Black-out – responsabilità della società fornitrice di luce – sussistenza – liquidazione del danno – ricorso al fatto notorio – legittimità
Tribunale di Napoli
Sezione di Casoria
Sentenza 16 aprile 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
il Giudice Unico Onorario del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Casoria, Avv. Maurizio Bianco
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 433/06/C Ruolo Affari Contenziosi Civili
avente ad oggetto: appello avverso sentenza del Giudice di Pace di Casoria n. 1036/06 del 22.02.06 R.G.333/06
vertente tra
Enel Distribuzione s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso dall’Avv. Antonio de Notaristefani di Vastogirardi con studio in Napoli, Via Vittoria Colonna, 14
APPELLANTE
F. G., rapp.to e difeso dall’ Avv. Letizio Galdi e Avv. Antonio Alfiero con studio in Casoria, Via Matteotti, 96
APPELLATO
CONCLUSIONI
All’udienza del giorno 22.01.2007 le parti concludevano, rispettivamente, per l’accoglimento e per il rigetto dell’appello, con il favore delle spese processuali.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, F. G. conveniva l’ENEL Distribuzione s.p.a. innanzi al Giudice di Pace di Casoria esponendo:
-di aver stipulato contratto di somministrazione di energia elettrica con l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a.;
-che alle ore 03:25 della domenica del 28 settembre 2003 su tutto il territorio nazionale, ed in particolare in Campania, si verificava una interruzione della somministrazione di energia elettrica durata circa 15 – 18 ore;
-che tale evento determinava danni patrimoniali ed uno stravolgimento delle normali attività dell’istante e della sua famiglia, giacché il black-out impediva di attendere a quelle occupazioni cui era solito dedicarsi nel giorno settimanale festivo;
Con il predetto atto, l’istante chiedeva, previa declaratoria di inadempimento dell’Enel Distribuzione S.p.a. condannare la stessa al pagamento del danno patrimoniale e non patrimoniale, stimati in quella somma ritenuta di giustizia, con vittoria di spese diritti ed onorario di causa.
Si costituiva in giudizio la convenuta Enel Distribuzione S.p.A., che impugnava estensivamente la domanda, chiedendone il rigetto, con vittoria delle spese e competenze di lite. In particolare, deduceva che il D.Lgvo n. 79 del 16.3.99 aveva soppresso il monopolio delle attività del settore elettrico, a suo tempo attribuito all’Ente Nazionale per l’energia elettrica (poi divenuto ENEL S.p.A.) dalla legge 1643/62; che le attività di trasmissione e dispacciamento erano riservate allo Stato ed attribuite in concessione al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, estranea al gruppo Enel; che l’attività della distribuzione dell’energia elettrica era svolta in regime di concessione rilasciata dal Ministero competente ad un solo concessionario per ciascun ambito comunale; che l’art. 13 del citato D.lgvo aveva stabilito che l’Enel S.p.A. dovesse obbligatoriamente costituire società separate per le svolgimento dell’attività di: 1) produzione di energia elettrica, 2) distribuzione di energia elettrica e vendita ai clienti vincolati, 3) vendita ai clienti idonei, 4) esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione, il che veniva realizzato a decorrere dal 1.10.99; che da tale data la Enel Distribuzione S.p.A. operava ed opera solo nel campo della distribuzione di energia elettrica e di vendita ai clienti vincolati, essendole tassativamente precluso di svolgere l’attività di produzione e trasmissione della energia elettrica; che l’attività di produzione di energia elettrica era svolta da una molteplicità di soggetti, la maggior parte dei quali estranea all’Enel, che conferivano detta energia alla Rete di Distribuzione Nazionale gestita dal G.R.T.N., di proprietà esclusiva dello Stato, che a sua volta consegnava promiscuamente l’energia elettrica, da chiunque prodotta, ai numerosi distributori, concessionari di singoli Comuni, per la consegna agli utenti finali. Deduceva quindi che alcuna responsabilità per l’interruzione della somministrazione di energia era ascrivibile all’Enel Distribuzione S.p.A., in quanto la stessa non aveva ricevuto l’energia elettrica da consegnare agli utenti finali presso le cabine primarie di trasformazione, dove l’energia elettrica veniva trasformata da alta o altissima tensione in media tensione, secondo le disposizioni impartite dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale; che vi era stata una impossibilità oggettiva della Enel Distribuzione S.p.A. di adempiere derivante da causa ad essa non imputabile, in virtù dell’art. 1218 c.c.; che non era ravvisabile neanche una responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c., mancandone i presupposti; che comunque i danni lamentati non erano stati specificati né provati dall’istante.
