Bond Argentina: condanna della banca per violazione degli obblighi informativi
Tribunale di Bari
Sezione II Civile
Sentenza 7 novembre 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BARI
Seconda sezione civile
Il Giudice Unico Luigi Agostinacchio
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 7822 dell’anno 2002
TRA
XXX (eredi di), ZZZ, elettivamente domiciliata in Bari, al viale Borsellino e Falcone n. 11, presso e nello studio dell’avv. Massimo Melpignano, dal quale sono rappresentati e difesi, in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione,
– attori –
CONTRO
Banca Popolare di Puglia e Basilicata soc. coop. a r.l. in Bari, al corso Vittorio Emanuele n. 143, presso e nello studio dell’avv. Antonio De Feo, dal quale è rappresentata e difesa unitamente all’avv. Francesco Marotta, in virtù di procura in calce alla copia notificata della citazione.
– convenuto –
All’udienza del 13.7.2006, la causa è passata in decisione sulle conclusioni dei procuratori costituiti, che qui di seguito si riportano:
per gli attori: come da p.v. in data 13.7.2006 (si richiamano a quelle già formulate in citazione, insistendo per il loro integrale accoglimento);
per la banca convenuta: come da p.v. in data 13.7.2006 (si riporta a quelle già rassegnate all’udienza del 16.5.2006 nonché alla comparsa conclusionale).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12.11.2002 XXX e ZZZ convenivano in giudizio la Banca Popolare di Puglia e Basilicata (in seguito B.P.P.B.) soc. coop. a r. l. e la Consob chiedendo che fosse accertata la violazione da parte della banca degli obblighi posti da norme imperative (art.21 d.lgs. n.58/98; artt.28 e 29 Reg.Consob 11522/98) e dal regolamento contrattuale, con riferimento all’acquisto, in data 15.2.2000 e 12.4.2000, di titoli emessi dalla Repubblica Argentina al prezzo (comprensivo di spese e tasse), rispettivamente, di € 36.110,24 e di € 47.323,13, con conseguente condanna della convenuta al risarcimento del danno, quantificato in € 91.942,37 (€ 83.433,37 per danno emergente; € 7.509,00 per lucro cessante, calcolato in base ad un investimento a breve termine con un rendimento medio annuo del 3%; € 1.000,00 per danno esistenziale), oltre rivalutazione ed interessi legali.
Esponevano gli attori che erano intestatari di un conto titoli presso la filiale di Bari della B.P.P.B. contraddistinto dal n.109/91 e che erano stati indotti all’acquisto, definito sicuro e conveniente, da due dipendenti della banca, addetti al servizio in questione; che, a seguito della grave crisi economica che aveva colpito l’Argentina, era stato sospeso il pagamento degli interessi ed il rimborso del capitale dei titoli obbligazionari in circolazione; che era stata disattesa la richiesta tempestivamente formulata alla banca di ricevere copia dei contratti sottoscritti e dei documenti ad essi relativi, con specifico riferimento al prospetto informativo dei rischi connessi con l’operazione; che la convenuta aveva agito in violazione della normativa speciale a tutela degli investitori in strumenti finanziari (art.21, comma 1 lett. A e B d. lgs. n.58/98 – obbligo di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e per 1’integrìtà del mercato; obbligo di acquisizione e di trasmissione delle informazioni al cliente – art.28, comma 1 lett. A e B del Reg. Consob n.11522/98 e successive modificazioni – obbligo di acquisire notizie dall’investitore circa la sua propensione al rischio e di consegna dei documenti sui rischi generali dell’investimento – art.28, comma 2 Reg. cit. – obbligo di non effettuare operazioni senza una preventiva ed adeguata informazione – art.29, comma 1, 2, 3 Reg. cit – obblighi di fornire le avvertenze del caso in relazioni ad operazioni, come quella di specie, da ritenersi non adeguata, con acquisizione di documentazione scritta circa la volontà dell’investitore di far eseguire l’ordine); che le violazioni riscontrate erano causa di nullità del contratto e costituivano altresì inadempimento ai sensi degli artt.1218 e 1375 c.c. e giustificavano in ogni caso la pretesa risarcitoria.
