Biscotti senza zucchero. Sono davvero sani e dietetici?
C’è chi li sceglie con la speranza di conciliare due desideri
contrastanti: mangiare dolciumi e non ingrassare. Chi vi ripiega per
soddisfare il palato senza mettere a rischio i livelli della glicemia,
bestia nera dei diabetici. Qualunque sia la motivazione che spinge
all’acquisto, sta di fatto che i biscotti senza zucchero sono in
continua espansione, pur restando una nicchia delle 530mila tonnellate
di biscotti prodotte ogni anno. Per i “sugar free”, il canale più ricco
è quello del supermercato. Gli scaffali ne propongono d’ogni genere.
C’è
la versione castigata, stile bio-salutista, che certe volte sa un po’
di cartone. Ma è sempre più presente anche quella “normale”, con le
nocciole, con la frutta o che trabocca cioccolato. Persino in farmacia,
negli austeri spazi dedicati ai diabetici, comincia a crescere
un’offerta davvero molto seducente. Qui, accanto alle marche meno note
importate dal Nord Europa, dove il consumo dei dolci “sugar free” è più
diffuso, è entrata a gamba tesa la farmaceutica Giulibani. L’espositore
della sua linea “Giusto senza zucchero” è una visione paradisiaca per
chi è costretto dal medico a rinunciare allo zucchero: cioccolate,
torroncini, crostatine, wafer ricoperti di cioccolato. È il trionfo del
dolce senza zucchero, ma non è ancora il lieto fine dell’eterno
conflitto tra la botte piena e la moglie ubriaca. Anzi. Dall’esame di
12 prodotti sugar free c’è molto da imparare.
Attentato alla glicemia
Il primo punto da chiarire riguarda la ragion d’essere di questi
biscotti: l’eliminazione degli zuccheri. Nonostante gli slogan
sbandierino ai quattro venti “senza zucchero”, infatti, il nemico
numero uno dei diabetici è sempre in agguato. In certi casi, poi, in
piena violazione delle leggi. Succede con i biscotti ricoperti di
cioccolato del Dr Faralli: un marchio che suona italiano, ma che è
prodotto dalla tedesca Gruyters e importato nel nostro paese dalla
Starkonz di Arezzo. I golosi biscotti, venduti in farmacia, si
dichiarano senza zucchero. Ma mentono spudoratamente: tra il cioccolato
e l’impasto, la ricetta conta su un’aggiunta di fruttosio che arriva a
sfiorare il 23%, quasi 5 volte sopra la soglia massima di legge. Un
vero attentato al delicato equilibrio glicemico dei diabetici.
Spiega, infatti, Giovanna Rufo dell’Aidi (l’associazione degli
industriali dolciari): “In base al regolamento Ce 1924/06, per essere
definito senza zucchero un prodotto non deve contenere zuccheri
aggiunti in misura superiore allo 0,5%. Sono considerati sia i
monosaccaridi, come glucosio e fruttosio, sia i disaccaridi, come il
saccarosio”. Visti i fatti, non stupisce che la confezione Dr Faralli
taccia anche il valore dei grassi saturi, della fibra e del sodio. Di
fruttosio se ne trova anche nei frollini Bio Ninì, che ne contengono il
13,2%. Ma in questo caso non c’è alcun tranello. Il fruttosio
appartiene alla mela presente nella ricetta e il produttore è tenuto
soltanto ad avvertire il consumatore che vi sono zuccheri naturalmente
presenti nell’alimento.
Lassativo per dessert
Il resto del campione è rappresentato da biscotti senza zuccheri
aggiunti. Quelli presenti rappresentano una quota dei carboidrati che
oscilla dallo 0,01% dichiarato dal produttore dei biscotti danesi al
burro al 3% degli Ottobrini. In tutti questi casi il gusto dolce è
assicurato dagli edulcoranti. Le sostanze dolcificanti ammesse dal dm
209/96 sono di due tipi. Gli edulcoranti intensivi hanno elevato potere
dolcificante e sono soggetti a limiti. Nei 12 biscotti abbiamo trovato
soltanto dell’acesulfame K: è nei biscotti danesi, ma misto ad altre
due sostanze addolcenti (lactitolo e inulina).
L’altra categoria di edulcoranti ammessi è quella dei polialcoli,
massicciamente impiegati nei prodotti da forno. Sono sostanze prive di
zuccheri, con poche calorie e molto economiche. Ma hanno un difetto:
provocano fastidiose conseguenze intestinali, flatulenza e diarrea. La
dose massima per non incorrere in questi inconvenienti è indefinita.
Per i produttori c’è soltanto l’obbligo di avvertire il consumatore del
possibile effetto lassativo quando i polialcoli superano il 10% della
composizione. Per il resto, il dm 209 ne autorizza l’uso senza alcuna
limitazione secondo la formula del q.b., quanto basta, inteso come la
quantità minima necessaria al raggiungimento dell’obiettivo. E nel
campione il q.b. è davvero elevato: si va da un minimo di 17,3% nei
Mangiar sano a un “pericoloso” 32,4% nei wafer della Giusto-Giuliani.