In definitiva l’Enel. Distribuzione s.p.a., eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva ed, inoltre, che l’interruzione energetica era dovuta a causa non imputabile alla stessa, ai sensi dell’art. 1218 c.c., in quanto l’energia elettrica non gli era stata fornita, come per legge, dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.). Deduceva altresì che l’Enel Distribuzione s.p.a. non avrebbe potuto premunirsi rispetto a tale evento, mediante approntamento di centrali di produzione di riserva e relative reti di trasmissioni, in quanto ciò le era precluso per legge.
Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda con il favore delle spese.
Istruita la causa, per quanto necessario, il Giudice di Pace di Casoria, con la sentenza impugnata condannava l’ENEL Distribuzione al risarcimento dei danni in favore dell’attore, oltre alla rifusione delle spese processuali.
La sentenza veniva impugnata dalla parte soccombente, la quale deduceva la erroneità della decisione del giudice di prime cure ed, in particolare:
erroneità e contraddittorietà della motivazione nell’individuazione del soggetto responsabile, violazione dell’art. 1218 c.c. e 115 c.p.c.;
insussistenza e mancata prova del danno esistenziale, violazione dei principi sull’onere della prova e sul ricorso al notorio, violazione dell’art.1226 c.c.;
Si costituiva l’appellato deducendo la correttezza e la conformità a diritto della decisione impugnata, chiedendone la conferma, con il favore delle spese.
Sulle opposte conclusioni la causa veniva assegnata a sentenza, con termini di cui all’art. 190 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
La risoluzione della controversia passa, necessariamente, attraverso una analisi delle questioni sollevate dalle parti ed, in particolare:
della nullità dell’atto di citazione;
della legittimazione passiva dell’Enel Distribuzione s.p.a.;
della sussistenza della responsabilità, in capo all’Enel Distribuzione s.p.a. in ordine al black out ;
della sussistenza di cause di forza maggiore, anche i relazione al cd. impegno di potenza, contrattualmente assunto;
della prova e della liquidazione del danno;
Della nullità dell’atto di citazione e della legittimazione passiva dell’Enel Distribuzione s.p.a.
Le eccezioni formulate dall’Enel Distribuzione s.p.a. possono essere esaminate congiuntamente.
In ordine alla prima, dall’esame del menzionato atto introduttivo del giudizio di primo grado si ricavano chiaramente i fatti e le ragioni di diritto posti dall’attore a fondamento della loro domanda sottolineandosi, peraltro, che le compiute difese in merito svolte dalla società convenuta costituiscono ulteriore testimonianza dell’infondatezza di detta eccezione.
Quanto, invece, alla seconda va sottolineato che la legitimatio ad causam è espressione del principio, dettato dall’art. 81 cod. proc. civ., secondo il quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.
Ciò comporta -trattandosi di materia attinente al contraddittorio e mirandosi a prevenire una sentenza inutiliter data- la verifica, anche d’ufficio in ogni stato e in via preliminare al merito, dell’astratta coincidenza degli attori e dei convenuti, con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta.