Si costituiva la banca convenuta, con comparsa di risposta depositata il 4.2.2003, contestando la domanda sul presupposto della sua infondatezza e chiedendone il rigetto. Deduceva a riguardo che i clienti avevano sottoscritto il contratto di negoziazione dei titoli indicato in citazione, con la dichiarazione di rifiuto della volontà di fornire informazioni sulla loro situazione patrimoniale e sugli obiettivi d’investimento; che sulla base di tale contratto gli attori avevano effettuato negli anni varie operazioni finanziarie e spontaneamente avevano richiesto l’acquisto dei titoli argentini in oggetto; che era stato ad essi trasmesso in data 31.12.98 il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari; che la banca quindi non aveva violato le disposizioni di legge richiamate genericamente da controparte; che, in ogni caso, il danno non era provato con riferimento sia al nesso di causalità con l’illecito lamentato sia ai criteri di quantificazione.
Non si costituiva invece la Consob.
Instaurato il contraddittorio, durante la fase di trattazione le parti ampliavano le rispettive tesi difensive, senza modificare le conclusioni formulate.
A seguito del decesso di XXX, si costituivano altresì in prosecuzione, con comparsa depositata il 14.1.2004, gli eredi YYY, ZZZ e KKK.
La causa era quindi istruita con acquisizioni documentali e l’escussione di due testi presentati dalla banca convenuta; riservata una prima volta per la decisione era in seguito rimessa sul ruolo, per l’espletamento di consulenza tecnica, in relazione ai prodotti finanziari in argomento.
Espletata la C.T.U. era infine trattenuta per la statuizione finale con termine per il deposito di comparse conclusionali e di repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda è fondata e merita accoglimento per quanto di ragione.
A seguito della consulenza tecnica d’ufficio redatta dal prof. Antonio Dell’Atti, depositata il 13.7.2006, possono ritenersi acquisiti fondamentali elementi di valutazione relativi alla caratteristiche del prodotto finanziario in questione all’epoca dell’acquisto da parte dei coniugi XXX; al tipo d’informazione fornita a riguardo dalla banca; all’analisi dell’operazione d’investimento in termini di adeguatezza.
XXX e YYY sottoscrissero in data 5.1.1992 con la Banca Popolare della Murgia (in seguito B.P.P.B.) un contratto di negoziazione, sottoscrizione, collocamento e raccolta ordini concernenti valori mobiliari. Nell’ambito di tale contratto “quadro” effettuarono poi operazioni d’investimento in base alla propria disponibilità finanziaria. I1 15.2.2000 ed il 12.4.2000 ordinarono alla banca l’acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina al prezzo (comprensivo di capitale, rateo anticipato d’interesse e spese) – rispettivamente – di € 47.323,13 (titolo Rep.Arg.B%) e di € 36.110,24 (titolo Rep.Arg.8,125%), con cedola annuale posticipata per il pagamento degli interessi. Nel dicembre 2001 la Repubblica Argentina sospesero il pagamento degli interessi ed il rimborso delle obbligazioni emesse, comprese quelle acquistate dai coniugi XXX. Risulta altresì che sino al momento dell’acquisto dei prodotti argentini gli attori avevano effettuato – dal 1992 al 2000, secondo il dossier titoli esaminato dal consulente – quasi esclusivamente operazioni in titoli di stato (BPT), ad eccezione dell’acquisto, nel 1995, di obbligazioni dell’Enel s.p.a. (“una delle più solide società italiane”) – detenute in portafoglio solo per pochi mesi – e, nel 1998/99, di fondi comuni d’investimento. Nonostante quindi nel contratto quadro del 1992 risultasse barrata la casella con l’indicazione prestampata “non abbiamo ritenuto di fornire le indicazioni richieste sulla nostra situazione finanziaria e sugli obiettivi d’investimento”, è acquisito che gli attori fino al momento dell’acquisto dei titolo argentini, nel 2000, “presentavano un grado di avversione al rischio medio-alto ed effettuavano operazioni in valori mobiliari caratterizzati da un basso livello di rischiosità, accettando rendimenti contenuti” (pag.9 della C.T.U.).
