È pronta la riforma del sistema degli aiuti alle imprese. Nella
bozza del decreto è prevista la creazione di un Fondo unico per gli
incentivi in cui confluirebbero tutte le risorse attualmente impiegate
per la gran messe di interventi gestiti dal ministero dello Sviluppo
economico. Il riordino del sistema, che dovrebbe entrare in vigore il
1° gennaio 2011, è previsto dalla legge sviluppo nella forma di delega
al governo e punta a ridurre il numero di strumenti in circolazione.
Fondo unico
Il decreto che recepirà la delega disciplina gli interventi
finalizzati a quattro obiettivi: sviluppo del territorio; promozione
delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione;
reindustrializzazione delle aree di crisi; innovazione e sviluppo delle
piccole e medie imprese. Sono invece cinque i regimi di aiuto a
disposizione: aiuti di stato a finalità regionale autorizzati dalla Ue;
aiuti alle attività di ricerca e innovazione; aiuti agli investimenti
delle pmi; garanzie e partecipazione al capitale di rischio; aiuti per
il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà. La
riforma prevede la soppressione degli attuali strumenti a favore della
creazione di un Fondo unico in cui iscrivere tutte le somme destinate
in bilancio alle agevolazioni di competenza del ministero. Risorse che
confluirebbero nell’attuale Fondo rotativo per l’innovazione
ribattezzato “Fondo rotativo per la competitività e lo sviluppo”. Sarà
il ministero a definire ogni anno, entro il 31 gennaio, gli obiettivi
per il triennio successivo a sostegno del sistema produttivo
distribuendo di conseguenza le risorse del Fondo unico. L’esperienza
degli aiuti alle imprese, a cominciare da quelli per il Mezzogiorno, è
stata contrassegnata negli anni scorsi dall’ex legge 488, ormai in
estinzione, e da un evidente eccesso di frammentazione. Basta leggere
la relazione 2009 sugli incentivi che censisce 91 strumenti agevolativi
a livello nazionale e 1.216 regionali (anche se non tutti operativi).
Di qui l’esigenza, emersa anche dopo una serie di incontri con le parti
sociali, di disboscare il sistema senza però rompere i delicati
equilibri tra gli aiuti centrali e quelli erogati a livello regionale.
A questo scopo la bozza del decreto prevede la creazione di una sede
stabile di concertazione tra ministero dello Sviluppo e rappresentanti
delle regioni.
Gli strumenti
Tra le novità principali, il decreto fisserà l’«utilizzo
prioritario e generalizzato di meccanismi automatici di aiuto, con
particolare riferimento a bonus fiscali e crediti d’imposta, per la
promozione degli investimenti delle imprese di minore dimensione e di
quelli di contenuta entità finanziaria». In pratica si va verso un
doppio binario: procedura automatica nel caso di investimenti non
superiori a 1 milione di euro; procedura valutativa o negoziale negli
altri casi.
È molto corposo il capitolo dedicato alle procedure
negoziali che andrebbero a sostituire tutti i vecchi interventi di
programmazione (contratti di programma, contratti di area, patti
territoriali). Con la riforma, il governo punta a contratti di sviluppo
(investimenti di almeno 50 milioni); contratti di innovazione
tecnologica (almeno 10 milioni); di reindustrializzazione; di
competitività (con finanziamento pubblico delle opere
infrastrutturali). Il decreto stabilisce poi nel dettaglio i requisiti
dei soggetti beneficiari, i programmi, le spese ammissibili e le
agevolazioni concedibili. C’è spazio per il Fondo centrale di garanzia,
per la partecipazione pubblica a fondi di investimento di private
equity che assumono partecipazioni nel capitale di rischio delle pmi, e
per garanzie su finanziamenti per il salvataggio e la ristrutturazione
delle pmi in difficoltà.
Procedure e controlli
La bozza fissa i tempi delle procedure: 30 giorni per la procedura
automatica sia per gli accertamenti sia per l’erogazione. Quattro mesi
per concedere le agevolazioni con procedura valutativa e negoziale. Si
prevedono l’utilizzo della posta certificata per la trasmissione dei
documenti e modalità semplificate per le domande presentate dalle pmi.
I controlli sui programmi di investimento ammessi sarebbero effettuati
da un nucleo speciale della Guardia di Finanza presso il ministero,
mentre Ipi e Invitalia, enti in house dello Sviluppo economico,
sarebbero coinvolti per la progettazione degli interventi, la
predisposizione e la gestione operativa dei bandi.