Bond Argentina: sì al risarcimento anche se l’investitore è consulente finanziario Tribunale Napoli, sez. VIII civile, sentenza 13.02.2009 n° 1825
La sentenza n. 1825/2009 del Tribunale di
Napoli pur relativa alla questione Bond Argentina, ampiamente
affrontata dai Tribunali italiani, si differenzia dalle altre per avere
accolto la domanda nonostante la qualifica professionale dell’investitore.
L’attore,
infatti, è consulente finanziario e la banca convenuta ha sviluppato
parte delle difese sostenendo che, a causa di detta attività di
consulente finanziario, lo stesso era da ricomprendere tra gli
operatori qualificati contemplati dall’art. 31 reg. Consob n. 11522/98.
Il
Giudice relatore, dott.ssa Del Giudice, ha rigettato, tra le altre,
tale eccezione escludendo che l’attore rientrasse tra gli operatori
qualificati previsti dal citato art. 31 (qualifica attribuibile ad
altra categoria di operatori) ed ha aggiunto che non è di ostacolo il
fatto che il cliente abbia in precedenza acquistato un altro titolo a
rischio perché ciò non basta a renderlo operatore qualificato ai sensi
della normativa regolamentare dettata dalla Consob. Inoltre il Giudice
relatore ha aggiunto che, sebbene l’investimento appaia adeguato al
profilo di investitore dell’attore, sussiste comunque l’inadempimento
della banca che non ha consentito all’attore di scegliere in maniera
consapevole l’investimento, anche se adeguato al suo profilo. Il resto
della sentenza puntualizza, poi, gli elementi già discussi e risolti in
favore dei consumatori.
Tribunale di Napoli
Sezione VIII Civile
Sentenza 4-13 febbraio 2009, n. 1825
TRIBUNALE DI NAPOLI
SEZIONE CIVILE OTTAVA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Napoli, nelle persone dei magistrati
Dr. Luigi Bello Presidente
Dr. Giorgio Sensale Giudice
Dr. Paola Del Giudice Giudice relatore ed estensore,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al N.27662 del R.G.O. dell’anno 2006
TRA
XXXX,
residente in XXX, elettivamente domiciliato in Napoli al Corso Umberto
I 191 presso lo studio dell’avv. Giuseppe Ursini, che lo rappresenta e
difende
ATTORE
E
BANCA XXX S.P.A.,
con sede in XX, in persona del legale rappresentante p.t.,
elettivamente domiciliato in XXX presso lo studio dell’avv. XXX, che lo
rappresenta e difende
CONVENUTA
Conclusioni dell’attore: accoglimento della domanda con vittoria di spese legali.
Conclusioni della convenuta: si riporta alle note depositate il 16-1-2009
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
atto di citazione notificato ex art. 2 del decreto legislativo n.5 del
2003 il 19-7-2006, XXX, premesso di essere cliente dell’agenzia di XXX
della Banca xxx s.p.a., esponeva di avere investito il 30-4-2001, su
suggerimento dell’incaricato al borsino xxx, la somma di € 33.851,00,
in Bond Argentina titolo 12452870 Arg. Rep. 07 10%; che l’acquisto
veniva effettuato in contropartita diretta nel senso che la banca aveva
già nel suo portafoglio il titolo; che della rischiosità di
quest’ultimo non veniva fornita alcuna informazione e non veniva fatto
sottoscrivere il documento di propensione al rischio. Formulava,
quindi, le seguenti conclusioni: 1) accertare e dichiarare che la banca
non si è comportata in conformità in quanto disposto dagli artt. 21
lettere a) e b) del decreto legislativo del 24-2-98 n. 58, 28 del
regolamento Consob n. 11522 del’1-7-98; 2) accertare e dichiarare
l’inadempimento contrattuale della convenuta e per l’effetto revocare
il contratto relativo all’investimento in bond argentini dichiarandolo
privo di ogni giuridica efficacia; 3) accertare e dichiarare
l’inosservanza degli obblighi di correttezza e diligenza posti a carico
della banca in violazione degli artt. 27 e 28 del regolamento Consob
citato e degli artt. 1337 e 1440 c.c.; 4) per l’effetto condannarla
alla ricostruzione e restituzione e/o al risarcimento del danno pari
alla somma fatta investire di euro 33.851,35 oltre interessi e
rivalutazione dal fatto al soddisfo; 5) condannare la banca al
risarcimento del danno, anche per colpa da status, pari alle perdite
causate, oltre interessi e rivalutazione, da liquidarsi anche in via
equitativa.