Dall’interpello delle agenzie di rating più importanti al mondo (Fitch, Moody’s, Standard & Poor) è risultato altresì che esse hanno iniziato ad apprezzare il reale stato di difficoltà della Repubblica Argentina solo pochi mesi prima del definitivo tracollo (lo stato di default risale a novembre del 2001) e, tuttavia, “già consideravano non altamente affidabile il suo debito sin dal 1997; in particolare dai rating assegnati al momento degli acquisti da parte degli attori emerge chiaramente come il mantenimento delle condizioni di solvibilità della Repubblica Argentina fosse incerto e che l’investimento in strumenti finanziari presentasse medio-alti livelli di rischiosità associati ad altrettanto medio-alti livelli di redditività” (pag.13).
Il prodotto in argomento si prestava pertanto a fini tipicamente speculativi, finalità estranea al comportamento degli attori, così come manifestato alla banca convenuta durante il consistente lasso di tempo (circa otto anni) nel quali essi operarono sul mercato finanziario, prima degli ordini di acquisto delle obbligazioni argentine.
Le emissioni di tali prodotti inoltre non prevedevano il prospetto informativo (pag.8); nel caso del titolo Rep.Arg.8$ il mercato era altresì altamente specializzato, attesa la quotazione sul M.O.T. (mercato obbligazionario telematico). Nell’ambito delle operazioni di consulenza – infine – i1 c.t.p. della banca ha fatto pervenire osservazioni che ben evidenziano le convinzioni sottese alle decisioni adottate nell’esecuzione degli ordini: per il solo fatto che i clienti avevano manifestato una mutata propensione al rischio, l’operazione di acquisto è stata ritenuta adeguata (allegato 3 alla C.T.U.).
Dall’insieme degli elementi di giudizio che precedono emerge un comportamento della banca in evidente violazione di obblighi specifici posti dalla legge a suo carico nell’espletamento dell’attività d’intermediazione finanziaria; in particolare, dal combinato disposto di cui agli artt. 21 lett. a) e b) del d. 1gs. 24.2.1998 n.58 e 28 del regolamento Consob 1.7.1998 n.11522 che impongono all’istituto di credito di prestare i servizi di investimento con diligenza e di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati.
La banca nel caso di specie doveva avvertire gli attori che i titoli avevano la suddetta caratteristica speculativa e, in seguito, che ricevevano una valutazione progressivamente negativa da parte delle agenzie internazionali, in tal modo consentendo non solo la consapevole accettazione iniziale dei rischi del prodotto ma anche la valutazione in ordine alla conservazione delle obbligazioni argentine in portafoglio.
Il profilo dell’investitore si era rivelato negli anni poco propenso al rischio, per cui l’informazione doveva essere particolarmente attenta, in mancanza di altri elementi da cui desumere che i coniugi XXX si fossero evoluti verso ottiche caratterizzate da una minore avversione al rischio e dalla ricerca di una maggiore redditività dei propri investimenti (pag.9 della C.T.U.). La natura risarcitoria della pretesa giudiziaria – per gli aspetti che saranno meglio precisati in seguito – ha infatti come conseguenza processuale (art.23, comma 6 t.u.i.f.) l’onere della banca di dimostrare di essersi attenuta agli obblighi comportamentali previsti dalla normativa di settore e di aver quindi verificato l’esistenza di cambiamenti nel tempo di quei fattori che orientano la scelta dell’investitore, quali l’esperienza maturata in materia finanziaria, la variazione del reddito e del patrimonio, l’età ecc.