La questione relativa alla legittimazione, pertanto, si distingue nettamente dall’accertamento in concreto che i medesimi soggetti siano, dal lato attivo e passivo, effettivamente titolari dei rapporti fatti valere in giudizio, concernendo tale ultima questione il merito della causa (cfr., in tal senso, ex aliis, Cass. 24 marzo 2004, n. 5912).
Nel caso di specie, allora, l’eccezione sul punto sollevata dalla società convenuta, odierna appellante, non pongono una questione di legittimazione ad causam, che nasce se dallo stesso atto introduttivo del giudizio emergono elementi per valutare in astratto la sussistenza o meno della titolarità attiva o passiva dei rapporti dedotti in giudizio, ma, riguardando la concreta esistenza della titolarità passiva dei medesimi rapporti, concernono una questione di merito che potrà soltanto comportare, se non dimostrata, il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti.
Le eccezioni, pertanto, convertite in motivi di gravame, non possono trovare accoglimento
Della sussistenza della responsabilità, in capo all’Enel Distribuzione s.p.a. in ordine al black out .
La mancata esatta esecuzione del contratto di fornitura di energia elettrica obbliga la parte inadempiente al risarcimento dei danni (artt. 1218, così come richiamato dall’art. 1570 c.c.).
Risulta provato, oltre che non contestato, che tra le parti intercorra un rapporto contrattuale avente ad oggetto la fornitura di energia elettrica.
Esso deve inquadrarsi nello schema contrattuale previsto dall’art. 1559 e ss. c.c., contratto di somministrazione, nel quale la prestazione assunta dall’Enel Distribuzione s.p.a. di erogazione di energia all’altro contraente è destinata a soddisfare, ad intervallo di tempo costante, bisogni periodici e continuativi, attraverso la costituzione di un rapporto durevole.
L’essenza di tale modello negoziale risiede nel fatto che il somministrante, a fronte del diritto di ricevere il corrispettivo con regolarità alle scadenze pattuite, assume su di sé l’obbligo di apprestare i mezzi necessari per l’adempimento dell’obbligazione assunta nonché i rischi della fornitura, che costituiscono l’alea normale del contratto scaturente dal proiettarsi delle prestazioni in futuro (Cass. 2359/68).
Nella fattispecie negoziale in esame, inoltre, l’Enel Distribuzione s.p.a. assume l’ulteriore obbligo di mantenere a disposizione dell’utente il cd. impegno di potenza, che si configura come una prestazione accessoria rispetto a quella principale di fornire l’energia elettrica, a fronte di un corrispettivo ulteriore, che matura in relazione al consumo complessivo (Cass. 1259/1988).
In definitiva l’Enel Distribuzione, con il detto contratto, si impegna ad assicurare una regolare e continua erogazione di energia elettrica mentre l’utente si obbliga a pagare il prezzo della fornitura.
Risultando l’utente adempiente alla propria prestazione ed avendo riconosciuto, l’Enel Distribuzione s.p.a. l’interruzione del servizio, quest’ultima sarà da dichiararsi inadempiente agli obblighi assunti e, conseguentemente, responsabile dei danni da tale inadempimento scaturiti.
Della sussistenza di cause di forza maggiore, anche i relazione al cd. impegno di potenza, contrattualmente assunto.
L’Enel Distribuzione s.p.a., pur confermando la circostanza della interruzione della fornitura, nega la propria responsabilità.
Ciò premettendo di essere tenuta soltanto alla distribuzione e non anche alla produzione e trasmissione della energia elettrica, per disposizione di legge, e conseguentemente deducendo l’esistenza di una causa di forza maggiore ad essa non imputabile, consistente nella mancata erogazione di energia da parte di terzi, che le avrebbe impedito di adempiere la propria obbligazione.
L’eccezione non coglie nel segno.
A mente dell’art. 1218 c.c. il debitore può liberarsi delle conseguenze dell’inadempimento se prova che esso è da ricondurre a causa a lui non imputabile.