Si costituiva la banca, chiedendo il rigetto della
domanda e, in subordine, nell’ipotesi dell’accoglimento della domanda,
chiedeva che fosse disposta una C.T.U. sulle condizioni patrimoniali –
finanziarie dell’attore e che la controparte fosse condannata alla
restituzione dei titoli con i rendimenti.
Espletati i mezzi istruttori, disposta C.T.U., la causa, sulle conclusioni di cui in epigrafe, è stata assegnata a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In
via preliminare, come eccepito dalla controparte, deve essere
dichiarata l’inutilizzabilità delle note depositate dalla convenuta il
16-1-2009, non essendo le parti state autorizzate al deposito di note
prima dell’udienza di discussione e decisone della causa.
Sempre in via preliminare, avendo la banca eccepito l’inammissibilità della mutatio libelli in
cui sarebbe incorso l’attore, occorre evidenziare che il xxx fin
dall’atto di citazione ha proposto una domanda di “revoca” per
inadempimento del contratto di acquisto dei titoli di stato argentini,
mai diversamente denominata, nonché domande di risarcimento del danno
e/o di ricostruzione e restituzione della somma investita, sicché non
si rinvengono negli scritti successivi domande nuove. La domanda di
“revoca”, inoltre, deve essere qualificata coma domanda di risoluzione
del contratto. Difatti, nonostante il termine improprio adottato in
citazione ed in tutti i successivi scritti difensivi, nessun dubbio può
esservi circa il fatto che l’attore ha inteso invocare il rimedio
giurisdizionale che consente alla parte non adempiente di sciogliersi
dal rapporto contrattuale inadempiuto, come dimostra il limpido
richiamo all’inadempimento e la richiesta di privare il contratto “di
ogni giuridica efficacia”.
Fatte queste considerazioni
preliminari, si osserva in sintesi che dall’art. 21 del TUF e delle
norme attuative del regolamento Consob n. 11522/98 emergono i seguenti
obblighi informativi a carico dell’intermediario finanziario: – quello
di “informarsi” sulla propensione al rischio del cliente (art. 21 comma
1 lett. b) TUF e 28 comma 1 lett. a) Regolamento Consob) nonché sulle
qualità e caratteristiche del prodotto finanziario (art. 26 lett. e)
Regolamento Consob); – quello di “informare” il cliente
sulla
natura, i rischi, le implicazioni e l’adeguatezza dell’investimento
(art. 21 comma 1lett. b) del TUF e 28 comma 2 e 29 comma 1 Regolamento
Consob).
Nella fattispecie in esame la contestazione attiene
all’ultimo obbligo, quello di “informazione” nei confronti – e
nell’interesse – del cliente.
In proposito, deve essere osservato che dalla documentazione depositata dalla banca risulta che il 23 febbraio
occasione della stipula del contratto di negoziazione di strumenti
finanziari e di deposito titoli, xxx forniva le seguenti informazioni
ai sensi dell’art. 5, comma 1 del Regolamento Consob n. 10943/97.
1
– sulla competenza in materia di investimenti: “conoscenza approfondita
di strumenti e mercati finanziari.(Es. Obbligazioni ed azioni estere,
emittenti a rischio, rating, valute deboli, titoli non quotati, fondi
azionari e obbligazioni esteri, prodotti derivati, etc.)”;
2 – sui motivi di investimento: “redditività e rivalutabilità con alto rischio dell’andamento dei corsi”;
3 – sulla propensione al rischio: “alta”.
Risulta
altresì dalla suddetta documentazione che contestualmente al cliente
veniva consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti
in strumenti finanziari.
L’attore però denunzia anche la
scorrettezza del comportamento serbato dalla banca in occasione
dell’acquisto dei titoli di stato argentini il 30 aprile 2001,
assumendo di non aver ricevuto informazioni sulla rischiosità
dell’investimento e sulla sua inadeguatezza.