Prova che non è stata fornita.
Premesso altresì che nessun riscontro scritto è stato dato in relazione ad una specifica attività d’informazione effettuata in favore dei clienti, i testi presentati dalla convenuta hanno confermato, anziché smentire, l’inadempímento di quest’ultima (verbale di udienza del 21.9.2004): il teste Mazzilli, dipendente della banca, ha affermato che si occupò del primo ordine di acquisto e che nell’occasione non fornì alcuna indicazione al XXX; il teste Martino, anch’egli dipendente della banca, ha a sua volta dichiarato che ricevette l’altro ordine e che “il XXX si mostrò ben informato, in quanto aveva già acquistato in precedenza bond argentini dal collega”.In definitiva, il prodotto – privo di prospetto informativo fornito dall’emittente – fu oggetto d’intermediazione finanziaria senza alcuna informazione, neanche minimale, nonostante la sua notevole diversità dai titoli acquistati in precedenza dagli attori. L’investimento si presentava quindi non adeguato per tipologia allo standard di quei clienti, per cui la banca era tenuta ad acquisire l’ordine per iscritto, a conferma della persistente volontà dell’investitore di dar corso all’operazione (art.29 Reg. Consob cit.), non potendosi presumere – come pretende il c.t.p. della B.P.P.B. – che l’iniziativa di procedere all’acquisto sottenda la completa acquisizione d’informazioni sul prodotto, ritenuto idoneo a realizzare i1 proprio obiettivo speculativo, vanificandosi altrimenti la tutela dell’investitore (e del risparmio) garantita dal legislatore. Resta da stabilire che incidenza abbiano nel sinallagma contrattuale le violazioni suddette, con riferimento alla domanda proposta. Gli attori hanno richiesto l’accertamento giudiziale di tali violazioni e la condanna della banca al risarcimento del danno consequenziale. Hanno richiamato a tal fine le norme in tema di nullità del contratto e d’inadempimento contrattuale. A prescindere dalla circostanza che non è stata chiesta la pronuncia di nullità dei contratti di acquisto dei titoli argentini, il riferimento al carattere imperativo delle citate disposizioni del t.u.i.f. e del reg. Consob – derivante dalla natura pubblicistica degli interessi protetti ex art.47 Cost. – non può ritenersi sufficiente ad integrare l’ipotesi della nullità ai sensi de11’art.1418 c.c. E’ condivisibile a riguardo il recente indirizzo interpretativo della Suprema Corte (Cass. 29.9.2005 n.19024) che – in conformità con il prevalente orientamento della prevalente giurisprudenza di merito – ha stabilito che la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell’art.1418, primo comma, c.c. postula che siffatta violazione attenga ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del contratto, e quindi l’illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità del contratto, indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista anche in riferimento a detta ipotesi (in applicazione di siffatto principio, la Corte ha escluso che l’inosservanza degli obblighi informativi stabiliti, concernente i contratti aventi ad oggetto la compravendita di valori mobiliari, cagioni la nullità del negozio, poichè essi riguardano elementi utili per la valutazione della convenienza dell’operazione).
Gli attori non hanno altresì richiesto la risoluzione per inadempimento del contratto con effetti restitutori, limitando la domanda al profilo risarcitorio (l’art.1453 c.c. d’altra parte, pur prevedendo il rimedio caducatorio, fa salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno). Il pregiudizio patrimoniale va correttamente individuato con riferimento sia all’an che al quantum. L’inadempimento della banca agli obblighi informativi ha inciso sulla valutazione della convenienza dell’operazione sia in fase genetica (di acquisto del prodotto) sia in fase esecutiva (di gestione del proprio portafoglio). Se la banca avesse correttamente informato gli attori è presumibile che essi non avrebbero investito i propri risparmi in titoli con indice di rischio già alto in partenza e con progressivo aumento fino al default.