La giurisprudenza, condivisibilmente, ha chiarito che tale prova deve essere rigorosa, piena e completa e deve comprendere anche la dimostrazione della mancanza di colpa del debitore, sotto qualsiasi profilo, dovendosi, diversamente, presumersi nel medesimo la sussistenza di tale elemento soggettivo (Cass. sent. 7604/96), evidenziando che non una situazione di maggiore difficoltà ad adempiere ma l’assoluta impossibilità della prestazione, libera dalla responsabilità (Cass. 1601/80).
La sussistenza di una causa di impossibilità della prestazione va esclusa per tre ordini di motivi:
1)L’Enel Distribuzione s.p.a. riconosce di esserle preclusa la produzione di energia e di riceverla da enti terzi.
Naturalmente il dato era esistente anche al momento della conclusione del contratto con l’utente ed essa, pertanto, si obbligava a fornire un prodotto già al di fuori della sua disponibilità al momento dell’assunzione dell’obbligazione.
Con il contratto, dunque, l’Enel Distribuzione s.p.a. ha assunto l’obbligo di acquisire l’energia da terzi e fornirla ai clienti.
Se la ricostruzione è corretta, come lo è, l’Enel Distribuzione s.p.a. non ha provato, né chiesto di provare, che tale acquisizione di energia da terzi, da tutti i terzi, sia stata impossibile nell’immediatezza del black out.
L’evento della interruzione dei flussi per la caduta di un albero in Svizzera, riportato dalle cronache del tempo, non ha alcun effetto sul rapporto dedotto in giudizio, inerendo – invece – al diverso rapporto intercorrente tra Enel Distribuzione s.p.a. ed il produttore dell’energia.
Soltanto in quest’ultimo rapporto negoziale, estraneo al presente giudizio in quanto il produttore non risulta essere stato chiamato in causa, potrebbe rilevarsi una causa di forza maggiore e la impossibilità della prestazione ma non in quello oggetto della presente procedura.
In altri termini l’Enel Distribuzione avrebbe dovuto provare l’impossibilità assoluta di rifornirsi di energia, di qualsiasi tipo di energia e da qualsiasi produttore, rimanendo completamente senza effetti la circostanza relativa all’interruzione dei flussi dal produttore contraente della società distributrice alla società distributrice stessa.
Ed infatti, in materia di responsabilità contrattuale, l’art. 1218 c.c. è strutturato in modo da porre a carico del debitore, per il solo fatto dell’inadempimento, una presunzione di colpa superabile mediante la prova dello specifico impedimento che abbia reso impossibile la prestazione o, almeno, la dimostrazione che, qualunque sia stata la causa dell’impossibilità, la medesima non possa essere imputabile al debitore. Peraltro, perché l’impossibilità della prestazione costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, non basta eccepire che la prestazione non possa eseguirsi per fatto del terzo ma occorre dimostrare la propria assenza di colpa con l’uso della diligenza spiegata per rimuovere l’ostacolo frapposto da altri all’esatto adempimento. ( ex alios Cass. Civ., sez. III, 5 agosto 2002, n. 11717)
In definitiva l’Enel Distribuzione s.p.a. non ha dimostrato di aver fatto tutto il possibile per adempiere la propria obbligazione.
2)L’utente corrisponde, oltre al prezzo dell’energia utilizzata, una somma aggiuntiva per garantire l’impegno di potenza che costituisce una prestazione continua, accessoria e strumentale a quella principale della fornitura e si sostanzia nell’obbligo del somministrante di predisporre e mantenere l’impianto in modo da tenere a disposizione dell’utente una determinata quantità di energia, a cui corrisponde un corrispettivo fisso, da parte dell’utente, da pagarsi periodicamente e che viene a maturare contemporaneamente ed in proporzione al consumo di energia.