L’esame di
quest’aspetto implica la preventiva disamina della deduzione della
banca secondo cui – poiché il xxx è un professionista che esercita
l’attività finanziaria per terzi attraverso la società xxx tanto da
avere svolto la sua attività anche per altri clienti della banca ed
altresì poiché anteriormente all’acquisto per cui è causa aveva
compiuto operazioni speculative sul mercato azionario (Azioni Popolare
Milano, Fiat, tutti titoli speculativi per tipologia) nonché nel
dicembre ’99 acquistato oltre 26.000 obbligazioni argentine, alienate
il 20 marzo 2000- rientrerebbe nella previsione dell’art.31 del
Regolamento Consob n. 11522/98 in quanto operatore professionale
qualificato, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 27 e ss del
medesimo regolamento.
Sul punto, si rileva che il contenuto
dell’art. 31 è il seguente: “1.A eccezione di quanto previsto da
specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti,
nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non
si applicano le disposizioni agli articoli 27,28,29,30, comma 1, fatta
eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 4 e 5, 37 fatta
eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5,
lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44, 45,
47, comma 1, 60, 61 e 62. 2. Per operatori qualificati si intendono gli
intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le
SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti
esteri che svolgono in forza della normativa in vigore del proprio
Stato d’origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le
società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati
regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli
106, 107 e 113 del decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385, i
promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso
dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i
soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e
controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni
bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una
specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in
strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale
rappresentante”.
Tale essendo il contenuto dell’articolo, appare
al collegio che il xxx non rientri in nessuna delle categorie tipiche
di operatori qualificati dalla norma.
A confronto di quanto si
afferma si riporta la massima di Cass. , sez I 25-06-2008, n. 17340
secondo cui “ In tema di servizi di investimento, la banca
intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire
all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioè da
soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione
alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del
cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata (nella specie avente
ad oggetto obbligazioni Mexico dieci per cento), può darvi corso
soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore
in cui sia fatto specifico riferimento alle avvertenze ricevute;
all’operatività di detta regola, – applicabile anche quando il servizio
fornito dall’intermediario consista nell’esecuzione di ordini – non è
di ostacolo il fatto che il cliente abbia in precedenza acquistato un
altro titolo a rischio ( nella specie, obbligazioni Telecom ed
Argentina), perché ciò non basta a renderlo operatore qualificato ai
sensi della normativa regolamentare dettata dalla Consob”.
Esclusa
la fondatezza della deduzione della banca, si osserva che la prova
testimoniale esperita non ha consentito alla convenuta di fornire la
dimostrazione di avere fornito al xxx informazioni sui titoli argentini
poi acquistati. I testimoni escussi, infatti, non sono stati in grado
di confermare che con riferimento a quella specifica operazione il
cliente fosse stato informato sulle condizioni, dell’economia
argentina, sul rischio dell’investimento, sul rating B1 e sulle
modalità di negoziazione. Anche xxxx, indicato in citazione come
l’incaricato al borsino che avrebbe proposto l’investimento, sentito
come testimone su richiesta della banca, ha dichiarato di non conoscere
le circostanze in quanto in realtà l’operazione non fu curata da lui,
che operava presso la sede centrale di Napoli. Ed anche xxx, all’epoca
direttore della filiale di xxx, ha dichiarato che l’operazione non fu
curata direttamente da lui pur precisando “Tuttavia, evidenzio che la
procedura è proprio quella che viene descritta nei capi che
Orbene,
occorre innanzitutto specificare che il significato dell’avverbio
“sempre” utilizzato dall’art. 21 comma 1 lett. b) TUF sta ad intendere
che non si può mai prescindere da tale obbligo di informazione, che
riguarda ogni singola operazione. Il che comporta nel caso in esame due
implicazioni: la prima è che, pur tenendo conto dell’esperienze e delle
conoscenze dichiarate dal cliente e note alla banca, quest’ultima non
poteva esimersi dal fornire le notizie basilare sull’investimento da
effettuarsi ( aggravamento delle condizioni dell’economia argentina –
conoscibile dalla banca secondo la diligenza dell’operatore
qualificato: cfr le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio
-,rating B1),; la seconda è che sebbene l’investimento appaia anche al
collegio adeguato al profilo di investitore dell’attore (desunto dalle
dichiarazioni da lui stesso fatte e dal tipo di investimenti praticati:
cfr. sul punto anche le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio)
sussiste comunque l’inadempimento della banca che non ha consentito al
xxx di scegliere in maniera consapevole l’investimento, anche se
adeguato al suo profilo.