La decisione della Repubblica Argentina, nel dicembre 2001, di sospendere il pagamento degli interessi ed il rimborso delle obbligazioni, ha quindi determinato un pregiudizio nella sfera patrimoniale degli attori, causalmente riconducibile all’inadempimento contrattuale della banca, la quale, nell’esecuzione della propria prestazione, avrebbe dovuto garantire quelli standards informativi ritenuti dal legislatore indefettibili per orientare l’acquisto dell’investitore non qualificato. Dalla consulenza espletata risulta anche che fino al default gli attori hanno percepito interessi maturati su entrambi i bond argentini pari complessivamente a € 10.280,81 (pag.18). L’esborso sostenuto per le due operazioni di acquisto – comprensivo di capitale, interesse e spese – è stato di € (47.323,13 + 36.110,24) _ € 83.433,37. La perdita subita (danno emergente) deve quantificarsi quindi in € (83.433,37 – 10.280,81) _ € 73.152,56, con riferimento alla data dell’evento rivelatosi pregiudizievole (dicembre del 2001). E’ stata richiesta anche la liquidazione del danno da mancato guadagno (lucro cessante) “per tre anni (2000 – 2001 – 2002)” quantificato con riferimento all’investimento di un titolo di stato italiano a breve termine con un reddito medio annuo di circa il 3% (pag.14 della citazione, richiamato nelle conclusioni). Orbene, negli anni 2000 e 2001 gli attori hanno percepito utili corrispondenti all’8% e all’8,125% del capitale investito, ben superiori – per loro stessa ammissione – a quelli che potevano ricavare dai titoli di stato, circostanza che porta ad escludere l’esistenza di un danno da mancato guadagno non solo per gli anni di riscossione degli interessi (durante i quali le obbligazioni si rivelarono remunerative) ma anche per l’anno 2002, d’instaurazione della lite. In una valutazione complessiva, la mancata redditività dei titoli, circoscritta ad un anno, non costituisce un danno apprezzabile, a fronte del pregresso rendimento e delle prospettate abitudini d’investimento. E’ appena il caso di evidenziare che nessun danno esistenziale può essere riconosciuto, in quanto genericamente dedotto agli atti di causa e comunque non provato.
In definitiva, il danno può essere liquidato alla suddetta data del dicembre 2001 in € 73.152,56. Trattandosi di debito di valore – da illecito contrattuale – la somma va rivalutata alla data della decisione, secondo gli indici ISTAT (indicatori affidabili del livello di riduzione, nel tempo, del potere di acquisto della moneta nazionale). La mancata utilizzazione del dovuto ha altresì determinato un danno: il ritardo nel pagamento costituisce infatti lucro cessante, rilevante ai sensi dell’art.2056/comma 2° c.c. risarcibile attraverso il ricorso agli interessi – fissato in via equitativa al tasso legale – da corrispondersi sulla sorte capitale rivalutata annualmente secondo indici ISTAT (in tal senso Cass. Sez.Un. 17.2.1995 n.1712). Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Le spese di C.T.U. sono in via definitiva a carico della banca soccombente.
P.T.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con atto di citazione notificato il 12.11.2002 da XXX (al quale sono subentrati gli eredi YYY, ZZZ, KKK nei confronti della Banca Popolare di Puglia e Basilicata soc.coop. a r.l. così provvede:
• accoglie per quanto di ragione la domanda di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale e, per l’effetto, condanna la banca convenuta al pagamento in favore degli attori in solido della somma di € 73.152,56 – liquidata alla data di dicembre 2001 – oltre alla rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT fino alla decisione ed agli interessi legali sulla sorte capitale rivalutata annualmente secondo gli stessi indici, a partire da dicembre 2001;• condanna la banca convenuta al pagamento delle spese processuali, liquidate complessivamente in € (…….), oltre 12,50% ex art.14 tariffe forensi, CAP ed IVA;• pone in via definitiva il costo della C.T.U. a carico della banca convenuta.
Bari, 7.11.2006.