ndr) a quella di estorsori». Parole forti che non vengono fuori da un qualunque partecipante a un convegno fiscale, ma dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Segno evidentemente di una sensibilità personale, ma anche di un disagio che effettivamente esiste tra i contribuenti, al di là della fondatezza o meno di singole posizioni.
A testimoniare che si tratta anche di una sensibilità personale del direttore dell’agenzia, va ricordato che non si tratta di un’iniziativa inedita. Lo stesso Befera ricorda che a ottobre dello scorso anno aveva inviato ai direttori centrali e regionali una lettera in cui metteva in risalto gli eccellenti risultati conseguiti dall’Agenzia, ma sottolineava anche la necessità di una condotta irreprensibile verso i contribuenti. Dopo l’intervento di ottobre, arrivano oggi un nuovo incoraggiamento e una strigliata alla “truppa”.
«Continuo a ricevere – afferma Befera – segnalazioni nelle quali si denunciano modi di agire che mi spingono adesso a rivolgermi direttamente a tutti voi per richiamare ognuno alle proprie responsabilità e ribadire ancora una volta che la nostra azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta. E non è tale quando esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non ammissibili nell’ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti».
Insomma c’è un «disagio reale», che non può essere trascurato. E in particolare, Befera stigmatizza i casi in cui «viene riferito che qualcuno, a giustificazione di tali comportamenti, farebbe presente di operare in quel modo per necessità di raggiungere l’obiettivo assegnato». Per evitare queste situazioni Befera conferma le indicazioni operative già fornite nella precedente lettera. «Se un accertamento non ha solido fondamento – scrive – non va fatto e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudoinfrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica stessa sembri essersi chiusa negativamente».
Per Befera, insomma, se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il
Fisco, non va ripagato con la moneta dell’«accanimento formalistico». Così come non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi e defatiganti, mentre costituisce una grave inadempienza ritardare l’esecuzione di sgravi o rimborsi dovuti. Sulla risposta a questa situazione, Befera è categorico: «Poiché i comportamenti negativi che ho appena descritto sono gravi per le conseguenze cui danno luogo, gravi saranno anche le relative sanzioni, nessuna esclusa».
Occorrerà valutare che impatto avrà poi questo messaggio sulla macchina organizzativa. In fondo, le indicazioni di Befera si pongono nella scia delle affermazioni del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, contro gli eccessi sui controlli. E all’indomani di questa presa di posizione un sindacato come il Salfi, per bocca del suo segretario, Sebastiano Callipo, aveva chiesto per i lavoratori del fisco, mal pagati e comunque tutori della legalità fiscale, piuttosto un sostegno dei vertici del dicastero economico che “attacchi”. E Roberto Cefalo della Uil Pa, sullo stesso ordine di idee, come primo commento alla lettera di Befera, segnala che i lavoratori del fisco mettono la loro faccia in un’azione pericolosa e complicata: «Meriterebbero – afferma – piuttosto parole di elogio».