Tale inadempimento è da ritenersi di
non scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c., in quanto attinente
al fulcro del comportamento diligente richiesto dalla legge
all’intermediario, sicché deve essere dichiarata la risoluzione del
contratto di investimento in titoli argentini.
chiarito che la violazione dei doveri d’informazione del cliente e di
corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei
soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento
finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con
conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni
avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del
contratto d’intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti
tra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed
eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si
tratti di violazioni riguardanti e operazioni d’investimento o
disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione
finanziaria in questione; in nessun caso, in difetto di previsione
normativa in tal senso, la violazione dei suaccennati doveri di
comportamento può però determinare la nullità del contrato
d’intermediazione, o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma
dell’art. 1418, comma 1, c.c.
La violazione dei doveri di
informazione nel caso in esame non il cosiddetto contratto quadro bensì
il singolo contratto di investimento, sicché si è in presenza di una
responsabilità contrattuale. Il che comporta che non può applicarsi la
prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c., che al più sarebbe stata
invocabile qualora si fosse rinvenuta una responsabilità
precontrattuale e la si fosse ricondotta al genus dell’illecito extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c.
Com’é
noto, la risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1458 c.c.
provocava lo scioglimento retroattivo del rapporto contrattuale ( con
la sola eccezione dei contratti a prestazioni continuate o periodiche,
che non ricorre nel caso di specie). Lo scioglimento retroattivo del
contratto comporta il sorgere di obblighi di restituzione e di
rimborso, che sono in massima parte regolate dalle norme sull’indebito,
salve le deroghe desumibili dalla disciplina dei contratti e salve le
regole sulla responsabilità per inadempimento.
Innanzitutto, a
seguito della risoluzione, le prestazioni già eseguite devono essere
restituite: da qui l’obbligo della banca, parte inadempiente, di
restituire la somma pagata dal xxx per l’investimento, pari ad euro
33.851,00.
Le prestazioni pecuniarie devono essere restituite
secondo il valore nominale, in quanto, in materia di indebito
oggettivo, gli interessi e le somme dovute per maggior danno ai sensi
dell’art. 1224, 2° comma, c.c., decorrono dalla domanda giudiziale e
non già dalla data del pagamento della somma indebita, dovendosi
presumere la buona fede dell’accipens alla data di riscossione della somma, a meno che il creditore non provi la mala fede dell’accipiens,
con la precisazione che, nel campo dell’indebito, la buona fede pur
essendo presunta può essere esclusa soltanto dalla prova della
consapevolezza da parte dell’accipiens della insussistenza di un
suo diritto a ricevere il pagamento. (cfr. Cass., sez. lav.,
25-05-2007, n. 12211, Cass., sez. III, 10-03-2005, n. 5330, Cass., sez.
lav., 05-052004, n. 8587, Cass., sez. lav., 13-06-1996, n. 5419, tutte
nel senso dell’inapplicabilità della disposizione dettata dall’art.
1147, 2° comma, c.c. in riferimento alla buona fede nel possesso,
secondo cui la buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa
grave).
Ora, nel caso in esame, può dirsi accertata la
negligenza grave della banca nell’informare il cliente, ma non anche
quella consapevolezza richiesta dalla giurisprudenza sicché gli
interessi legali sono dovuti dal giorno della domanda.
La risoluzione del contratto comporta anche l’obbligo della parte inadempiente di risarcire il danno sofferto dall’altra.
Questo
danno è rappresentato di regola dalla lesione dell’interesse positivo
ossia dalla lesione dell’interesse all’esecuzione del contratto ( che
si specifica nel lucro cessante e nel danno emergente) ma la parte
risolvente può tuttavia limitare la sua pretesa risarcitoria
all’interesse negativo, ossia a quelle perdite economiche che non
avrebbe sofferto se non avesse stipulato il contratto ed ai mancati
guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali
perdute. Ed é quello che è accaduto nel caso in esame in cui l’attore
chiede il risarcimento del danno pari alle perdite subite.
Nondimeno, tale danno non può dirsi certo nella sua esistenza.