L’interruzione dell’erogazione dell’energia ed il lungo tempo occorso per la riattivazione del servizio dimostrano, con assoluta evidenza, l’inadempimento a detta obbligazione accessoria che, per la sua rilevanza all’interno del sinallagma contrattuale, si riverbera sull’inadempimento anche rispetto alla obbligazione principale;
3)Elemento connaturato al contratto oggetto del presente giudizio è che l’adempimento dell’Enel Distribuzione s.p.a. – che come essa stessa deduce non può produrre energia ma solo distribuirla – evidentemente dipende dall’adempimento del produttore, ma, impegnandosi in proprio per il fatto di un terzo, assume su di sé tutte le conseguenze di ogni eventuale interruzione del flusso.
In altri termini è corretto affermare che l‘essenza di tale contratto consiste nel fatto che il somministrante, nell’impegnarsi a soddisfare i bisogni futuri dell’utente, assume su di sé, oltre che l’obbligo di apprestare i mezzi necessari per l’adempimento, anche i rischi della fornitura, costituendo quest’ultima l’alea normale del contratto.
In caso contrario e cioè se il mancato rifornimento di energia dal produttore all’Enel Distribuzione s.p.a. si potesse configurare come causa di forza maggiore determinante l’impossibilità della prestazione, verrebbe meno la funzione stessa del contratto, rimanendo svuotata di contenuto la prestazione della somministrante.
Anche per tale motivo non può dirsi sussistente alcuna causa di forza maggiore giustificante la dedotta impossibilità della prestazione.
L’Enel Distribuzione, quindi, dichiarata responsabile per l’inadempimento connesso al black out sarà tenuta al risarcimento dei danni, conformemente a quanto statuito dalla sentenza impugnata.
Della prova e della liquidazione del danno.
In via generale, ed in relazione ai motivi di gravame concernenti il ricorso al notorio, occorre evidenziare che secondo un condiviso orientamento giurisprudenziale (Cass. 08.07.99, n. 7181: Cass. 27.02.04, n. 3980) esso, da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura in un dato tempo e luogo, costituisce deroga al principio dispositivo ed a quello del contraddittorio che deve riferirsi a fatti acquisiti con tale grado di certezza da trascendere la conoscenza del singolo giudice ed apparire indubitabili ed incontestabili.
Può formare oggetto del notorio sia un fatto principale che uno secondario, da intendere il primo come fatto costitutivo, estintivo o impeditivo del rapporto ed il secondo come fatto dal quale si possa desumere direttamente o indirettamente l’esistenza o inesistenza di un fatto giuridico; con la differenza che, se il notorio attiene a fatto principale, la parte è esonerata dall’onere di provare il fatto, ma non da quello di allegarne l’esistenza, sicché viola il disposto degli artt. 99 e 112 c.p.c. il giudice che lo pone a base della sua decisione ancorché non sia stato allegato, mentre, se attiene a fatto secondario, per motivi di economia processuale ne è consentita l’utilizzazione giudiziale a prescindere dall’allegazione.
Se il giudice non ritiene notorio un fatto prospettato come tale o, al contrario, ritiene notorio un fatto non prospettato come tale, la sua decisione non è censurabile in sede di legittimità per vizi di motivazione, non essendo egli tenuto ad indicare gli elementi sui quali la fonda. (Corte di Cassazione Sezione 3 civile Sentenza 29.04.2005, n. 9001).
Nella fattispecie sono da ritenere fatti pacifici ed incontestabili, che supportano l’istruttoria pur in merito svolta, sia la sussistenza dei danni patrimoniali che di quelli non patrimoniali richiesti.
In merito a quelli patrimoniali non v’è dubbio in ordine alla esistenza, così come è in ogni famiglia media, di alimenti nel frigo che, a causa della interruzione per circa quindici ore della fornitura di energia elettrica, abbiano subito un processo di deterioramento.
Anche alla luce delle temperature mediamente alte che normalmente si riscontrano nella zona in periodi analoghi a quello dell’evento dannoso, non può dubitarsi che gli alimenti conservati, quando non avariati del tutto, abbiano subito un tale pregiudizio delle caratteristiche organolettiche e nutritive da ritenersi inutilizzabili.