Invero,
ritiene il collegio, tenuto conto del profilo del xxx ( desunto dalle
informazioni rese dallo stesso alla banca, dal suo portafoglio titoli e
dal suo essere “un soggetto che acquistava e rivendeva obbligazioni a
seconda del mercato”: cfr. la consulenza tecnica d’ufficio), che non vi
sono elementi di fatto per ritenere provato, neppure per presunzioni,
che l’attore, se fosse stato informato dalla banca delle
caratteristiche basilari dell’investimento fatto, avrebbe acquistato
titoli a bassa rischiosità ovvero privi di rischi, quali ad esempio i
B.O.T. italiani. Al contrario il suo profilo di investitore induce a
presumere che egli avrebbe investito il proprio denaro in altro titolo
più sicuro ma pur sempre speculativo, nel senso che al più avrebbe
avuto cura di scegliere un investimento che non lo esponesse già al
momento dell’acquisto al rischio della perdita de capitale. Ma in tal
modo egli avrebbe comunque prescelto un tipo di titolo per sua natura
dal rendimento fluttuante ed è proprio questa circostanza che non
consente di affermare in termini di certezza né che egli con quel
denaro avrebbe conseguito un rendimento né in che misura un rendimento
sarebbe stato realizzato.
Non appare al collegio significativa
al riguardo l’indagine fatta dal consulente tecnico – il quale ha
affermato che, ad esempio, un investimento adeguato al profilo
dell’attore, sarebbe stato l’obbligazione IRFIS, che dal 2001 al
prodotto un tasso di remunerazione pari il 7% – non essendo indizi
gravi, precisi e concordanti per affermare che l’attore avrebbe scelto,
tra i titolo adeguati ad un investitore con una propensione medio –
alta, proprio quello che in quel periodo ha prodotto un buon rendimento.
Queste
considerazioni inducono a ritenere che il xxx, dunque, ha diritto
soltanto alla restituzione della somma investita con gli interessi
legali dal 19-7-2006 al soddisfo.
Per le considerazioni svolte
in ordine all’interesse negativo, inoltre, non può essere ritenuto
provato il maggior danno ex art. 1224, 2° comma c.c.
Alla
risoluzione del contratto consegue, infine, che anche la parte fedele è
tenuta a restituire la prestazione ricevuta e dunque l’obbligo del xxx
di restituire i titoli argentini con i rendimenti prodotti.
L’applicazione
delle norme sull’indebito ed in particolare dell’art. 2037 c.c.
comporta che i beni da restituire vanno consegnati nello stato in cui
essi si trovano con i frutti percepiti. L’eventuale distruzione o
deterioramento della cosa, ancorché dipendente da fatto suo proprio,
rendono responsabile la parte fedele solo nei limiti del suo
arricchimento. Anche in questo caso, infatti (ed a più forte ragione
trattandosi della parte non inadempiente), si presume ex art. 2037 c.c.
la buona fede al momento della ricezione dei titoli acquistati.
Tale
essendo la disciplina applicabile è evidente che non vi è nessuno
spazio per l’accoglimento della richiesta della banca di tenere conto
del minor valore attuale dei titoli e di quello maggiore che il xxx
avrebbe ricevuto aderendo all’offerta di scambio dello Stato argentino.
Neppure
può essere accolta la domanda di restituzione del rendimento, non
avendo la banca né dedotto né provato in che misura li abbia
corrisposti.
Le spese seguono la soccombenza della banca ma
essendo essa parziale vengono compensate nella misura della metà ad
eccezione delle spese C.T.U., che vengono poste interamente a carico
della banca.
P.Q.M.
Il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede
1. dichiara risolto il contratto di acquisto di Bond Argentina Titolo 12452870 Arg. Rep. 07 10% intercorso tra le parti;
2. condanna
3. condanna xxx a restituire alla Banca xxx s.p.a. i titoli oggetto del contratto di acquisto;
4. rigetta tutte le altre domande proposte dalle parti;
5.
condanna la xxx s.p.a. al pagamento della metà delle spese di giudizio
sostenute dalla parte attrice, metà che liquida in euro 3.142,50, di
cui 942,50, per diritti, euro 1.100,00 per onorario e la rimanente
parte per spese, oltre al rimborso forfetario sulle spese generali (
nella misura del 12,5% sull’importo dei diritti e dell’onorario) nonché
IVA e CPA come per legge;
6. pone le spese di C.T.U. (
già liquidate in euro 1.212,28 per onorario oltre IVA e CPA)
definitivamente a carico della parte convenuta, con obbligo della Banca
xxx s.p.a. di rimborsare l’attore che le abbia versate.
Così deciso in Napoli, il 4-2-2009
Due pesi e due misure Stessa situazione, anch’io ex consulente finanziario, stesso titolo ma tribunali (t minuscola voluta) diversi Lodi anzichè Napoli, io perdente in toto e a Napoli vincente Cosa dovrei dire???