A ciò si aggiunga che per ogni frigorifero è previsto un reparto per il congelamento, il freezer, e che gli alimenti ivi contenuti, in conseguenza del lungo tempo di assenza di energia elettrica, siano andati inevitabilmente deteriorati.
La liquidazione del danno, effettuata dal giudice di prime cure secondo equità, condivisibilmente alla luce della obiettiva difficoltà di provarne l’ammontare, appare corretta e commisurata ad una presenza minima di alimenti.
In merito ai danni non patrimoniali c’è da dire che la giurisprudenza della Suprema Corte per anni ha riconosciuto risarcibilità al solo danno c.d. morale soggettivo, previo positivo accertamento della colpa dell’autore dello stesso, in tal modo interpretando in via restrittiva l’art. 2059 c.c. in combinato disposto con l’art. 185 c.p..
Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza n. 233/2003 ha sancito il superamento della tradizionale affermazione secondo la quale il danno non patrimoniale riguardato dall’art. 2059 c. c. si identificherebbe con il cosiddetto danno morale soggettivo e – richiamando anch’essa le sentenze della Suprema Corte nn. 8827/2003 e 8828/2003 – ha rilevato essere stata ricondotta a razionalità e coerenza la questione della tutela risarcitoria del danno alla persona, con la prospettazione di un’interpretazione costituzionalmente orientata dall’art. 2059 c. c., tesa a ricomprendere nell’astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona e, cioè, sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima, sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, sia infine il danno esistenziale derivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona.
E conclude affermando che l’ art. 2059 c. c. debba essere interpretato nel senso che il danno non patrimoniale, in quanto riferito alla astratta fattispecie di reato, sia risarcibile anche nell’ipotesi in cui, in sede civile, la colpa dell’autore del fatto risulti da una presunzione di legge.
Recentemente, con riguardo alla riconoscibilità del danno esistenziale, la Suprema Corte ha, poi, con sentenza n.2546 del 06.02.2007, ribadito che il danno esistenziale, da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, non costituisce una componente o voce né del danno biologico né del danno morale, ma un autonomo titolo di danno.
Ciò detto non può essere revocato in dubbio che l’interruzione dell’energia elettrica per un così lungo lasso di tempo abbia provocato nell’utente una forte limitazione delle normali attività – generalmente effettuate nei giorni festivi ma non necessariamente – espressioni del più generale svolgimento della propria personalità.
La assenza di luce artificiale, l’impossibilità di utilizzare tutti gli elettrodomestici, il mancato funzionamento dei condizionatori e dei computers, dell’impianto di riscaldamento dell’acqua e dei citofoni, l’impossibile ricaricamento dei telefoni cellulari ed in generale il senso di angoscia provocato dall’attesa di un ritorno alla normalità, attesa durata circa quindici ore, sono elementi che hanno accomunato la generalità degli utenti, nel periodo del black out , e che hanno provocato un danno, esistenziale, ingiusto e risarcibile.
La misura del risarcimento, liquidata dal giudice di prime cure in via equitativa, appare commisurata al pregiudizio arrecato, in difetto della prova di un maggior danno.
In definitiva, quindi, l’appello va respinto, con conferma della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice Unico del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Casoria, definitivamente pronunciando sulla domanda, così provvede:
Rigetta l’appello;
Condanna l’Enel Distribuzione s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese processuali relative al presente grado di giudizio quantificate nella complessiva somma di euro 1.950,00 di cui euro 70,00 per spese, euro 850,00 per diritti, ed euro 1030,00 per onorari oltre spese generali, IVA e CPA come per legge se idoneamente documentate con fattura, con attribuzione ai procuratori antistatari Avv. Galdi e Avv. Alfiero.
Così deciso in Casoria, li 16.04.2007
Il G.O.T.Avv. Maurizio Bianco